Gli utopici cavalieri di Zandonai

L'opera inusuale e coraggiosa di Zandonai tratta dalla Saga di Gosta Berling di Selma Lagerlof, in un allestimento poco inventivo ma musicalmente ben riuscito.

Recensione
classica
Teatro Massimo V. Bellini Catania
Riccardo Zandonai
17 Gennaio 2006
Nel 1925, volendo fare qualcosa d'assolutamente nuovo per l'opera italiana, Zandonai si rivolse alla grande letteratura nordeuropea, precisamente alla "Saga di Gosta Berling" di Selma Lagerlof, un romanzo fluviale, che parte dal naturalismo ottocentesco per arrivare a un contorto simbolismo dietro cui s'intravedono fumose utopie sociali e religiose. Allora, sebbene già avesse più di trent'anni, questo soggetto sembrava ancora moderno e attuale (l'anno prima n'era stato tratto un film con Greta Garbo) ma oggi si fatica ad accettarlo, anche soltanto come testimonianza di un'epoca irrimediabilmente trascorsa, soprattutto dopo che Arturo Rossato ne ha fatto scempio per ridurlo a un libretto di durata accettabile. Va comunque riconosciuto che quest'opera è inusuale, coraggiosa, stimolante. Da un regista dell'ex avanguardia teatrale come Federico Tiezzi ci si aspettava qualcosa di più di un'illustrazione realistica della vicenda, tanto più che nella sua presentazione affermava di aver ravvisato nei "Cavalieri di Ekebù" risvolti psicanalitici, momenti visionari, echi espressionisti e tagli cinematografici: questo era proprio uno dei casi in cui sarebbe stato lecito per la regia reinventare completamente la drammaturgia di un'opera. La scrittura vocale si basa su una specie di recitar cantando, prevalentemente in una tessitura impervia, con rari squarci ariosi: un compito faticoso e ingrato, cui tutti i cantanti si sono sobbarcati con grande impegno e risultati encomiabili, specialmente Luciana D'Intino e Dario Volonté. La direzione di Daniele Callegari ha reso giustizia all'abilissima orchestrazione di Zandonai, che attinge a Strauss, Puccini, Ravel, Respighi e Stravinsky, dimostrandosi aggiornatissimo, ma inventa anche qualcosa di nuovo e personale, particolarmente quando vuole ottenere atmosfere scabre e fredde: è questo l'aspetto più interessante dell'opera. Buona la resa dell'orchestra e del coro del Teatro Bellini.

Note: Coproduzione con la Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste

Interpreti: Dario Volontè / Kostyantyn Andreyev, Luciana D'Intino / M. Nunzia Menna, Patrizia Orciani / Doriana Milazzo, Mario Luperi / Riccardo Ferrari, Carmelo Caruso / Carlo Kang, Michele Bianchini / Alberto Tomarchio. Mauro Buffoli / Enrico Facini, Gabriella Bosco / Francesca Aparo, Patrizia Gentile / Maria Cocimano, Salvatore Todaro / Emilio Strazzeri 

Regia: Federico Tiezzi

Scene: Pier Paolo Bisleri 

Costumi: Giovanna Buzzi

Orchestra: Orchestra del Teatro Massimo Bellini

Direttore: Daniele Callegari

Coro: Coro del Teatro Massimo Bellini

Maestro Coro: Tiziana Carlini

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