Laus adriatica
Al festival di antica di Anversa
Recensione
classica
Una marea di musica, è il caso di dirlo, che per undici giorni è risuonata nelle principali chiese di Anversa, dove campeggiano tele di Rubens e spettacolari pulpiti in legno, ascoltata “religiosamente” da un pubblico che in genere trattiene quasi il respiro e non applaude se non alla fine dei concerti, lungamente e calorosamente. È Laus Polyphoniae, un festival di musica antica che riserva ogni anno delle sorprese perché dalle pieghe del tema, quest’anno il Mare Adriatico, emerge sempre qualcosa di curioso e poco noto. Al centro della scena Venezia, regina e padrona, con la sua grande scuola musicale cosmopolita, e maestri di origine istriana, slovena, croata. Il grande concerto spettacolare non è stato posto all’inizio o alla fine del festival, come nelle edizioni precedenti, ma circa a metà percorso, con le sonorità policorali delle Sacrae Symphoniae di Giovanni Gabrieli, che hanno visto impegnate distinte formazioni, Ex Cathedra, Concerto Palatino e His Majestys Sagbutts & Cornetts, inondando di possenti sonorità vocali e strumentali la Chiesa di San Paolo e galvanizzando gli ascoltatori. Per averne un’idea basta citare le parole di una studiosa statunitense che alla fine del concerto ha esclamato “Credo che non ascolterò mai più nella mia vita un Gabrieli suonato così!”. Ma il successo era garantito, mentre altri concerti meno appariscenti hanno rivelato piacevoli sorprese. Ad esempio la sensibilità del tocco e la nitidezza del fraseggio polifonico delle musiche liutistiche di Spinacino e delle intavolature di Valderrabáno (da composizioni vocali di Josquin) eseguite da Alfred Fernández; il pathos del Planctus Mariae contenuto nei manoscritti di Cividale del Friuli interpretati dall’ensemble Per-Sonat nella Chiesa di San Giacomo; i madrigali e i mottetti di Giulio Schiavetto, compositore croato attivo a Venezia, proposti dall’ensemble Vox Luminis nella Chiesa di San Giorgio; le originalissime musiche profane di Jacobus Gallus, considerato il Lasso sloveno, con il suo straordinario senso di spazialità sonora esaltato dallo Huelgas Ensemble nella navata della Chiesa di San Paolo, una vera delizia auditiva. Ma la quintessenza del mondo adriatico è stata distillata, da Zefiro Torna, che ha messo in scena le greghesche di Manoli Blessi (Antonio Molino), e da Micrologus, che ha enfatizzato villanesche e balli di anonimo e di autore riunendo e ricucendo fonti diverse. In entrambi i casi, anche se in modo diverso, gli abbondanti riferimenti all’immaginario della commedia dell’arte, hanno divertito e intrigato il pubblico, così come anche Pino De Vittorio, con l’ensemble intitolato a Gorzanis, le cui napolitane sono una elegante stilizzazione della musica “popolare” dell’epoca. Ma nella terra della polifonia fiamminga, il canto paraliturgico di tradizione orale della Dalmazia, che prende il nome dall’antico alfabeto della liturgia vernacolare croata, il glagolitico, è stata la vera e propria rivelazione. I canti della Settimana Santa dell’isola di Hvar proposti dai Faroski Kantaduri nella Chiesa di San Giacomo hanno commosso il pubblico.
Nella elegantissima Anversa, con le vetrine che sembrano concepite come parti dislocate di un immaginario museo stradale di moda e design, la crisi economica si avverte fino ad un certo punto. I tavoli dei numerosi ristoranti attorno alla cattedrale e alla Grande Piazza non sono tutti pieni e si vede in giro meno gente del solito, ma i concerti sono sempre stati affollati e per poter presentare i concerti dei due gruppi residenti, Dialogos di Katarina Livljanić e Daedalus di Roberto Festa, che hanno rispettivamente inaugurato e concluso Laus Polyphoniae, era stato aggiunto un giorno di programmazione.
Tra il primo e intenso concerto per una voce e due strumentisti basato sulla storia biblica di Giuditta narrata in un lungo poema in croato del 1501, e l’ultimo, calato nelle raffinate e dolenti atmosfere dei madrigali di Gesualdo e Nenna – un percorso tra conturbanti cromatismi e dissonanze – altre interessanti attività hanno caratterizzato il Festival. Ma di queste parleremo nelle prossime note.
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