Con il suggestivo titolo Adoratio. Santi, martiri e amanti dal 18 al 27 agosto si svolgerà ad Anversa, nella regione fiamminga del Belgio, la ventiquattresima edizione del Festival di musica antica Laus Polyphoniae, e sia all’inizio che alla fine del suo ricchissimo programma risuoneranno i versi del Cantico dei Cantici, come simbolo per eccellenza dell’amore terreno e divino.
Nel concerto di inaugurazione l’ensemble vocale Stile Antico presenterà il ciclo di mottetti di Palestrina dedicati al pontefice Gregorio XIII, pubblicati nel 1584, e la sensualità e la passionalità dei versi del ventiseiesimo libro dell’Antico Testamento attribuito a Re Salomone sarà il preludio di una esaltazione del sentimento amoroso in tutte le sue possibili declinazioni poetiche e sonore. Fra gli elementi simbolici che meglio rappresentano questa edizione si potrebbe citare anche il celebre canzoniere a forma di cuore, il prezioso manoscritto realizzato nella seconda metà del Quattrocento per Jean de Montchenu, un prelato poco ortodosso amante della musica, contenente chansons di Dufay, Ockeghem, Ghizeghem e canzoni italiane anonime che saranno interpretate dall’Ensemble Leones. Tra antifone mariane e cantigas de amigo, risalteranno i versi di Francesco Petrarca, messi in musica fra XIV e XVI secolo da alcuni tra i più importanti compositori italiani e franco fiamminghi, che saranno al centro dei programmi proposti da Zefiro Torna & Frank Vaganée Trio e dal Rossoporpora Ensemble. Laus Polyphoniae è un festival che non insegue le mode del momento, ma che attraverso l’estrema cura delle sue performance storicamente informate contribuisce a rivelare repertori musicali sempre nuovi, come conferma il suo direttore artistico Bart Demuyt.
«Il tema della adorazione nei confronti di Dio, i santi, la natura, o una donna come Laura per Petrarca, è qualcosa che porta lontano. Ho chiesto a gruppi affermati o emergenti di affrontare questo tema in varie direzioni. L'allegoria della vita religiosa e della vita umana del Cantico dei Cantici è il punto di inizio e di arrivo, da Palestrina a Orlando di Lasso e dalla polifonia puramente vocale a quella accompagnata da strumenti musicali. Sono due modi diversi di seguire l’ispirazione dei meravigliosi versi del Cantico, e voglio ricordare che questa musica di Palestrina, fantastica per intensità e straordinaria qualità, non viene quasi mai eseguita. Stile Antico presenterà anche un secondo concerto dedicato a Magnificat e Salve Regina di compositori inglesi della prima metà del XVI secolo che è raro poter ascoltare. L’ensemble Cinquecento proporrà una messa di un compositore attivo alla corte d’Austria, Jacobus Vaet, che ha scritto musica stupenda ma è poco noto. Ci saranno anche due concerti dedicati al mondo musicale di Martin Lutero, uno di Huelgas Ensemble e l’altro di Vox Luminis, e molto altro ancora…».
Impossibile elencare tutti i concerti…
«Sono circa settanta, comprendendo anche quelli della Young Artist Presentation, i cui brevi programmi non seguono il tema del Festival e sono completamente autonomi. Per noi è molto importante dare spazio ai giovani esecutori e a questo proposito posso citare anche la presenza del Sollazzo Ensemble che presenterà un programma sulla ossessione amorosa nella Ars Nova italiana».
A proposito di Ars Nova, nel labirinto sonoro del Festival non poteva mancare una delle massime autorità in materia di amore cortese, Guillaume de Machaut, la cui opera rappresenta la quintessenza dell’immaginario amoroso medievale. L’Orlando Consort sta progressivamente esplorando il suo intero corpus poetico musicale. Il programma del concerto del prestigioso ensemble vocale britannico sarà dedicato alle chanson contenute nel Livre du Voir dit, nel quale si rispecchia l’arte e la vita dell’artista francese del XIV secolo, per il suo valore esemplare di scambio epistolare e la sua complessa e raffinata struttura che comprende la narrazione in versi, le canzoni con notazione musicale e le splendide miniature.
Donald Grieg, il baritono del quartetto vocale, racconta come sia nata l’idea di affrontare progressivamente l’opera completa di Machaut.
«Abbiamo registrato un cd dedicato alle musiche di Machaut per la Deutsche Grammophon, ed è stata una esperienza meravigliosa, che ha richiesto molto tempo di studio e una grande concentrazione. Solo affrontando questo repertorio ci siamo resi conto di quanto fosse complessa la sua musica, che solo in apparenza sembra semplice. Il disco è stato accolto molto positivamente, e in una recensione il musicologo David Fallows aveva scritto che per l’Orlando Consort era arrivato il momento di registrare l’opera completa di Machaut. L’idea ci sembrava interessante, ma pensavamo che nessuna casa discografica avrebbe potuto accoglierla, e quando è scaduto il contratto con l’Harmonia Mundi, abbiamo presentato una lista di proposte alla Hyperion, in fondo alla quale, dopo nomi e repertori più appetibili c’era anche il nome di Machaut. Esaminandola Simon Terry si è soffermato proprio su di lui, e ci ha chiesto quanti dischi avrebbe potuto richiedere la registrazione della sua opera completa. Come un patrono della musica del XV o XVI secolo non si è lasciato spaventare da un consistente numero di cd, e quella che sembrava un’idea folle è divenuta realtà».
Fino a ora ne avete pubblicati quattro.
«Sì, ma ne abbiamo registrati altri due che usciranno nel corso del prossimo anno, e proseguiremo nel tempo. Un gruppo di musicologi, guidato da Yolanda Plumley della University of Exeter, sta curando la nuova edizione critica delle musiche di Machaut e per noi è molto importante il confronto e la collaborazione con studiosi e ricercatori».
La musica di Machaut è semplice solo in apparenza.
«Contiene una grande varietà di idee musicali, ma le melodie non sono intuitive e si deve entrare nel suo raffinato mondo poetico e musicale per coglierne la bellezza. Solo cantandole molte volte puoi comprenderla, ed oramai ci sentiamo a nostro agio e ci sembra di poterne sentire tutte le sfumature, e questo è accaduto anche ai nostri due giovani cantanti, Mark e Matthew, che sono entrati nel gruppo quando il progetto Machaut era già stato avviato. All’inizio può sembrare strana, soprattutto al confronto con la musica e le armonie del Cinquecento, ma poco a poco ti conquista. È una musica che richiede un profondo rilassamento per essere apprezzata fino in fondo».
Anche la poesia e la prosa di Machaut sono molto raffinate e sofisticate. Nel concerto di Anversa, leggerete anche qualche estratto della parte narrativa del Voir dit?
«La poesia, come la musica, presenta strutture molto interessanti. Ad esempio ci sono parole che hanno lo stesso suono ma un significato differente. Machaut utilizza mille modi per dire ti amo, e altrettanti per lamentare l’infelicità… forse è perché siamo inglesi ma la dimensione contenuta e riservata dei suoi sentimenti ci appartiene e ci somiglia… Nel concerto di Aversa leggeremo semplicemente qualche estratto dalla narrazione del Voir dit, per orientare gli ascoltatori all’interno della cornice narrativa nei punti in cui sono collocate le canzoni».
Nel concerto conclusivo del Festival, affidato al Choeur de Chambre de Namur e all’ Ensemble Clématis diretti da Leonardo García Alarcón, si tornerà ai versi del Cantico dei Cantici che hanno ispirato il genio musicale di Orlando di Lasso, di cui ci parla di clavicembalista e direttore d’orchestra.
«Con il Coro di Namur, che dirigo dal 2010, abbiamo iniziato a scoprire il repertorio polifonico franco-fiammingo e alcuni compositori spagnoli che sono stati attivi ad Anversa e Bruxelles, e desideravamo avvicinarci a Orlando di Lasso che è uno dei più importanti musicisti del Cinquecento. I mottetti che utilizzano i versi provenienti dal Cantico dei Cantici non sono un ciclo organico, come nel caso di Palestrina, ma fanno parte della sua immensa produzione artistica, e rappresentano un terreno di sperimentazione nel quale lo stile contrappuntistico della musica sacra si fonde con il linguaggio madrigalistico, i cui cromatismi esprimono la sofferenza, l’abbandono e altro. Si potrebbero definire dei madrigali sacri, perché profondamente ispirati dalla poesia del cantico biblico, ma la loro sensualità rivela un aspetto poco evidente del compositore che ci avvicina alla sua umanità. Oltre a questi mottetti presenteremo la sua Missa Susanne un jour, basata sulla chanson omonima scritta in precedenza dal compositore, nella quale utilizza la tecnica della parodia, e anche qui abbiamo un altro esempio di unione tra sacro e profano, come d’altronde il Magnificat super Ancor che col partire di Cipriano, che è il celebre madrigale di Rore. Eseguire questo repertorio dà l’impressione di entrare nel mondo artistico del compositore, che era un noto ipocondriaco, e nell’intimità del suo cuore. Lasso era un pioniere e in un certo senso ha anticipato Monteverdi. Si potrebbe dire che è un barocco, prima del Barocco, e che è il primo compositore universale, perché conosceva le musiche di tutta Europa, dove era molto ammirato e apprezzato».