Il Letto della Storia risuona di canti

Un apologo aperto alla speranza che passa dalle radici, dalla memoria, dal canto: con la bella messinscena firmata da Giorgio Barberio Corsetti, e' andata su al Piccolo Teatro del Maggio Musicale Fiorentino la novita' assoluta di Fabio Vacchi "Il letto della storia" su libretto del poeta e narratore Franco Marcoaldi.

Recensione
classica
Piccolo Teatro del Comunale di Firenze Firenze
Fabio Vacchi
16 Febbraio 2003
Due sposini, Susanna e Arialdo, vogliono fare tabula rasa degli ingombri della memoria e del passato, nella fattispecie ristrutturando in stile, sembrerebbe di capire, minimalista-zen (perche' "soltanto dal vuoto puo' nascere il nuovo") la vecchia cascina che hanno comprato. Ma incontrano subito difficolta' di ogni genere, pratiche e non solo. Il Funzionario minaccia di bloccare i loro progetti edilizi; lui, Arialdo, in fondo al passato e' abbastanza legato, se canta, da stilnovista, "negli occhi porta la mia donna Amore"; fra lui e lei si interpone un Architetto entusiasta dell'estetica nichilista di Susanna; sulle pareti si spalmano immagini televisive, dagli altoparlanti domestici e da fuori risuonano attenuati gli echi della Babele contemporanea; intanto il contadino Cecchino ha salvato dal disastro il vecchio letto, e nella sua capanna, alla fine, di fronte alla coppia ormai confusa dal vacillare del proprio credo da "Narcisi del nuovo millennio", evochera' da quel letto le anime di quelli che vi hanno dormito, persone che hanno sofferto, amato, soprattutto cantato, guidando la coppia verso la riscoperta della dimensione della memoria, del racconto come espressione perfetta della "pietas" verso il passato. Questo (al centro, il tema dell'aridita' della modernita' e/o post-modernita' contrapposto alla densita' e vitalita' del passato: non a caso troviamo citazioni e spunti dalla "Terra desolata" di T. S. Eliot) narra il bel libretto di Franco Marcoaldi per "Il Letto della Storia", l'opera di Fabio Vacchi data in prima assoluta al Piccolo Teatro del Maggio Musicale Fiorentino con gli splendori che si convengono ad una novita' targata Ricordi, con un'azzeccata messinscena, agile ed equilibrata, firmata da Giorgio Barberio Corsetti, nello spazio definito da un grande parallelepipedo vuoto e dallo scorrere minaccioso o suggestivo (perche' vi sono anche nuvole, acque, volti contadini, alla fine un mare di vecchie fotografie) dei video creati da Fabio Massimo Iaquone. La musica di Fabio Vacchi, all'inizio, sembra seguire con scrupolo la metafora di pietosa e riverente - ma anche poco timbrata - accettazione del passato, si distende pazientemente o forse si siede sulla morale della favola creando sonorita' e dipanando situazioni che fanno molto Novecento, prima meta' del Novecento a trecentosessanta gradi - Mitteleuropa e scuole italiane alle quali anche sembra guardare questo racconto-apologo filosofico, la memoria di Bartok nelle ruvide polifonie di archi di Cecchino, un paio di puntate in direzione neoclassica per Susanna e soprattutto per l'algido Architetto - rimandando al finale il colpo d'ala che la venatura profetica del testo di Marcoaldi richiede: al terzo quadro, alle apparizioni che cantano su struggenti e antiche (cosi' suonano almeno) melodie e armonie popolari, rinascimentali, arcaiche, dove la scrittura di Vacchi si fa piu' interessante e sofisticata nel ricreare il passato, la dimensione eterna e antropologica del canto come atto di presenza (e anche con un orecchio aperto su certe miscele un po' world-music, come nel terzetto di armoniche a bocca che tuba in sordina le ultime armonie). Ma bisogna tornare cosi' indietro - alle nenie mediterranee e agli aspri intrecci del mottetto medievale e perfino alle primitivissime quinte parallele - e cosi' avanti nelle breve opera per ritrovare il filo del discorso, del racconto, soprattutto del canto, che al di sopra dell'accorto e ben condotto lavorio di scrittura di Vacchi sulla piccola orchestra e' mortificato forse intenzionalmente in pose un po' astratte nei primi due quadri. Attenta e competente la direzione di Claire Gibault, complessivamente a posto e molto ben motivati scenicamente gli interpreti, fra cui spiccava vocalmente il Funzionario e poi Voce del coro dei morti di Roberto Abbondanza, cordiale accoglienza.

Note: Prima assoluta

Interpreti: SUSANNA: Aurelie Varac; ARCHITETTO E VOCE CORO DI MORTI: George Mosley; FUNZIONARIO E VOCE CORO DI MORTI: Roberto Abbondanza; ARIALDO: Sergio Spina; CECCHINO E VOCE CORO DI MORTI: Gianluca Valenti; VOCE CORO DI MORTI: Paulette Courtin; VOCE CORO DI MORTI: Maria Luce Menichetti

Regia: Giorgio Barberio Corsetti

Orchestra: Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Direttore: Claire Gibault

Coro: Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Maestro Coro: José Luis Basso

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