La piccola Bayreuth

Un Tannhäuser per bambini per formare il pubblico di domani

Recensione
classica

La piccola Bayreuth. O piuttosto la Bayreuth per i piccoli. Al di là delle pure considerazioni artistiche, all’attuale direttrice unica del festival wagneriano, Katharina Wagner, va riconosciuto il merito di essere un passo avanti per l’attenzione che ha dedicato al segmento più giovane del pubblico. Se oramai l’investimento nel pubblico di domani è diventato un fatto acquisito nei teatri lirici dei paesi di lingua tedesca, non è ancora così per le grandi kermesse musicali europee. A Bayreuth, che ospita il più antico festival musicale del mondo, va riconosciuto il merito di aver aperto una tradizione seguita ancora da pochi. Anche se qualcosa si muove anche lì.

Ad esempio, Aix-en-Provence da qualche anno ha creato un preludio al festival maggiore di luglio che coinvolge in attività musicali gli studenti della regione provenzale. Bayreuth, invece, accanto alle produzioni maggiori del Festspielhaus, ha inaugurato nel 2009 una vera e propria produzione appositamente pensata per un pubblico di ragazzi e prodotta attraverso BF Medien, la società audiovisuale che diffonde gli spettacoli del festival e di cui la Wagner è presidente. I titoli sono gli stessi ammessi nel teatro del festival (ma perché non includere anche i lavori wagneriani pre-Holländer che non sono affatto privi di stimoli per la fantasia infantile?). La scena è invece quella di uno spazio normalmente destinato alle prove delle produzioni ufficiali.

Esaurito un primo ciclo, la scorsa stagione si è inaugurato il secondo ciclo con L’olandese volante e quest’anno è toccato al secondo Tannhäuser per piccini, dopo quello del 2010, andato in scena in una riduzione di poco più di un’ora curata da Katharina Wagner e Markus Latsch. Produzione per bambini a Bayreuth non significa affatto risparmiare sui mezzi, specie quelli musicali. C’è un’orchestra vera che suona, anche se a ranghi ridotti (una trentina di musicisti in tutto) ed è quella dell’Orchestra di Stato del Brandeburgo di Francoforte sull’Oder guidata da un direttore vero, Boris Schäfer, in forza al Teatro di Lucerna. C’è anche un’arpista vera e brava, Susanne Heutling, che accompagna benissimo la tenzone dei cantori e ha pure l’aria di divertirsi davanti a quel pubblico fatto per lo più di bimbi. Si divertono anche i cantanti, molti dei quali sono coinvolti nelle produzioni del festival.

Caroline Wenborne, che per i bambini è Elisabeth (o Lizzie), è Freia nell’Oro del Reno e anche una delle valchirie. Stephanie Houtzeel, che qui fa Venere, è una delle figlie del Reno, una valchiria e una norna nel Crepuscolo degli dei. Anche per tutto il quartetto degli amici di Tannhäuser è così: Kay Stiefermann, che qui fa Wolfram, l’amico più amico, è il timoniere in Tristano; Raimund Nolte, Biterolf, è uno dei maestri cantori e Melot nel Tristano; Stefan Heibach, Walther, è anche lui un maestro cantore ed è anche nel cast del Parsifal. Tannhäuser, o qui amichevolmente Tanni boy, è il tenore Hans-George Priese, che non risparmia sui decibel nemmeno quando canta per i bambini, e il langravio Herrmann è Jukka Rasilainen, un basso che canta tutti i ruoli wagneriani importanti in giro per il mondo.

Lo spettacolo lo firma Zsófia Geréb, allieva della classe di regia della scuola di musica “Hanns Eisler” di Berlino: è spiritoso e coinvolge il giovane pubblico, specialmente nel concorso di canto dei quattro cantori rockstar che improvvisano sul tema dell’amore. Corona di carta in testa (sono pur sempre i nobili della Turingia ad assistere) e giù di applausi dopo ogni esibizione. Tira via un po’ su quel dissidio fra amore carnale e amore spirituale, ma alcuni spettatori sono davvero piccini. Si capisce però che quella Venere un po’ stracciona che vive in una specie di tombino è una poco di buono da cui stare alla larga. E infatti quando Tanni boy lo confessa nella sua cover wagneriana, viene cacciato dal grande vecchio a chiedere perdono. In Wagner non gli va tanto bene ma qui, grazie alle suppliche di Lizzie, alla fine il perdono arriva e Tanni boy può riprendere a giocare con gli amici di sempre. Almeno qui il lieto fine è d’obbligo, se non vuoi far piangere i bimbi.

Per ora la decina di repliche tutte esaurite da tempo, così com’è stato per gli spettacoli passati, danno la misura di un interesse reale. Ma funzionerà anche da traino per il festival maggiore? Quanti di questi bimbi saranno nella sala in cima alla collina verde quando inizierà un terzo ciclo? A Bayreuth ci credono, e, per la verità, qualcuno già si vede nella scomodissima sala del Festspielhaus. Sono bambini serissimi, silenziosi, già molto presi nel loro ruolo di spettatori ufficiali di opere certamente non facili, che affrontano spesso accompagnati da nonni con certificazione wagneriana doc, anche loro impegnati a creare il pubblico di domani.

Iniziative come quella di Bayreuth – e, più in generale, iniziative che trasmettono ai giovanissimi il valore di un patrimonio che si perpetua attraverso la capacità di ascoltare – è la migliore cura per la gerontocrazia endemica che affligge le istituzioni musicali anche di casa nostra e il miglior modo per dare a quelle istituzioni un senso anche in un futuro prossimo.

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