Lohengrin o dell'incomunicabilità

Segreti e bugie o la tragedia dell'incomunicabilità: sono tanti i sottotitoli che si possono aggiungere a "Lohengrin" di Wagner andato in scena ieri sera al Teatro Regio di Torino.

Recensione
classica
Teatro Regio Torino
Richard Wagner
10 Aprile 2001
Segreti e bugie o la tragedia dell'incomunicabilità: sono tanti i sottotitoli che si possono aggiungere a "Lohengrin" di Wagner andato in scena ieri sera al Teatro Regio di Torino in un allestimento coprodotto con il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino con la firma di Luca Ronconi per la regia, di Margerita Palli per le scene e di Vera Marzot per i costumi. Lohengrin l'eroe, il figlio del puro folle viene da un mondo lontano, non solo geograficamente: in una Anversa grigia come i muri di un palcoscenico senza scene, tra pedane mobili e passerelle, il coro, il re, Telramund e Ortrud vestono abiti di squisita fattura novecentesca, giacche nere, cravatte, gonne lunghe, lui no, ha la corazza, l'elmo, lo spadone. Rimarrà sempre qualcosa di estraneo: ammirato, lodato, rimpianto, sì, ma mai integrato. Elsa, che si innamora di Lohengrin ancora prima di conoscerlo, vive in una stanzetta di sogno, con le pareti azzurrine, anche lei separata da tutti gli altri: di grande effetto è nel primo atto il suo arrivo con il grande movimento dell'intera stanza che avanza verso il proscenio e ci offre lei, la visionaria, accusata di aver ucciso il fratello, come un agnello sacrificale. In quella stanza, poi, i due sposi quasi non si toccano, separati da anelli rotanti che li fanno girare senza farli incontrare e quando arriverà Telramund le pareti si incrineranno in maniera minacciosa: il sogno di Elsa si è infranto come la sua stanzetta, proprio lì dove sognava un marito da poter chiamare per nome. E i cattivi? Basta quell'andare e venire di Telramund sulle scale della chiesa o la fissità con la quale Ortrud guarda la finestra di Elsa per raccontarci un odio devastante. Come già in "Fierrabras" Ronconi proietta parole e didascalie sui muri per sottolineare una frase, per ironizzare su una situazione: il coro canta "Für deutsches Land das deutsche Schwert !" (La spada tedesca per la terra tedesca!) e la scritta si squaglia come neve al sole. Dopo l'ottima prova della "Johannes Passion" il coro del Regio diretto da Bruno Casoni offre un'altra straordinaria prova della sua maturità: il racconto del'arrivo di Lohengrin è pura emozione, di buon livello anche la prova dell'orchestra ottimamente guidata da Pinchas Steinberg (alla prima c'era un po' di emozione in più, ma alla generale il Preludio al primo atto era perfetto). Raimo Sirkia è un Lohengrin credibile, anche toccante nelle parti liriche ma nelle pagine eroiche appare in difficoltà, in crescendo la prova di Elizabeth Whitehouse come Elsa, perfettamente a suo agio nel ruolo Marina Pentcheva come Ortrud, una menzione speciale per il sicuro Araldo di Angel Odena. Un buon successo decretato da un pubblico non proprio numeroso.

Note: all. in coproduzione con il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

Interpreti: Johanssen/Silvestrelli, Sirkia, Whitehouse/Matos, Hunka/Otelli, Pentcheva/Chiuri, Odena/Rumetz, Bertolo, Bambi, Snarski, Serraiocco, Pucci, Palmitesta, Giangaspero, Guarnera

Regia: Luca Ronconi

Scene: Margherita Palli

Costumi: Vera Marzot

Orchestra: Orchestra del Teatro Regio

Direttore: Pinchas Steinberg

Coro: Coro del Teatro Regio

Maestro Coro: Bruno Casoni

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