Lo strano caso del Maggio "distrutto" da Nardella

Il sindaco di Firenze vuole Nastasi come presidente e Chiarot e Luisi se ne vanno

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Cristiano Chiarot
Cristiano Chiarot

Via il sovrintendente del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino Cristiano Chiarot, che chiuderà il proprio incarico il 28 luglio, e, se non ritornerà sui suoi passi (ma ci sembra difficile), se ne va anche il direttore principale, Fabio Luisi. Risparmiamo ai lettori del Giornale della Musica la sequela di smentite e diverse ricostruzioni dei fatti a suon di “lui mi disse… io gli dissi” proposte dalle due parti, ossia Chiarot e il sindaco di Firenze Dario Nardella, e diciamo subito che è questa la conclusione di una vicenda mal condotta oppure, si può sospettare, ben orchestrata dal sindaco. Nardella aveva comunicato a Chiarot la sua decisione di lasciare la presidenza del Consiglio di Indirizzo della Fondazione e di metterla nelle mani del suo vecchio amico Salvatore Nastasi, già compagno di studi, a cui si era mostrato  legatissimo ai tempi in cui, nel 2005, Nastasi era commissario straordinario del Teatro del Maggio. Una decisione che Chiarot non ha gradito, come, crediamo, non l’avrebbe gradita nessun sovrintendente che volesse fare pienamente il proprio lavoro. Nastasi ha un cospicuo curriculum di enfant terrible, funzionario e superfunzionario al Mibac in tutti i governi dal Berlusconi 2001 (sotto il ministro Giuliano Urbani)  in poi, e quindi presso la presidenza del Consiglio di Renzi, e di commissario e supercommissario in vari ambiti, teatrali e no, dal Petruzzelli al Maggio,  dall’Arena al San Carlo, dalla costruzione del nuovo Teatro del Maggio alla riqualificazione del sito di Bagnoli e a Matera 2019. Si vede che è bravo, dice Nardella, ma nel frattempo si è fatto  la fama di mandarino, di persona a cui piace in ogni caso tenere lui il mestolo in mano, e dunque, c’è da giurarlo, una potenziale spina nel fianco di qualsiasi dirigente intenzionato a non essere un dirigente dimezzato. Vero o no che sia, il punto ci sembra questo. E ciò, nonostante le rassicurazioni  fornite da Nardella, prima a Chiarot e  ancora martedì 16 ai dipendenti del teatro, che Nastasi (che qui non ha lasciato un buon ricordo) non entrerebbe mai nelle questioni di gestione e programmazione. Quelle su Nastasi sono tutte voci, malignità, viscerali antipatie, dice il sindaco,  ma alle sue rassicurazioni, evidentemente, qui sono in pochi a credere. A ciò si aggiunga lo sgarbo fatto a Chiarot di investigare presso Onofrio Cutaia (attuale direttore del settore dello spettacolo dal vivo del Mibac, la cui nomina, nel 2015, si disse caldeggiata dal direttore precedente, ossia Nastasi), ricevendone una risposta negativa, la possibilità di rinominare Chiarot per un rinnovo dell’incarico a causa dei sopraggiunti limiti di età in base alla legge Madia, ciò che Chiarot, dopo averne letto sui giornali, ha interpretato, ci sembra non senza ragione, come un’altra motivazione addotta per farlo fuori il prima possibile, giacché aveva presentato al sindaco, a suo tempo, un parere diverso fornito da un giuslavorista, e in ogni caso, a questo punto, sarebbe rimasto solo per una breve fase di passaggio. A Firenze c’è chi vede nella mossa di Nardella un atto di fedeltà allo sfiorente “giglio magico” di Renzi & C a cui Nardella deve le sue fortune politiche, giacché Nastasi è accreditato per renziano. Ma a guardare il suo curriculum e i molti governi con cui ha lavorato, ci sembra che la sua finora brillante carriera abbia radici assai più profonde e ramificate. Diciamo “finora” perché è reduce dalla mancata elezione a presidente della SIAE dove si è dovuto accontentare della vicepresidenza al di sotto del neoeletto presidente, Giulio Rapetti in arte Mogol.  

Ma il punto è anche un altro, e va ben al di là della questione Nastasi. Il timore è che delegando un altro – fido ed espertissimo quanto si voglia - Nardella abbia dato un segnale come di chi getta la spugna nella difficile impresa di salvare la Fondazione e far tornare il Maggio ai pristini splendori, e a “competere con la Scala”, obiettivi che peraltro ha sempre in bocca. Infatti,  nonostante i molti e indubbi progressi fatti da Chiarot nella sua sovrintendenza – incremento della programmazione, teatro quasi sempre pieno, pubblico nuovo, capillare attività decentrata per creare e fidelizzare altre  fette di pubblico, pareggio gestionale e riduzione del debito – questo teatro si trascina pur sempre sul groppone un debito pregresso che Chiarot è riuscito solo ad intaccare, e non gli si poteva chiedere di più. Un debito di 57 milioni di euro che prima o poi, ci auguriamo, qualcuno si incaricherà di studiare a fondo per farci capire chi ne sono i primi responsabili e mettere la cosa una buona volta su carta. In questa situazione Chiarot, nel lasciare il suo incarico con discrezione e serenità ma non senza dispiacere, come ha detto in conferenza stampa, ha voluto dare un’indicazione precisa: serve una forte ricapitalizzazione e serve subito, e l’impegno non può che coinvolgere fortemente la governance cittadina a partire dal suo capo naturale, il sindaco. Ci sembra più che sensato. Le critiche venute da molte parti (anche dalla vicepresidente della Regione Monica Barni) e i sonori buuu ricevuti martedì nell’incontro con i dipendenti (per non dire dei social di abbonati e aficionados, in violenta ebollizione, e al 99% pro Chiarot) hanno convinto Nardella che ha preso una stecca. A questo punto il sindaco di Firenze si è dichiarato disposto a restare alla presidenza in questa situazione delicata, fino alla nomina del nuovo Consiglio di Indirizzo e di un nuovo sovrintendente, e ha ribadito la sua fiducia in Nastasi, che dunque, prima o poi, arriverà.  

Ma se tutto ciò voleva suonare come una rassicurazione, non è valso allo scopo. Anche il direttore principale Fabio Luisi se ne va. Ecco il passaggio più importante della lettera fatta pervenire a Nardella e ai dipendenti del teatro: “Le incomprensibili scelte strategiche fatte in questi ultimi giorni mi hanno convinto che manca a Firenze la volontà di continuare il programma iniziato, condiviso con il sovrintendente Chiarot, il coordinatore artistico Conte, i miei colleghi e collaboratori del Maggio Musicale, mentre c’è quella di imprimere una svolta di natura politica alla gestione del Maggio, una svolta che necessariamente si rifletterà (e dei cui prodromi mi ero accorto da tempo) sulla programmazione artistica.” Più chiaro di così… Nel dichiarare la sua impossibilità di procedere in un’altra direzione rispetto a quella condivisa con Chiarot, che ringrazia per l’umanità e la competenza, Luisi conferma comunque la sua presenza per gli impegni di settembre e per la partecipazione al Festival Enescu. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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