La Corea di ECM
Near East Quartet è il debutto, per ECM, del quartetto del sassofonista Sungjae Son
Dovremmo smetterla di guardare esclusivamente verso ovest, lo diciamo da tempo, ma “niente paura”, le circostanze ce lo imporranno sempre più (l’estremo oriente ormai non è più così lontano e imponderabile, né tantomeno selvaggio oppure arretrato, ci mancherebbe).
A ricordarcelo ancora una volta è questo nuovo brillante quartetto coreano, per la verità sulle scene già da qualche tempo, e in realtà con lo sguardo anch’esso rivolto a ovest (o ad est: dipende dai punti di vista), date le familiari atmosfere nordiche, espressione ovviamente degli storici sviluppi del linguaggio jazzistico, orchestrate dalla sua musica affascinante e magnetica.
Una formazione guidata dal talentuoso fiatista e compositore Sungjae Son (sax tenore, clarinetto basso), coadiuvato dall’ottimo chitarrista elettrico Suwuk Chung, il cui suggestivo jazz rock boreale d’atmosfera, in questo primo lavoro per la specializzata etichetta tedesca, si relaziona intelligentemente, grazie all’esile ed incantevole voce di Yulhee Kim e all’effervescente creatività del batterista/percussionista Soojin Suh, con le forme, gli stilemi e le tecniche del pansori (letteralmente, il suono nel luogo in cui molti si riuniscono), tradizionale genere coreano di poetica narrazione in musica.
Una pratica, il pansori, che usualmente si avvale del canto ipnotico e catartico di una delicata e portante voce femminile, accompagnata dai ritmi di un percussionista. Una tradizione, nata nel Seicento, probabilmente in ambito sciamanico e popolare, e poi sviluppatasi per intrattenere le classi colte, abbienti e privilegiate. Un genere musicale che ha avuto nell’Ottocento il suo momento di massimo splendore, salvo poi essere dimenticato, prima di un suo più recente e istituzionale recupero, con l’arrivo dei giapponesi (in un primo momento) e della successiva e industriale modernizzazione del paese (poi).
Near East Quartet è stato interamente registrato a Seoul (e in seguito mixato in Francia, negli Studi La Buissonne), ed è costituito da cinque affascinanti composizioni originali di Sungjae (in stile, ma non in stile), corredate da tre traditional opportunamente riveduti in chiave “contemporanea”. Un bell’esempio di come l’inclusivo, aperto e sperimentale modus operandi del jazz, sorta di world music ante litteram fin dal principio (perché centrifugata congerie di elementi fusi in un’irrequieta e sempre malleabile matrice sonora, specie di nuovo ordinato – ? – cosmo, della quale occorre tramandare l’approccio, non le consolidate forme e gli storicizzati stili) possa fruttuosamente interfacciarsi (come avviene da più di mezzo secolo) con le più disparate tradizioni musicali del mondo, restituendo senso e vitalità all’una e all’altra operazione. Da non perdere.