Una malinconica mania, o Dowland secondo Sting
Fondazione Musica per Roma
Sting e Edin Karamazov
"Songs from the Labyrinth"
Roma Auditorium Parco della Musica
Recensione
classica
Dall'ovazione che accompagna l'entrata in scena di Sting si percepisce subito che il pubblico non è proprio lo stesso che frequenta abitualmente la Sala S. Cecilia del Parco della Musica di Roma. Curiosamente e incomprensibilmente manca un programma di sala; con un preludio di due brani, il primo dei quali di Bach, Edin Karamazov prova che l'arciliuto, o liuto a manico lungo, è uno strumento capace di infinite sfumature espressive. Sting saluta il pubblico in italiano, ma poi torna alla lingua madre sia per il breve ed efficace ritratto del compositore, che per le frasi estratte da una lettera del 1595 indirizzata da Dowland al Segretario di Stato della regina Elisabetta I, che come nel disco sono lette tra una canzone e l'altra. Inaspettatamente compare un coro di quattro voci maschili e quattro femminili, ensemble vocale inglese chiamato Stile Antico, che interviene in alcuni songs. In origine questa musica era stampata in modo tale da poter essere eseguita sia da una sola voce accompagnata dal liuto che da quattro voci (sulla pagina destra le parti di tenor, bassus e altus erano disposte ciascuna sui tre lati, in modo tale da poter essere lette dai cantanti attorno a un tavolo).
Il risultato è avvincente e la musica di Dowland rivela tutta la sua composta intensità, che la voce naturale di Sting contribuisce a illuminare, anche se nel registro grave il suo smalto si appanna e perde in musicalità. Al momento del bis arriva una piccola sorpresa salutata dal pubblico con grande entusiasmo: due canzoni, una del suo repertorio solistico e l'altra dei Police, vengono rilette con l'accompagnamento dei due arciliuti. Il tour prosegue stasera a Milano - prima di Roma c'era stata una tappa a Firenze - e poi in Germania, Olanda, Belgio e Austria.
Interpreti: Sting
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