Ze in the Clouds, il piano (tutto) contemporaneo

Oportet 475 di Ze in the Clouds tra piano jazz, suggestioni classiche ed elettronica

ze in the clouds
Disco
jazz
Ze in the Clouds
Oportet 475
Tûk Music
2023

Scriveva tempo fa un affidabile musicologo che quando una persona non particolarmente attrezzata nelle faccende tecniche della musica, un ascoltatore “medio”, insomma, (ammesso che tale media si possa trovare, in questi tempi liquidi di attenzione misurabile in manciate di secondi) si imbatte in note “inaudite”, non si meraviglia tanto per quello che ascolta – e che, nel sentire comune, può provocare un'immediata crisi di rigetto – ma per quello che non ritrova nella musica.

In altre parole, l’appiglio che garantisce riconoscibilità e che in qualche misura riconduca a una comfort zone acustica può consentire di far ascoltare a chiunque quasi qualsiasi cosa. Un gran bel lavoro discografico appena uscito potrebbe essere il perfetto test record per verificare la validità dell'assunto prima esposto.

Titolare del disco è Ze in the Clouds, nome d'arte per Giuseppe Vitale, giovane pianista lombardo cresciuto in ambito jazz, già fattosi notare con Magical, un lavoro di grande vitalità perfettamente riconducibile al panorama dell'hip hop più sperimentale, al funk ben assimilato e poi destrutturato, al cosmic jazz.

Sono elementi tutti che ritornano in Oportet 475, ma qui la proliferazione delle fonti, il ricondurre il tutto a un unico universo espressivo che è letteralmente costruito sull’incontro e lo scontro, l'incastro e il rigetto di frammenti sonori in un continuum tanto fascinoso quanto imprendibile è totale.

L'oportet del titolo (“è necessario", in latino) rimanda al quarto movimento dell’opera 135 in fa maggiore di Beethoven, ed è un’annotazione dello stesso compositore a proposito del problema delle scelte, nella vita, la “decisione difficile” messa in esergo sul movimento conclusivo. Qualcosa affiora, di quell’opera estrema, ma in un universo che riesce a essere irenico e terragno assieme, sfuggente e presente, come in "La Maison de l'enfant en fleur", dove i fondali d'archi svaporano in solitari, poetici grappoli di note in legato che sembrano evocare una sorridente figura di Joe Zawinul dalle nuvole. O la volatilità gioiosa dei flussi di note di Su Ra quando giocava con le sue tastierine.

Su "Pianosolo veloce" sembra di assistere a una prova di riscaldamento di un Bud Powell etilico alle prese con uno spartito di Bach, "Before the Tulips Die" è una ballad con la grazia estenuata e commovente di un Robert Wyatt che ripassi i Beatles.

E su "Fame Usque Mortem" intervengono, da par loro, Paolo Fresu con tromba ed effetti elettronici e Uri Caine al Fender Rhodes. "Revenge Bloom" è un gioco di contrappunto su tastiera elettronica che sembra uscito da Jazz From Hell di Frank Zappa.

Se l’ascoltatore medio parte proprio dall'inizio, sappia che troverà il flusso classico brutalmente scheggiato e bloccato da glitch impertinenti, e la batteria magnificamente sfasata di Edoardo Battaglia a complicare il tutto.

Resta da dire di chi ancora interviene, in Oportet 475, a partire dalla sodale LNDFK, aka Linda Feki, abile produttrice e giramanopole, Francesco Fabiani alla chitarra, Gianluca Pellerito alla batteria in "Revenge Bloom".

Un disco coraggioso, spazzante e bellissimo, che veramente fa “dialogare le dimensioni del tempo come se tutto fosse contemporaneo”, nelle parole di Andrea Rodini.

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