Snarky Puppy, fusion e migrazione
Immigrance è il nuovo album del collettivo Snarky Puppy di Michael League, che sta ridefinendo negli ultimi anni le traiettorie del jazz
Nuova attesa fatica discografica per gli Snarky Puppy, sofisticato, stabile e nutrito collettivo (venticinque i suoi componenti), di origini texane e di stanza a Brooklyn, che negli ultimi anni sta come riplasmando la composita screziata matrice di elementi, dalla quale più di un secolo fa ha preso avvio l’avventura del jazz.
Anche perché, in fondo, a dirla in modo molto sbrigativo e fin troppo lineare, la storia del jazz – quella ormai da tempo fissata sui libri di storia – è al capitolo della fusion music (dopo quello della ri-articolazione post moderna, da una parte, e del primo jazz elettrico, dall’altra) che si era sostanzialmente fermata; fatte salve poi tutte le successive sperimentali aperture tecnologiche, le molteplici “derive” etniche (magari legate anche a nuove forme di urban folk), contaminazioni world, oppure ulteriori riepilogative retro avanguardie, che negli ultimi anni hanno senz’altro portato avanti il discorso.
Quella degli Snarky Puppy è una musica ampiamente orchestrale, quasi sinfonica, oltremodo composita, di nuova e vivace concezione fusion (appunto) – elegante, felpato, spettacolare, giocoso il tripudio di tastiere, chitarre, fiati, ritmiche, con ben tre batteristi in azione – e sempre armoniosamente sospesa, per usare una definizione forse riduttiva, tra jazz, funk e sincopato r&b.
Un’idea di composizione innovativa, la loro, votata a una funambolica, audace e fluida fusione di molteplici elementi (jazz, elettricità, rock, “educati” tribalismi, white and black tinge, qui persino musica turca e marocchina, in specie gnawa), capace di situare il pirotecnico ensemble al perfetto punto di congiunzione tra una composta fusion band di più classica impostazione e una digressiva vorticosa jamming band di ultima generazione.
Quest’ultimo Immigrance è dedicato alla valorizzazione e alla difesa del movimento (oggi in buona parte negato), perché come spiega il “band leader”, il bassista e produttore Michael League: «ogni cosa è fluida, ogni cosa è sempre in movimento, noi tutti siamo in un costante stato di immigrazione».
Un album di liquido ed elettrico jazz progressivo, si potrebbe dire, che più in generale vuole presentarsi come un sentito e profondo invito alla collaborazione, alla mutua cooperazione tra le persone, alla messa in comune di tutte le svariate provenienze e culture, attraverso un sempre più integrato, arricchente e sinergico scambio (da ricercare, non da temere). Notevole.