Terje Rypdal e il fantasma di Hendrix

Conspiracy è il nuovo, splendido disco del settantreenne chitarrista norvegese

Terje Rypdal
Terje Rypdal (foto di Roberto Masotti)
Disco
jazz
Terje Rypdal
Conspiracy
ECM
2020

"As If The Ghost... Was Me?" – Come se fossi io, il fantasma? – si chiede il magnifico chitarrista norvegese Terje Rypdal nel primo brano di questo suo nuovo, ennesimo cd, che lo vede attestato, anagraficamente, su settantatré anni, e discograficamente su una produzione che si misura e si distende su cinque decenni esatti.

Oggi se ci sono David Torn, Bill Frisell e Aarset, a guidare le fila di generazioni che si susseguono di chitarristi visionari, è perché prima c'è stato Rypdal. Uomo senza confini nella musica da prima che si cominciasse a discuterne, dei confini fra le note. E ricordiamoci sempre che il sublime Don Cherry, uno che di meticciato musicale se ne intendeva, anch'egli in strepitoso anticipo sui tempi, una volta disse che le persone, quando credono troppo ai confini finiscono per diventarne parte .

Lui no. Musicista di grande nobiltà e intensa sprezzatura per chi mette sul bilancino le percentuali di “jazzità” di un brano, i carichi di wattaggio troppo rockettari, un sospetto sentimentalismo se una linea suona troppo melodica, le dissonanze sferzanti che potrebbero disturbare le orecchie ammodo. Lui ha già messo in conto tutto, e forse il senso di una vita musicale, se non è troppo ardire, lo andremmo a ritrovare proprio in quel titolo apparentemente così semplice. Potrebbe voler dire molto, nell'anno domini 2020, dunque a cinquant'anni esatti dalla dipartita da questo pianeta di Sua Elettricità Chitarristica Jimi Hendrix, (e Rypdal ne è ben conscio,) per chi ne ha seguito le orme sulle stesse piste che stavano conducendo verso musiche senza più alcun passaporto.

Potrebbe voler significare che lo spettro che si aggira per il pianeta è l'Hendrix che continua a vivere in musicisti come Rypdal. Il gioco alla citazione potrebbe continuare: perché quel brano iniziale, avvolto nelle brume elettriche, ad ascoltarlo bene cripta parte della linea melodica di C'era una volta il West, e il successivo, siderale "What Was I Thinking" (altro titolo spia: A cosa stavo pensando?) nasconde un frammento dell'hendrixiana versione dell'inno americano, "The Stars Splanged Banner". O almeno, così sembra di ascoltare.

È un gioco di specchi e di suoni di maestosa potenza, questo disco. Che apre le sferze elettriche più piene sul brano che intitola, Conspiracy, con evidente ma criptato richiamo alla Mahavishnu Orchestra che fu, e poi regala una delle più belle ballad ascoltate nell'ultimo decennio, "By His Lonesome". Ståle Storoløken alle tastiere, Endre Hareide Hallre ai bassi elettrici, Påle Thowsen alla batteria sono i degni e coraggiosi compagni d'avventura.

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