Che il rapporto del jazz con il turismo e la sostenibilità ambientale sia tra le strategie più interessanti nell’ottica di coinvolgimento di un pubblico – magari non solo quello degli appassionati – che ama viaggiare e fare un’esperienza diversa dei territori con cui viene a contatto non è forse una novità, ma il fatto che lo stesso Ministero l’abbia ultimamente più volte indicata come una pratica su cui concentrare risorse e attenzioni ne conferma la centralità nell’ambito dell’ideazione di festival e rassegne.
Indiscusso capofila di questo interessante connubio – grazie a una riconosciuta qualità di programmazione, alla bellezza del territorio e alla felice collaborazione con alcune eccellenze dell’imprenditoria vinicola di quell’area – è il Jazz&Wine of Peace Festival di Cormòns, tra il Collio italiano e sloveno, che presenta, dal 23 al 30 ottobre, la sua diciannovesima edizione.
Un festival che negli anni ha consolidato un progetto in grado di coinvolgere cantine, dimore storiche, abbazie, ville, teatri, allestendo un cartellone in cui accanto ai nomi più popolari troviamo anche artisti e gruppi che sono considerati al top della scena di ricerca mondiale, ma che in Italia, nazione tradizionalmente poco coraggiosa, non è frequente trovare nei principali festival.
Un po’ di numeri (il programma completo a sul sito del festival): 17 i concerti, da Jan Garbarek al super-quartetto Aziza con Dave Holland e Chris Potter, da Gonzalo Rubalcaba a Bill Frisell (nella foto in apertura), dal quartetto Tinissima di Francesco Bearzatti al talentuoso francese Vincent Peirani. E ancora Evan Parker e Zlatko Kaučič, i Made To Break di Ken Vandermark, il chitarrista Nir Felder, Rob Mazurek & São Paulo Underground, Andrea Massaria e Bruce Ditmas e molto altro.
Più di 15 anche le location, dal Teatro Comunale di Cormòns all'Abbazia di Rosazzo, passando per il Castello di Rubbia, Villa Attems, il Castello di Spessa, cantine, tenute e ville che rappresentano l’eccellenza di un territorio in cui abbinare alla musica l’esperienza della degustazione.
E ancora, aperitivi, fotografia, rapporti con il cinema e il teatro, giovani reporter per seguire il festival e quindi crearsi una base per apprezzare questa musica. Un lavoro di grande qualità, dovuto al Circolo Controtempo e in particolare alla direzione artistica di Mauro Bardusco e al lavoro progettuale della presidente Paola Martini, che su questo felice connubio tra jazz e vino sta costruendo una forte progettualità condivisa.
«Coinvolgiamo il territorio e le cantine – ci spiega la presidente – perché una persona che va a un concerto mediamente non conosce il territorio che sta fuori dalla sala e invece a noi sta a cuore che lo possa conoscere, innamorarsene e ritornarci».
«Vogliamo offrire il meglio – prosegue la Martini – il paesaggio, le dimore storiche e la stessa storia di questa che, essendo una terra di confine, porta con sé l’incontro tra lingue e tradizioni anche molto diverse. E ovviamente il vino, il nostro oro, il grande patrimonio. Vogliamo che il pubblico si porti a casa non un concerto o una degustazione, ma un’esperienza completa del nostro territorio».
Il progetto Jazz&Wine si sta tra l’altro strutturando (è successo con Novara e con i Colli Euganei, ad esempio) sempre di più come format, che può coinvolgere anche altre aree della nostra penisola, così ricca sotto questo punto di vista.
«Un format severo, quasi un disciplinare, come quelli del vino: ogni progetto deve potere garantire alti standard di qualità vitivinicola, progettuale, musicale, di location, di cibi serviti e si ospitalità" continua "quando il territorio propone un Jazz&Wine che ha queste caratteristiche, allora entra in cordata con noi».
L’obiettivo è quello di creare un percorso nazionale, lungo tutto l’arco dell’anno, evitando le sovrapposizioni, sotto la supervisione di chi, come Controtempo, ha ormai una comprovata esperienza in questo ambito.
«Ci teniamo molto al rapporto con le aziende – conclude la Martini – tanto che il leitmotif di questa edizione del Festival, che sarà anche al centro di un cortometraggio apposito, è proprio il lavoro, quello delle mani che lavorano le vigne così come suonano uno strumento. Vogliamo un Jazz&Wine che rappresenti questa fatica, un festival non elitario, con biglietti non cari, che unisca il pubblico al vignaiolo che è presente, un festival dove il pubblico deve sentirsi a casa».
Il "giornale della musica" è MEDIA PARTNER del festival Jazz&Wine.