Coup Fatal
Platel a Bologna
Recensione
classica
Al principio era Bach. Per la precisione “pitie!”, affascinante lavoro che il grande coreografo belga Alain Platel ha messo in scena nel 2008, e in cui la Passione secondo Matteo BWV 244 veniva interpretata dal controtenore congolese Serge Kakudji tra i quadri policromi e i gestuali imbastiti dalla compagnia di danza les ballets C de la B.
“Coup fatal” ne è in qualche modo una diretta conseguenza: Platel firma la direzione artistica, il musicista fiammingo Fabrizio Cassol si riconferma alla direzione musicale, affiancato questa volta dall'ottimo giovane chitarrista e compositore Rodriguez Vangama.
Sul palcoscenico dell'Arena del Sole di Bologna per il VIE Festival, troviamo un paesaggio disegnato dallo scenografo Freddy Tsimba (che in Congo è famoso per la realizzazione di sculture con i bossoli di guerra trovati in strada), in cui un'orchestra di circa quindici elementi intesse con strumenti della tradizione (balafon, xilofoni, tamburi e likembe), oltre alle chitarre e al basso, un trascinante manto di poliritmie e intarsi armonici.
La voce di Serge Kakudji emerge da tale amalgama sonora con la sua grana femminea per interpretare passi di Haendel, Monteverdi e Gluck che spiazzano l'orecchio senza turbarlo. Anzi, gli arrangiamenti riportano a esperienze a cui Cassol ha abituato da tempo (basti pensare al connubio con la maliana Oumou Sangare nel disco “Strange fruit”), e nelle quali si diverte, con sensibilità e rispetto, a trovare punti di incontro tra tradizioni musicali distanti geograficamente e cronologicamente.
Nello scorrere del concerto-spettacolo, a pesare sulla totale godibilità sono però i lunghi momenti di passaggio “afro-pop”, che smorzano il piacere per la riuscita combinazione di musica congolese e barocca. Così come la scelta del registro del musical/commedia, che a tratti eccede lasciando un retrogusto amaro per l'esagerata propensione agli stereotipi da “buon selvaggio”, che per quanto venato di auto-ironia, non può che rimanere su una superficie difficile da lasciar andare di questi tempi. A farla da padrone sul palcoscenico, insieme a Kakudji, sono Rodriguez Vangama e la sua chitarra doppio manico: una bella scoperta dallo stile personale di cui sicuramente si sentirà ancora parlare. Il pubblico è rapito e coinvolto dalle danze e dalle musiche. E il finale è mozzafiato per tutti: un accorato blues/spiritual interpretato con costumi che richiamano i “saupers”, i dandy congolesi della città di Kinshasa.
Nello scorrere del concerto-spettacolo, a pesare sulla totale godibilità sono però i lunghi momenti di passaggio “afro-pop”, che smorzano il piacere per la riuscita combinazione di musica congolese e barocca. Così come la scelta del registro del musical/commedia, che a tratti eccede lasciando un retrogusto amaro per l'esagerata propensione agli stereotipi da “buon selvaggio”, che per quanto venato di auto-ironia, non può che rimanere su una superficie difficile da lasciar andare di questi tempi. A farla da padrone sul palcoscenico, insieme a Kakudji, sono Rodriguez Vangama e la sua chitarra doppio manico: una bella scoperta dallo stile personale di cui sicuramente si sentirà ancora parlare. Il pubblico è rapito e coinvolto dalle danze e dalle musiche. E il finale è mozzafiato per tutti: un accorato blues/spiritual interpretato con costumi che richiamano i “saupers”, i dandy congolesi della città di Kinshasa.
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