Ifigenia perseguitata dagli dei
Rinata sotto un nubifragio, "Ifigenia in Aulide" di Cherubini è comunque andata in scena a Sassuolo, con un allestimento non più che funzionale e una corretta lettura musicale di Severini. Opera di ordinaria fattura, ha comportato l'impegno dei giovani cantanti formati da Beatrice Bianco, ripagato dagli applausi finali del pubblico.
Recensione
classica
Era rimasta lontano dalle scene per più di duecento anni, l'"Ifigenia in Aulide" di Luigi Cherubini e, al momento della rinascita voluta dal Sassuolo Musicafestival 2005, gli dei indispettiti hanno pensato bene di affogare in un nubifragio la cittadina emiliana a poco più un'ora dall'inizio dell'opera. Ma gli uomini sono testardi: asciugati sedie e palcoscenico all'aperto, allestito nel bel Palazzo Ducale, l'opera è andata comunque in scena con una comprensibilissima mezz'oretta di ritardo.
Onore al merito, dunque, di chi ha lavorato in condizioni non proprio ottimali, che hanno ipotecato soprattutto l'atmosfera di questo nuovo allestimento, che non ha goduto - se non in piccola misura nella parte finale dell'opera - delle luci di Fiammetta Baldiserri. L'impianto scenico, ideato da Carlo Centolavigna, era funzionale con pannelli scorrevoli e fondali vagamente dipinti, i costumi di Artemio giocavano con colori e fatture decisamente fantasiose, mentre la regia di De Tomasi gestiva i movimenti in scena senza particolare estro.
L'attenzione si concentrava dunque sulla musica di Cherubini, letta con equilibrio da Tiziano Severini alla guida dell'orchestra della Fondazione Toscanini. La partitura, stesa sul libretto di Ferdinando Moretti, rivelava alcune pagine di buona ispirazione - per esempio nel terzo atto l'Achille di "Questa non era, o cara..." che si congiunge ad Ifigenia in "Va: ti lascio. Oh fier momento!" - pur in un impianto di palese tradizione fine-settecentesca. Un Cherubini apparso all'ascolto ancora lontano, insomma, dalla "Lodoiska" di tre anni più tardi, ma che denuncia buon mestiere, anche nel trattamento dell'orchestra. Parti vocali con immancabili passaggi virtuosistici incarnate da giovani interpreti selezionati dal corso di Beatrice Bianco - anche direttore artistico della rassegna - tra cui sono emersi per l'impegno interpretativo Letizia Calandra nei panni della protagonista, Simonetta Pucci in quelli di Erifile, oltre all'Achille di Cristina Melis. Applausi meritati alla fine per tutti.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Jonas di Carissimi e Vanitas di cinque compositori contemporanei hanno chiuso le celebrazioni per i trecentocinquanta anni dalla morte del grande maestro del Seicento
classica
Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.