Renata Scotto, l’unica vera sintesi fra Callas e Tebaldi
Marco Beghelli ricorda Renata Scotto
Negli anni delle infuocate contrapposizioni fra Callas e Tebaldi, se ci fu un soprano che incarnò la combinazione fra le due, questa fu Renata Scotto, spentasi il 16 agosto nella stessa Savona dove era nata nel 1934. Di oltre un decennio più giovane delle due colleghe, le “raggiunse” rapidamente grazie a un debutto precocissimo, a soli 19 anni (Savona 1952), proprio in quella Traviata su cui Callas e Tebaldi si fronteggiavano sui primi anni ’50, e le “doppiò” ampiamente grazie a una carriera prolungatasi per oltre mezzo secolo, nella quale affrontò praticamente tutti i ruoli fondanti dell’una e dell’altra, e molti altri ancora.
Della Callas sembrò dapprincipio l’erede più diretta, non foss’altro per averla sostituita nell’ultima, chiacchieratissima replica della Sonnambula che La Scala portava in tournée a Edimburgo nel 1957: una sostituzione – pare – programmata fin dall’inizio, ma tenuta nascosta al pubblico, e che costituì fatalmente l’inizio di tante disavventure artistiche a carico della Divina greca. Renata Scotto ne prese così rapidamente il posto alla Scala, divenendovi una delle artiste di riferimento per oltre un decennio (ben 17 produzioni operistiche), in quella Scala dove la Scotto aveva peraltro debuttato nel 1954 a fianco di una Tebaldi in procinto invece di partire per New York, non essendovi a Milano il posto per due primedonne assolute.
Ma fu proprio la Callas ormai in quiescenza a causare involontariamente la rottura dell’idillio della Scotto con i milanesi, al termine di una recita non impeccabile dei Vespri siciliani (1970), in cui il pubblico applaudiva la Divina, ospite nel palco di Visconti, dando le spalle ai cantanti schieratisi in palcoscenico per raccogliere gli applausi finali: e l’ormai affermatissima Scotto non seppe allora frenare la lingua per dire la sua, raccogliendone immediate conseguenze negative.
Come già la Tebaldi 15 anni prima, non le rimaneva dunque che trasferire la propria corte a NewYork, dove il Teatro Metropolitan l’accoglie quale nuova regina (ben 319 recite fino al 1987!). Sono gli anni in cui Renata Scotto porta a compimento una sorta di miracolo vocale: nata soprano leggero, evolve nel repertorio belcantistico (Lucia di Lammermoor su tutte) e piega progressivamente la propria voce verso i ruoli più drammatici che erano stati della Callas (incredibili gli esiti in Macbeth e Nabucco), nonché quelli passionali della Tebaldi (Adriana Lecouvreur e Francesca da Rimini di assoluto rilievo).
La sua voce non ha invero né la potenza dell’una, né la morbidezza dell’altra: il suo timbro è per natura pungente, e si fa sempre più asprigno, specie negli acuti, man mano che le corde vocali vengono appesantite dal nuovo repertorio; ma la grinta è tanta, la presenza scenica seducente, la forza e la fantasiosità dei fraseggi vocali di altissimo livello. È con tali frecce al suo arco che diventa, per un decennio, il soprano prediletto del giovane Riccardo Muti, in una serie di produzioni al Maggio Musicale Fiorentino che hanno fatto epoca (non ultimi, quei Vespri siciliani del 1978 che ribaltano la débâcle milanese).
Il lento ritiro come cantante verrà controbilanciato da nuovi impegni quale regista e didatta, così che una nuova generazione ha facilmente potuto conoscerla e avvicinarla ancora in questo secolo, sotto nuove spoglie artistiche. E il carisma della donna ha continuato a profondersi nei tanti incontri col pubblico organizzati fin ancora pochi mesi fa.
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