Mozart a Parma
Dopo quarant’anni "le Nozze di Figaro" tornano al Regio
Recensione
classica
Il teatro nelle opere di Mozart – e soprattutto nella “trilogia italiana” – si trova in partitura, nelle note che avvolgono le parole custodite dal libretto, nella musica plasmata in una dimensione drammaturgica già di per sé compiuta. Questo almeno è quello che ho sempre pensato (senza particolare originalità, lo ammetto…) e che mi è stato confermato l’altra sera al Regio di Parma.
Martedì scorso, infatti, “Le nozze di Figaro” ha aperto la stagione lirica 2016 del teatro parmigiano, riportando sul palcoscenico della città emiliana l’opera del salisburghese a più di quarant’anni dall’ultima presenza. L’allestimento offerto era una ripresa – curata da Raffaele Di Florio – di quello del San Carlo di Napoli, con la regia firmata da Mario Martone (presente anche qui a Parma), il cui pregio maggiore si poteva riscontrare nell’efficacia dei movimenti scenici, grazie ai quali i diversi personaggi abitavano uno spazio segnato da una scenografia (curata da Sergio Tramonti) pressoché statica e per questo non proprio funzionale alla vivacità degli scenari che compongono i quattro atti dell’opera. Altro elemento che si è rivelato particolarmente opportuno in questa occasione è stato l’uso della passerella che dal proscenio arrivava a lambire la platea, portando i cantanti molto vicino all’uditorio. «Le nozze di Figaro è un’opera robusta, realistica, percorsa da una voce di marcata ironia» scriveva Massimo Mila recensendo nel 1987 una ripresa alla Scala del già classico allestimento firmato Strehler-Muti: un carattere, quello ironico, che anche in questa occasione è riuscito a emergere grazie soprattutto alle singole interpretazioni della compagine vocale, mentre la direzione musicale, curata da Matteo Beltrami alla guida di un’Orchestra Filarmonica Italiana non sempre efficace (specie in alcuni interventi dei fiati), si è assestata su un andamento avaro di quelle dinamiche vocali e di quelle preziose sfumature strumentali di cui è ricca questa partitura.
Nel dipanarsi della folle journée hanno quindi preso via via corpo i diversi personaggi, tra i quali il Figaro di Simon Orfila, sufficientemente robusto e concreto, la Susanna di Laura Giordano, segnata da un’efficace vitalità vocale e interpretativa, un Conte d’Almaviva al quale Roberto De Candia ha fornito un profilo nel complesso adeguato, una Contessa tratteggiata da Eva Mei con crescente consapevolezza dopo un avvio un poco incerto. Laura Polverelli ha restituito un Cherubino frenato nell’espressione dei suoi impeti amorosi, mentre il resto del cast ha completato con discreto impegno il quadro degli attori di un intreccio portato a termine raccogliendo alla fine gli applausi del pubblico (attraversati da una qualche manifestazione di perplessità) e confermando ancora una volta che, anche in assenza di interpretazioni memorabili, il teatro di Mozart basta a se sesso e riesce a regalare sempre qualcosa di bello da portarsi a casa.
Nel dipanarsi della folle journée hanno quindi preso via via corpo i diversi personaggi, tra i quali il Figaro di Simon Orfila, sufficientemente robusto e concreto, la Susanna di Laura Giordano, segnata da un’efficace vitalità vocale e interpretativa, un Conte d’Almaviva al quale Roberto De Candia ha fornito un profilo nel complesso adeguato, una Contessa tratteggiata da Eva Mei con crescente consapevolezza dopo un avvio un poco incerto. Laura Polverelli ha restituito un Cherubino frenato nell’espressione dei suoi impeti amorosi, mentre il resto del cast ha completato con discreto impegno il quadro degli attori di un intreccio portato a termine raccogliendo alla fine gli applausi del pubblico (attraversati da una qualche manifestazione di perplessità) e confermando ancora una volta che, anche in assenza di interpretazioni memorabili, il teatro di Mozart basta a se sesso e riesce a regalare sempre qualcosa di bello da portarsi a casa.
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