International Body Music Festival 3 | Jazz senza strumenti
Da Danny Barber a Corposonic, il festival turco si dà alle musiche afroamericane
Recensione
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A metà percorso, il cartellone dell’IBMF incrocia quello del festival jazz (dal 2 al 21 ottobre) al Nardis, proprio sotto la Torre di Galata. Il mondo della body music incontra il jazz da par suo: sul palco il piano rimane sigillato e non compare neppure uno “strumento”: le oltre tre ore di musica saranno tutte prodotte da voce, piedi e qualsiasi altra parte del corpo. A generare aspettative alte ed atmosfera giusta ci ha pensato un fuoriclasse come Danny "Slapjazz" Barber, da San Diego, maestro dell’arte dello hambone (o juba nella tradizione afroamericana), già sotto i riflettori anche con Carolina Chocolate Drops e Bayou Brothers Band.
Danny Barber
Seduto su una sedia, l’imponente massa corporea di Danny Barber viene percorsa da un frullio d’ali. In quelle ali si sono trasformate le sue mani guantate di bianco, capaci di alternare passi di danza e sincopi mozzafiato attraverso una suite di ritmi impossibili da mantenere senza uno sforzo fisico parossistico e invece offerti con un’eleganza e una leggerezza che non possono non sbalordire. Ma se gli chiedete come - come hanno fatto i numerosi partecipanti ai suoi laboratori - sembra tutto semplice: pensa alla mano, lasciala rilassata, immagina faccia caldo e di doverti sventagliare con la mano, poi di dover scacciare una mosca dalla tua gamba, poi, visto che la mosca è già ritornata, sei costretto a schiacciarla; e, a questo punto, levi la mano dalla gamba per scrollarti la mosca portandola al petto. Tre colpi che diventano una straordinaria e poetica drum-machine.
La sezione ritmica che ha accompagnato tutta la serata è, però, diversa: il basso e la batteria sono riprodotti dalle voci di Bryan Dyer e Steve Hogan, i propulsori di Corposonic, impegnati al Nardis a proporre ed accompagnare non solo standard jazz da “Blue Monk” a “Stolen Moments”, ma anche a variare secondo gli ospiti di turno da autentico juke-box di ritmi del mondo. Ritmi che ha saputo alternare e far incontrare con umorismo e savoir faire Keith Terry, terzo integrante della sezione ritmica (e dalla band Corposonic) e ieri vero e proprio maestro di cerimonia, oltre che esilarante ballerino, al Nardis.
Corposonic
Fra gli artisti locali l’attenzione è stata tutta per la cantate Elif Çağlar, impeccabile, nonostante l’emozione: «Sono stata sul palco così tante vole… ma in questo contesto mi sembra di rivivere la prima volta». A far da protagonisti sono stati soprattutto i ritmi latinoamericani: con il samba dai Barbatuques, proiettato oltre le mura del locale dalla possente vibrazione baritonale di Marcelo Pretto; romantici ma sempre ballabili nella versione tutta “strumentale” di “Capulito de Aleli” interpretata da Raul Cabrera; o nella trascinante “El cuarto de Tula” proposta dal quartetto Rumba Tap di Max Pollack. In dialogo con la base ritmica offerta da Keith Terry o a proporre passi innovativi e clavi cubane, il confronto e il dialogo fra i passi di tap dance hanno fatto da filo conduttore, regalando una finestra sul futuro nell’incontro fra Jep Melendez e Leela Petronio.
Danny Barber
Seduto su una sedia, l’imponente massa corporea di Danny Barber viene percorsa da un frullio d’ali. In quelle ali si sono trasformate le sue mani guantate di bianco, capaci di alternare passi di danza e sincopi mozzafiato attraverso una suite di ritmi impossibili da mantenere senza uno sforzo fisico parossistico e invece offerti con un’eleganza e una leggerezza che non possono non sbalordire. Ma se gli chiedete come - come hanno fatto i numerosi partecipanti ai suoi laboratori - sembra tutto semplice: pensa alla mano, lasciala rilassata, immagina faccia caldo e di doverti sventagliare con la mano, poi di dover scacciare una mosca dalla tua gamba, poi, visto che la mosca è già ritornata, sei costretto a schiacciarla; e, a questo punto, levi la mano dalla gamba per scrollarti la mosca portandola al petto. Tre colpi che diventano una straordinaria e poetica drum-machine.
La sezione ritmica che ha accompagnato tutta la serata è, però, diversa: il basso e la batteria sono riprodotti dalle voci di Bryan Dyer e Steve Hogan, i propulsori di Corposonic, impegnati al Nardis a proporre ed accompagnare non solo standard jazz da “Blue Monk” a “Stolen Moments”, ma anche a variare secondo gli ospiti di turno da autentico juke-box di ritmi del mondo. Ritmi che ha saputo alternare e far incontrare con umorismo e savoir faire Keith Terry, terzo integrante della sezione ritmica (e dalla band Corposonic) e ieri vero e proprio maestro di cerimonia, oltre che esilarante ballerino, al Nardis.
Corposonic
Fra gli artisti locali l’attenzione è stata tutta per la cantate Elif Çağlar, impeccabile, nonostante l’emozione: «Sono stata sul palco così tante vole… ma in questo contesto mi sembra di rivivere la prima volta». A far da protagonisti sono stati soprattutto i ritmi latinoamericani: con il samba dai Barbatuques, proiettato oltre le mura del locale dalla possente vibrazione baritonale di Marcelo Pretto; romantici ma sempre ballabili nella versione tutta “strumentale” di “Capulito de Aleli” interpretata da Raul Cabrera; o nella trascinante “El cuarto de Tula” proposta dal quartetto Rumba Tap di Max Pollack. In dialogo con la base ritmica offerta da Keith Terry o a proporre passi innovativi e clavi cubane, il confronto e il dialogo fra i passi di tap dance hanno fatto da filo conduttore, regalando una finestra sul futuro nell’incontro fra Jep Melendez e Leela Petronio.
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