Il futuro di Santa Cecilia
Roma: presentata la nuova stagione
È la stagione di transizione tra la partenza dell’attuale direttore musicale, Antonio Pappano, e l’arrivo del prossimo, Daniel Harding. E anche il maestro del coro Pietro Monti è in partenza, per motivi personali, e sarà sostituito da Andrea Secchi, attualmente al Teatro Regio di Torino. È un periodo di grandi cambiamenti per l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che si rispecchia in un cartellone molto vario, con tanti debuttanti ma anche coi tanti ospiti abituali, ben noti e apprezzati dal pubblico romano. E anche la scelta dei programmi è molto varia e spesso invita a scoprire pagine poco noto di compositori notissimi. L’unica perplessità nasce dal fatto che, come l’anno scorso, l’orchestra non suonerà a Roma per quattro mesi esatti, dalla metà di giugno alla metà di ottobre, con l’unica eccezione di un concerto il 13 luglio nella cavea del Parco della Musica, mentre fino a prima del Covid 19 i concerti estivi en plein air e i festival settembrini con programmi molto popolari erano un richiamo per i musicofili e soprattutto un modo per convincere qualche neofita ad assaggiare la musica “classica”.
Ma veniamo al dunque. La stagione sinfonica 2023-2024 si inaugurerà il 12 ottobre con un concerto diretto da Ivan Fischer nell’ambito di un gemellaggio tra Santa Cecilia e il Bridging Europe Festival, che lo stesso Fischer ha ideato per gettare un ponte tra la musica dei vari paesi europei: in programma i tre notissimi poemi sinfonici di Respighi dedicati a Roma e due rarissimi brani corali di Liszt, dedicati anch’essi a Roma. Alla musica di Respighi saranno abbinate le spettacolari immagini create dal video artista e regista Yuri Ancarani, premio David di Donatello 2022 (una collaborazione con la Festa del Cinema di Roma). Il concerto sarà replicato giovedì, venerdì e sabato, come tutti i ventotto concerti in abbonamento. Fischer dirigerà anche la sua magnifica Budapest Festival Orchestra in un programma interamente ungherese, comprendente musiche di Liszt e Il mandarino meraviglioso: questo balletto-pantomima di Bartok verrà danzato dalla Eva Dude Dance Company, che agirà al centro dell’orchestra. Si tratta di un concerto fuori abbonamento, che non avrà repliche, come gli altri concerti di orchestre ospiti, ovvero la Utopia Orchestra diretta da Teodor Currentzis - tanto osannato da alcuni quanto detestato da altri, che ora il pubblico romano potrà sentire e giudicare con le proprie orecchie - e la Hong-Kong Philharmonic Orchestra, che è ormai annoverata tra le grandi orchestre internazionali e sarà diretta da Jaap van Zweden, direttore uscente della New York Philharmonic.
Ritornando ai concerti in abbonamento, quello di Pappano non è affatto un addio, perché tornerà in veste di direttore emerito per dirigere tre concerti, di cui uno dedicato alla memoria di Claudio Abbado, con la Messa da Requiem di Verdi, che sarà poi portata a Salisburgo, dove quest’anno Santa Cecilia sarà l’orchestra in residenza del Festival di Pasqua (a tale proposito devo smentire che La Gioconda di Ponchielli sarà eseguita anche a Roma prima che a Salisburgo, come ho scritto in un’altra occasione). Tre concerti anche per il direttore principale ospite Jakub Hrůša, uno con musiche della sua patria boema, uno con musiche dedicate all’Italia da compositori stranieri (Berlioz e Martinu) e uno in chiave strips and stars, che all’americano Gershwin farà seguire il Rachmaninoff degli anni americani e l’americano nostro contemporaneo Mason Bates, con la prima italiana del suo Concerto per pianoforte, affidato al supervirtuoso Daniil Trifonov.
Tra gli altri direttori abitualmente ospiti di Santa Cecilia, citiamo (in ordine cronologico) Manfred Honeck, Kazuki Yamada, Gianandrea Noseda, Myung-Whun Chung, Stanislav Kochanovsky, Paavo Järvi, Tugan Sokhiev (due concerti di musica russa, tra cui la Sinfonia n. 7 “Leningrado” di Šostakovič), Semyon Bychkov (Sinfonia n. 8 di Bruckner) e Daniele Gatti (un Gala Verdi). Altri direttori sono presenze più rare a Roma, come Philippe Jordan (Requiem tedesco di Brahms), John Nelson (Messiah di Händel), Leondias Kavakos (i romani lo conoscono bene come eccellente violinista ma questa volta si presenta come direttore d’orchestra), Riccardo Minasi e Barbara Hannigan. Sono attesi con particolare interesse i debuttanti Maxime Pascal, Lahav Shani (giovane ma già affermatissimo direttore principale della Rotterdam Philharmonic e direttore musicale della Israel Philharmonic, che dirigerà la Nona di Beethoven) e due finlandesi, a conferma dell’eccezionale livello di quella scuola: sono Santtu-Matias Rouvall (direttore principale della Philharmonia Orchestra di Londra) e Tarmo Peitokoski (ventitré anni!). Si sperava in almeno un concerto di Harding prima dell’inizio del suo mandato come direttore musicale, ma evidentemente è stato impossibile trovare una data libera. Tra gli strumentisti debuttano i violinisti Vilde Frang, Diana Tischenko, Namanja Radulovic, Augustin Hadelich, la giovanissima Maria Dueñas e l’illustre Pinchas Zukermann (qui in veste di violista). Debutta a Roma come solista con l’orchestra anche la giovane “spalla” Andrea Obiso. Oltre a Trifonov suoneranno varie altre star della tastiera, tra cui Igor Levit, Evgeny Kissin (nell’immancabile Rach 3) e Martha Argerich, nonché un giovane sulla cresta dell’onda, Alexander Kantorow.
A questa grande varietà d’interpreti fa riscontro un’altrettanto grande varietà di musiche eseguite. Non possono ovviamente mancare Haydn, Mozart (solo il Concerto K 466 per pianoforte, ma si possono conteggiare anche le sue musiche utilizzate come colonna sonora di Amadeus di Milos Forman, che verranno eseguite dal vivo durante la proiezione del film) e Beethoven. Sono ben rappresentati Berlioz, Bruckner, Brahms, Čajkovskij,Mahler, Sibelius e Rachmaninoff, però mancano totalmente Schubert, Mendelssohn e Schumann, ma si può aspettare fino alla stagione successiva, anche se siamo dei loro grandi ammiratori (e comunque la stagione da camera compensa queste assenze). Il cartellone presenta anche un’ampia rosa di compositori più rari ma molto interessanti, come Rameau, Cherubini, Smetana, Offenbach, Saint-Saëns, Berg, Weill, Kachaturian e il ceco Pavel Haas, morto nel 1944 in un campo di sterminio nazista. Ma non è possibile nominarli tutti, mentre si fa presto a nominare tutti i contemporanei: oltre al citato Bates, compaiono nel cartellone il cinese Tan Dun (che dirigerà personalmente la sua Buddha Passion, già rinviata due volte per il Covid 19), l’altro cinese cinese Fung Lam e il nostro Luca Francesconi con la prima italiana di Corpo elettrico per violino (Patricia Kopatchinskaja) e orchestra, commissionato da Santa Cecilia insieme ad altre istituzioni musicali europee ed americane.
Sono diciotto i concerti della stagione da camera, più due fuori abbonamento. Come negli anni precedenti la colonna portante è una splendida collana di pianisti, che inizia col giovane Seong-Jin Cho e prosegue con altri due giovani, ovvero Simon Graichy col suo pianoforte “aumentato” e Viking Olafsson, il “Glenn Goud islandese”, scoperto dai romani l’anno scorso, quando sostituì la Argerich, che suonerà la Variazioni Goldberg di Bach. Poi entrano in scena le star della tastiera, come Arcadi Volodos, Evgeny Kissin, Lang Lang, Grigory Sokolov. Conclude la serie Maurizio Pollini, che quest’anno ha dovuto cancellare il suo previsto recital. Inoltre due grandi del violino, Maxim Vengerov e Gil Shaham, il Quartetto Ebène, Julian Prégardien in un’ormai rara serata di Lieder (Die Winterreise di Schubert) e Rinaldo Alessandrini col suo Concerto Italiano (L’Estro armonico di Vivaldi). E altro ancora, tra cui un focus su Brahms in tre concerti.
Poi c’è il capitolo delle tournée: il 27 ottobre a Milano con Honeck, poi cinque concerti con Pappano a Vienna, Essen, Baden-Baden e Francoforte dal 6 all’11 novembre e ancora in Germania (Amburgo, Berlino, Colonia, Monaco) e in Cechia (Praga) con Hrusa dal 13 al 18 maggio, più i già ricordati dieci giorni dal 23 marzo all’1 aprile a Salisburgo per il Festival di Pasqua.
Infine è stata annunciata la nascita della Banda Cecilia, che andrà ad aggiungersi alle orchestre e ai cori giovanili che sono un fiore all’occhiello dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con la differenza è che per entrare nella banda non ci sono limiti di età.
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