Anche Monti (Piero) se ne va
Firenze: il direttore del coro si è dimesso
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Se il direttore artistico Paolo Arcà quest'estate se n'era andato dal Teatro del Maggio Musicale Fiorentino in sordina, non così Piero Monti, faentino ma diplomato al "Cherubini" di Firenze, dal 2004 alla guida del coro del Maggio. Lui se ne va sbattendo la porta, ossia con esternazioni quantomeno vivaci sulla stampa fiorentina, dopo l'ultima replica della Turandot al Nuovo Teatro dell'Opera (il 4), recita in cui il coro ha fatto l'eccellente figura di sempre. Motivo contingente, l'impossibilità di avere un colloquio, all'avvicinarsi oramai prossimo della scadenza del suo contratto, con la sovrintendente Francesca Colombo, che invece in un comunicato stampa afferma di non aver mai ricevuto richieste così formulate, che aspettava di definire la questione dopo che sulla Turandot fosse calato definitivamente il sipario, e che si metterà subito all'opera «per garantire al nostro Teatro un Maestro del Coro che si senta parte della squadra e del progetto ambizioso artistico e gestionale, che stiamo portando avanti tutti insieme». Anche se a questo punto non è ben chiaro chi sia questo "tutti insieme", e nemmeno, in mancanza di un direttore artistico (carica assunta ad interim dalla stessa Colombo nel corso di uno degli ultimi c.d.a.), chi potrà essere ad affiancarla in una scelta così delicata. Monti ha apertamente dichiarato sfiducia circa l'immediato futuro della Fondazione, in particolare circa la sostenibilità ed effettiva fattibilità del brillante programma 2013 da poco annunciato. «Il motivo vero - ci racconta - è che non approvo le linee della dirigenza. Una dirigenza che avesse veramente avuto voglia di confrontarsi con le masse artistiche ci avrebbe evitato l'umiliazione della cassa integrazione e avrebbe preso atto con gioia della piena disponibilità a produrre di più a costi invariati [come riferito dal GdM a proposito dello sciopero dell'orchestra per l'Anna Bolena a marzo], e soprattutto bisognerebbe essere capaci di farsi consigliare da chi ne sa di più sul funzionamento di un teatro. La spesa artistica è più che dimezzata, il clima tra chi suona e canta non è sereno, cerchiamo di tenere duro sulla qualità, ma fino a quando potremo farlo ? e ora mi vengono in mente tutte le cose belle a cui ho potuto partecipare in questi anni, cose come l'Elias di Mendelssohn con Ozawa, il War Requiem di Britten con Bychkov, che è stata un'esperienza quasi mistica, l'Oratorio di Natale di Bach con Chailly, tutti i concerti con Muti, il lavoro con Mehta fino a questa Turandot"» Ma come, già rimpiange Firenze ? «No, ma è per questo, per non dover inseguire a fatica un livello come questo, che ricomincerò da zero, dalla formazione di una realtà corale nuova, una scuola tutta mia. Fuori d'Italia».
Elisabetta Torselli
Elisabetta Torselli
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