Brian il futurista

Eno e la sonorizzazione di palazzi in onore di Marinetti nell'ambito di Futuroma

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Era il 20 febbraio del 1909, quando Filippo Tommaso Marinetti pubblicava a sue spese, sulle pagine de le Figaro, il manifesto del Futurismo. A distanza di cento anni esatti dal quel fatidico giorno, Roma, assieme a molte altre città italiane e straniere, celebra l'evento e i tanto discussi protagonisti della corrente con la rassgena "Futuroma". Nella capitale, che per l'occasione si ornerà di luci, suoni, rumori e colori, per tutta la notte saranno offerti spettacoli, performance e mostre, gratuitamente. Il grande evento, presentato questa mattina a Palazzo Ruspoli si mostra in linea con lo spirito futurista del coinvolgimento delle masse popolari (si pensi al grande progetto "Nuove iridescenze" del regista Giancarlo Cauteruccio, che unirà simbolicamente Piazza del Popolo e Piazza Venezia, grazie ad un fascio di luce lungo tutta Via del Corso), offrendo per oltre 4 ore la possibilità di immergersi nelle note futuriste. Oltre alle due mostre appositamente realizzate, "Futurismo. Avanguardia - Avanguardie", a cura di Didier Ottinger, presso le Scuderie del Quirinale, e "Futurismo Manifesto 100X100", a cura di Achille Boito Oliva, presso il Macro Future, il pezzo forte della rassegna intitolata "FUTUROMA", è l'installazione multimediale Presentism, time and space in the long now, del sempre più romano Brian Eno. L'artista inglese ha spiegato in conferenza stampa il suo forte legame alla corrente avanguardista italiana e il percorso compiuto nella gestazione dell'opera presentata. All'interno di Palazzo Ruspoli è stata allestita un'apposita sala, una "dark room" come l'artista l'ha definita, in cui è possibile sedersi e immergersi nell'ascolto-visione. Una dozzina di monitor al plasma, proiettano immagini simili per colori e forme alle linee di Balla, mentre piccoli amplificatori diffondono le composizioni dell'ambient man inglese. A differenza, però, dei tanto citati avanguardisti italiani del secolo scorso, l'opera di Eno non è diretta e di chiaro impatto, bensì concettuale: suoni, immagini, disposizione dei monitor, colori, allestimento della sala sono concepiti come un unico microcosmo nel quale ogni dettaglio ha la sua funzione. Non c'è posto per le ingombranti architetture degli intonarumori di Russolo, né per mastodontiche sculture alla Boccioni. C'è solo uno spazio intimo, minimale, in cui è d'obbligo accomodarsi. Con Presentism lo spettatore non si muove in uno spazio esterno, quanto in uno spazio interiore. Il titolo dell'opera, provocatorio ma quanto mai azzeccato, è sintesi nell'attuale del messaggio lasciatoci in eredità dal Futurismo, filtrato attraverso il complesso percorso delle arti durante gli ultimi cento anni. Non aspettatevi, quindi, un'opera sinestetica, quanto un inno alle nuove tecnologie, in cui - purtroppo o per fortuna - l'artista sembra essere sempre più un ottimo programmatore. Sarà questo l'avverarsi delle tante profezie futuriste legate al mito e all'avvento dell'uomo-macchina? La risposta, purtroppo, non ci è ancora concessa. [Raffaele Pinelli]

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