Sembra piuttosto difficile oggi, in un mondo connesso 24/7 a ogni latitudine, comprendere quale grado di attesa, aspettativa e anche sorpresa generassero negli ascoltatori europei le tournée dei grandi del jazz nei decenni successivi la Seconda Guerra Mondiale, specialmente nel caso di musicisti "all'avanguardia" e sulla cui musica si ingaggiavano epiche polemiche.
Il Coltrane che gira l'Europa nell'ottobre del 1963 è certamente un musicista che le platee del Vecchio Continente hanno fondamentalmente imparato a metabolizzare anche nei suoi aspetti sonicamente meno accomodanti, e lo scafato Norman Granz può tranquillamente pensare per il quartetto - nel quale da luglio era rientrato Elvin Jones dopo qualche mese di ritiro causa droga - un giro di sale prestigiose del Nord del Continente.
Tra registrazioni radio e altre private, il tour è ben documentato e il doppio The Complete 1963 Copenhagen Concert (Solar Records/Egea) ci consegna l'intensa serata nella grande Tivolis Koncertsal della capitale danese.
Il repertorio è quello consolidato, con lunghe versioni di "Mr. P.C.", "Impressions" (unico pezzo incompleto a causa di un disguido tecnico) e "My Favorite Things", ma anche "The Promise", "Afro-Blue" e "Naima".
Il clima del quartetto è stabilmente settato sull'energetico spinto, con le consuete cavalcate solistiche mozzafiato del sassofonista (ma anche larghi spazi solistici per gli altri musicisti) e una dilatazione "fisica" degli stessi confini delle composizioni, motivo per il quale il suonare nei club - dove i tempi sono più serrati per ragioni eminentemente economiche - era diventato stretto a Coltrane.
Le cronache raccontano di un Rahsaan Roland Kirk presente in città e con cui Coltrane dà vita a una leggendaria jam session notturna al Café Montmartre, di cui non esiste purtroppo registrazione.
La qualità sonora del doppio danese è chiaramente non perfetta, ma ci restituisce al meglio la forza del quartetto in quei mesi.
Se la tournée coltraniana del 1963 non tocca l'Italia, gli appassionati italiani possono invece apprezzare, nel febbraio del 1968, lo stellare quartetto del ritrovato Ornette Coleman, completato dai due bassi di Charlie Haden e David Izenzon e dalla batteria di Ed Blackwell.
Sono ben conosciuti dai collezionisti, i concerti di Milano (al Teatro Lirico) e di Roma, apparsi più volte sotto forma di bootleg e ora raccolti in The Love Revolution - Complete 1968 Italian Tour (Solar Records/Egea).
La musica è davvero fantastica (anche qui la qualità delle registrazioni non certo da audiofili): si parte - siamo a Roma - con una "Lonely Woman" intrisa come sempre di blues, ma non si perde la tensione nemmeno con le successive "Monsieur Le Prince", "Forgotten Children" e "Buddha Blues", in cui il sassofonista usa il pungente shenai in vorticose traiettorie d'estasi.
Nel concerto milanese, di tre giorni precedente, troviamo temi completamente diversi, a partire dall'iniziale "Tutti", tema che tornerà più volte nel corpus di composizioni colemaniane sotto il titolo di "School Work" (in Science Fiction), "The Good Life" (in Skies Of America) o come "Dancing In Your Head".
Spettacolari anche "Three Wisemen and a Saint" (ascoltate come suona Blackwell in questo brano o nel precedente e poi ditemi...) e la conclusiva, dolente "New York" (la ritroveremo in Ornette at 12, registrato pochi mesi dopo).
Inutile sottolineare come queste testimonianze dal vivo siano non solo preziosissime dal punto di vista strettamente documentario, ma anche essenziali testimonianze di una bellezza e un'urgenza musicale che, aggiunta a quanto ufficialmente lasciatoci dai musicisti, dipinge un affresco davvero indimenticabile.