A Bologna, West Side Story è un basilisco

Raggiungerà Modena, Reggio Emilia e Ferrara questa produzione newyorkese che fa un po' rimpiangere Carreras...

Recensione
classica
Teatro Comunale Bologna
Leonard Bernstein
01 Febbraio 2006
West Side Story è una splendida maledizione, un basilisco. Bernstein e i suoi, Jerome Robbins in testa, portando Romeo e Giulietta a New York s'erano incaponiti nell'idea di condurre la tragedia nel musical, di montare assieme membra dell'opera e membra del più americano tra i generi del teatro. Ci riuscirono. Creando mille casini a chi s'azzarda a metterlo in scena, West Side Story. Per mille motivi, e perché almeno le parti di Tony e Maria sono parti da innamorati dell'opera e c'è poco da fare, bisogna cantare. Solo che qui reciti, balli, e non è un'operetta ma una tragedia. Dal Comunale di Bologna parte un West Side Story che raggiungerà Modena, Reggio Emilia e Ferrara. Produzione BB Promotion, compagnia americana, orchestra di casa: se la sono cavata egregiamente, quelli del Comunale, e si saranno anche divertiti. Magari Donald Chan potrebbe dirigere buttandoci dentro meno routine, ma serve a far funzionare le cose, e ce ne fosse. Quel che mancava tanto, invece, era la tinta bella e innamorata, anche se totalmente ignara di swing, di José Carreras: il Tony di Josh Young non solo è tarchiato e in assetto mediterraneo quando dovrebbe incarnare il wasp, ma purtroppo è bello seduto anche quando deve fare il tenore e volare un paio di volte negli azzurri spazi. Se la cava invece Kirsten Rossi, Maria dolce e drammatica. La compagnia affronta le coreografie di Robbins con buoni esiti sulle scene efficaci di Paul Gallis: scale antincendio ai lati e come sfondo suggestivi bianco e nero degli slum newyorkesi. Toni da filodrammatica, invece, non sfuggono alle prove attoriali, con un'assenza di ritmo nella regia di Joey McNeely che è il difetto maggiore d'uno spettacolo complessivamente dignitoso. Algida la prima: clap clap lento lento corto corto e tutti a casa.

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