New Grass, un Ayler da rivalutare

La Third Man pubblica la ristampa di New Grass, album R&B di Albert Ayler che fu stroncato all'uscita: è tempo di riscoprirlo

Albert Ayler New Grass
Disco
jazz
Albert Ayler
New Grass
Third Man
2020

Quando, nel 1969, la Impulse! pubblica New Grass, per i fan più intransigenti di Albert Ayler è una brutta botta.

Se è infatti vero che l’urlo sassofonistico del musicista di Cleveland ha sempre portato con sé, anche nei momenti più furiosi e sperimentali, una profonda soulfulness, trovarsi di fronte a un disco che si avvicina marcatamente a linguaggi più commerciali, come l’R&B, è un tradimento che molti adepti faticano a digerire.

Lo stesso Ayler ne è consapevole, tanto da aprire il disco con una vera e propria “dichiarazione di intenti”: "Message from Albert/New Grass” incomincia con l’abituale, squittente e convulso, fraseggiare del sax tenore, raggiunto dal basso elettrico per un intreccio che apre alla voce dello stesso Ayler che racconta di come questa musica sia un dono di Dio e come il disco sia un’ulteriore evoluzione del proprio suono, mentre «la musica del passato so di averla suonata in un luogo e un tempo diverso».

«La musica del passato so di averla suonata in un luogo e un tempo diverso».

Detto fatto: “New Generation” parte come una scheggia R&B, con i suoi riff, i fiati che rispondono, la batteria di Bernard "Pretty" Purdie (uno che aveva già in saccoccia le collaborazioni con Wilson Pickett, King Curtis e Nina Simone e che diventerà il batterista funk per eccellenza) a spingere il groove, i coretti di Mary Maria Parks e Rose Marie McCoy. L’organo di Call Cobbs annuncia ieraticamente “Sun Watcher”, con Ayler che si muove con la consueta modalità da predicatore, ma il groove parte subito come un treno e il nostro a muoversi sulle triadi, deformandole e vocalizzandole, ma rimanendo comunque dentro quella cantabilità primigenia che già era una caratteristica di molti suoi classici.

Insomma benvenuti nel mondo di New Grass, che torna disponibile in vinile grazie alla ristampa della Third Man.

Ci ritroverete un cavallo di battaglia come “Ghosts”, qui ribattezzata “New Ghosts” e lanciata come un petardo elettrico nel bel mezzo della cerimonia di un predicatore in estasi, per poi scivolare lisci lungo tutta l’ultima parte del secondo lato con una “Heart Love” che profuma di anni Cinquanta, una “Everybody’s Moving” dopata dall’arrangiamento contagioso dei fiati da parte di Bert De Coteaux e una “Free At Last!” che illude nel titolo i puristi e invece coinvolge in una danza gioiosa da basement party.

Non solo i fan ci restano interdetti, ma anche la critica (una critica, lo ricordiamo, che aveva costretto due giganti come Coltrane e Dolphy a spiegare in prima persona la propria musica, frettolosamente bollata come anti-jazz) liquida come operazioni “commerciali” questo e il successivo Music Is The Healing Force Of The Universe

Che poi la svolta abbia portato, solo per restare in casa Impulse!, a vendite comunque inferiori a quelle di un Pharoah Sanders o di una Alice Coltrane, per non dire di un John Coltrane, è solo un dettaglio che si aggiunge al fatto che Ayler – che morirà misteriosamente e tragicamente nelle acque dell’East River newyorkese -–con ogni probabilità non ha mai avuto intenzioni furbesche.

Certo il desiderio di comunicare è sempre stato evidente nella sua musica, anche la più apparentemente ostica: Ayler è musicista che nell’R&B nasce (negli anni Cinquanta suonava con il bluesman Little Walter) e, forse inconsapevolmente, nell’R&B muore, ma non credo ci sia bisogno di strumenti musicologici e culturali afroamericani molto evoluti per “sentire” come l’urlo di “Sun Watcher” e quello dei dischi ESP siano due espressioni coerenti dello stesso artista.

Sono i mesi in cui MIles Davis inizia a esplorare il mondo elettrico, sono anni in cui Archie Shepp si bagna allo stesso R&B (provate “Stick ‘Em Up” da For Losers, per non parlare del più tardo Attica Blues solo per dirne un paio) e, insomma, se un po’ avete in mente il continuum della musica black degli ultimi decenni, dagli esordi del World Saxophone Quartet a Kendrick Lamar, non solo il disco non vi sembrerà scandaloso, ma anche piuttosto appetitoso.

Perché forse non sarà un capolavoro, ma ancora oggi New Grass è un disco che, quando lo mettete sul piatto, vi farà ballare, sorridere, urlare, vi riempirà di energia e di quell’amore divino che, al netto delle ingenuità, continua a brillare nei migliori artisti “New thing” del periodo. In Ayler in modo assoluto.

Ristampa essenziale!

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