Cronache dal Lussemburgo 2

Ascoltare in modo diverso la musica contemporanea

Recensione
classica
Il secondo e ultimo giorno di "music:LX" alla Philharmonie di Lussemburgo inizia con alcune sorprese. Per gli operatori musicali europei invitati dal Luxemburg Export Office c'è infatti un fuori programma: è il concerto antimeridiano per le scuole dell'Orchestre Philharmonique du Luxembourg, che ci dicono rivitalizzata e molto migliorata da quando suona in questo nuovo auditorium. Preliminarmente si assiste ad una dimostrazione di grande civiltà: una presentatrice saluta i giovanissimi ospiti in lussemburghese, poi alterna francese e tedesco e c'infila anche qualche frase in inglese, perché il piccolo granducato ha tre lingue ufficiali, e l'inglese è di fatto la quarta, che non sono tenute rigidamente separate come in Alto Adige o in Belgio, ma vengono allegramente mischiate, senza che nessuno stia a soppesare se si è usata una parola di più in una lingua o in un'altra. Quando entra il direttore Gast Waltzing, millequattrocento scolaretti lo accolgono con una caciara che è un modo di sfogarsi dopo essere stati seduti e fermi ben per dieci minuti - in questo i bambini sono uguali in tutto il mondo - ma anche la dimostrazione d'un approccio senza inibizioni alla musica "seria", come conferma la disinvoltura con cui poi ascoltano il concerto, partecipando spontaneamente e battendo le mani quando vogliono, come a un concerto rock. All'uscita si è avuta casualmente un'altra e diversa dimostrazione di come la musica anche più difficile non debba necessariamente essere proposta in modo paludato. Su un palco montato nel foyer un quartetto stava provando il Quartetto di Debussy, mentre un ciclista "danzava" con evoluzioni e acrobazie su due ruote le sensazioni e i ritmi di quella musica: sorprendente, divertente e anche poetico. Infatti la gente che passava lì per caso si fermava e non se ne andava più.

Il gran finale di "music:LX" erano i due concerti consecutivi nel Grand Auditorium, uno alle 19 e l'altro alle 21 (ma i lussemburghesi non sono affatto puntuali: un'altra sorpresa!). Protagonista del primo era la trentenne pianista Cathy Krier, ignota fino a quel momento a chi scrive, ma famosa in patria e non solo. E si è capito perché. Proviamo a descrivere questo singolare concerto. Quando si entra in sala, si pensa di aver sbagliato indirizzo, poiché il programma annuncia musiche di Janacek, Berg e Kurtag, ma il palcoscenico è trasformato in un giardino tropicale. Tra la fitta vegetazione risuonano cinguettii di uccelli esotici. Una bionda diva alla Greta Garbo è seduta a un tavolino, sorseggiando un cocktail: è la Krier. Tre scienziati in camice bianco si aggirano tra le piante: lì per lì potrebbero sembrare botanici, ma viene spiegato che sono entomologi e studiano le farfalle (sono gli altri tre strumentisti). Dopo qualche minuto la Krier si alza, prende alcuni fogli di musica appesi con le mollette ad un filo come panni ad asciugare e si siede al pianoforte, ma, proprio quando sta per iniziare a suonare, una sgraziata e invadente radio la interrompe. Infine si fa silenzio e la Krier può attaccare la Sonata 1.X.1905 di Janacek. Non è facile spiegarsi il perché, ma, dopo questa messa in scena all'apparenza assolutamente incongrua - e grazie anche alla delicatezza dell'esecuzione della Krier - quella musica ci viene incontro come una voce che giunga fino a noi da un mondo scomparso (in Italia la chiamiamo ancora musica moderna, ma dall'anno di composizione è passato più di un secolo, c'era ancora l'impero asburgico!) e trovi ancora la via suggestionarci in modo sottile e inquietante, indefinibile e profondo. Questa messa in scena si ripete con poche varianti prima delle altre tre composizioni in programma, che sono i Quattro pezzi op. 5 di Berg per clarinetto e pianoforte, Pohadka di Janacek per violoncello e pianoforte e i sei aforistici pezzi di Omaggio a R. Sch. di Kurtag per clarinetto, viola e pianoforte (e gran cassa, che interviene soltanto nell'ultima battuta a siglare il pezzo con il suo suono oscuro e fatale). Ogni volta si ha la sensazione che questi magnifici interpreti siano veramente entomologi che cerchino di far vivere in un'epoca superficiale e fracassona come la nostra queste musiche fragili e bellissime, come farfalle a rischio d'estinzione. Non avevamo mai visto musica contemporanea presentata il tal modo e non avevamo nemmeno mai visto una sala da 1400 posti piena per un programma di tal genere... evidentemente funziona.

Al più famoso dei giovani musicisti lussemburghesi, il pianista Francesco Tristano, era lasciato l'onore di chiudere "music:LX". Ma quale Francesco Tristano? Uno degli ultimi allievi della grande Rosalyn Tureck, che dalla sua maestra ha preso la passione per Bach, da lui inciso anche per la mitica etichetta gialla, magari accostandolo a John Cage nello stesso cd? O il compositore che mixa come un DJ la propria musica e quella di Frescobaldi? O il ragazzo che fino alle quattro di notte fa musica elettronica nei dance club? Questa volta suonava piano ed electronics insieme al fantastico percussionista brasiliano Raimundo Penaforte, un altro che riunisce in sé varie personalità musicali. Non sapremmo dire a che genere di musica appartenga quella che hanno improvvisato: il brasiliano, più istrionico, sembrava condurre il gioco, proponendo lui ritmi e temi, ma nel fitto dialogo che si sviluppava tra i due era poi il lussemburghese a prendere in mano la situazione, variando, arricchendo e potenziando il tema in un irresistibile crescendo ritmico. Ritmo soprattutto, poiché in realtà si ascoltavano due percussionisti, in quanto Tristano trattava le tastiere come percussioni, senza risparmiarsi, tanto che ad un certo punto è uscito per ricomparire poco dopo con un dito fasciato. Questa irruente fisicità ha travolto anche il pubblico della Philharmonie, che potenzialmente era molto più compassato di quello dei club dove Tristano suona questo genere di musica. A questo punto vorremmo sentirlo anche in qualcuno dei classici che ha nel suo poliedrico repertorio, che va dal primo barocco a Berio e oltre.

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