La Philadelphia forse ce la fa

Come reagiscono alla crisi le orchestre Usa

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L'Orchestra di Philadelphia, che lo scorso 6 aprile era entrata in amministrazione controllata, sta faticosamente risalendo la china di un'enorme ricapitalizzazione i cui risultati paiono incoraggianti. L'amministrazione ha comunicato di aver raccolto oltre 35 milioni di dollari dei 44 prefissati come primo obiettivo, e sono da poco arrivati altri 5 milioni e mezzo in donazioni anonime. Ma l'obiettivo finale per salvare l'orchestra, per il fondo di dotazione e le spese correnti, fa cascare le braccia ed è più di quanto sia mai stato raccolto da un'istituzione simile: 160 milioni di dollari. «Dobbiamo ancora raccogliere una spaventosa somma di denaro» ha dichiarato Richard Worley, a capo del consiglio di amministrazione, e che ha donato personalmente 5 milioni all'orchestra. «È stata una lunga battaglia, e non è finita, ma siamo ancora in piedi, stiamo ancora facendo concerti, la città di Philadelphia è sempre più presente e i non potrei essere più incoraggiato a continuare». L'orchestra è una delle maggiori negli Stati Uniti, in stretto contatto con il Curtis Institute, uno dei Conservatori più esclusivi al mondo. Fondata nel 1900, dal 2008 è guidata da Charles Dutoit (nella foto) il cui contratto scade alla fine di questa stagione.
Nel frattempo, non è andato a buon fine il tentativo della New York Philharmonic Orchestra tagliare pesantemente sui nuovi contratti ai musicisti, che il 29 gennaio hanno ottenuto invece una conferma dei compensi con una crescita del due per cento per il prossimo anno. Il patrimonio netto dell'orchestra l'anno scorso ha perso 1,5 milioni di dollari fino ai 176 attuali. I compensi annuali dei musicisti vanno da un minimo di 141 mila dollari agli oltre 500 mila (nel 2009-2010) del primo violino solista e concertatore Glenn Dicterow.
Alessandro Roveri

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