Boris da oratorio a opera

Valery Gergiev, con i solisti e l'orchestra del Teatro Marinskij splendidamente affiancati dal coro dell'Accademia di Santa Cecilia, ha eseguito il Boris Godunov in una versione assolutamente fedele alla prima stesura (1869), accostando le due orchestrazioni, una sera quella originale di Musorgskij e la sera dopo quella di Shostakovich: un confronto intreressantissimo, che rivela come si tratti di due concezioni profondamente diverse.

Recensione
Festival Sostakovic - Accademia di Santa Cecilia Roma
Modest Musorgskij
22 Novembre 2006
Quando si annuncia il primo Boris, quel che in realtà si ascolta è quasi sempre un pasticcio delle due versioni, ma un'esecuzione veramente fedele del Boris del 1869 - come questa - fa toccare con mano quanto sia diverso dal Boris del 1874, perché anche le scene comuni sono ampiamente riscritte. Ma la doppia esecuzione romana proponeva soprattutto un confronto tra le due orchestrazioni, l'originale e quella di Shostakovich (1940). Le differenze sembrerebbero superficiali ma tutto cambia. L'originale ricorda un oratorio, sul genere delle prime antiche severe passioni prebachiane, in cui i solisti narravano la storia sacra in uno scarno recitativo, punteggiato dagli interventi corali: un oratorio molto statico, scritto da chi aveva una visione del sacro mediata dalle icone, non dalle grandi tele barocche. Gergiev ha accentuato senza compromessi quest'aspetto - lui, generalmente così veemente - e ha chiesto all'orchestra di essere uno sfondo quasi neutro alla narrazione. Con Shostakovich tutto cambia: è più fedele di Rimskij all'originale, ma anche per lui come per Rimskij l'orchestra è protagonista e sottolinea e commenta ogni parola, ogni pensiero e ogni gesto dei personaggi, quindi tutto è più teatrale e più visceralmente coinvolgente, ma perde in parte il suo carattere unico. E qui Gergiev dà fuoco alle polveri, con la sua possente ma docilissima orchestra del Marinskij. Tra i cantanti cambiava solo il protagonista: il Boris "originale" del grande Vaneyev è veramente un'icona, appena toccata da passioni umane, mentre quello "alla Shostakovic" del giovane Nikitin è il Boris con tutti i suoi incubi, terrori e follie, resi con potente icasticità. Normale amministrazione pietroburghese il resto del cast. Straordinario il coro di Santa Cecilia, che con due sole prove si è amalgamato perfettamente agli ospiti russi, diventando l'altro grande protagonista accanto allo zar.

Interpreti: Boris Godunov: Vladimir Vaneyev (22) / Evgeniy Nikitin (23); Shuiskiy: Konstantin Pluzhnikov; Shchelkalov: Alexander Gergalov; Pimen: Alexander Morosov; Falso Dmitriy: Mikhail Vishniak; Ostessa: Ljubov Sokolova; Varlaam: Gennadi Bezzubenkov; Missail: Evgeny Strashko; Ksenia: Irina Mataeva; Fiodor: Maria Matveeva; Nikitich: Viacheslav Lukhanin; Innocente: Evgeny Akimov; Balia: Nadezhda Vassilieva; Mitiukha: Andrei Spekhov

Orchestra: Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo

Direttore: Valery Gergiev

Coro: Coro dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Coro di Voci Bianche dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia e del Teatro dell'Opera di Roma diretto dal Maestro José María Sciutto

Maestro Coro: Norbert Balatsch