Franco D'Andrea, l'archeologo sul lettino di Freud

A Light Day, doppio cd in piano solo per Parco della Musica Records esalta il lungo percorso creativo di Franco D'Andrea

Franco D'andrea - Piano solo - A light day
Disco
jazz
Franco D'Andrea
A Light Day
Parco della Musica Records
2019

Non certo a caso nel 1980 Franco D’Andrea registra due album in piano solo, presso il mitico Studio Barigozzi di Milano, usando nei titoli due categorie psicoanalitiche come Es e Super-Ego.

Franco d'andrea - Superego - piano solo

É un momento complicato per D'Andrea, viene dall’esperienza del Perigeo nella quale per sei anni non ha praticamente mai suonato il pianoforte ma le tastiere per evidenti necessità di sound. Il pianista meranese usa queste due registrazioni, gli ottantotto tasti, come il lettino dello psicanalista; deve scavare dentro di sé, trovare la strada giusta, equilibrare le pulsioni creative nel rapporto dinamico con la tradizione della quale è sempre stato testimone sopraffino, lontano da ogni revivalismo.

Il risultato è straordinario, come evidenza anche Maurizio Franco nel booklet di presentazione del box Franco D’Andrea Special Edition del 1996 per Red Records: «Sono due pietre miliari del piano jazz contemporaneo: in esse si recuperano una concezione orchestrale della tastiera, una autonomia di linguaggio che non è facile riscontrare tra i pianisti moderni».

Non si può non tornare a quelle pietre miliari ascoltando il recente A Light Day (Parco della Musica Records). Due cd, due momenti di una giornata, due suite, “Morning Suite” e “Afternoon Suite”. Più introspettiva la prima, più agile la seconda. Ma i quarant’anni di distanza si sentono: oggi Franco D’Andrea non prende le mosse da una crisi, oggi può attingere a una tale ricchezza di materiali sviluppati, sperimentati, condivisi in formazioni diverse e numericamente variabili che gli permettono di lavorare in un infinito laboratorio, approfondendo senza mai ripetersi. Come un archeologo, il pianista cerca e trova nell’energia vitale della tradizione, negli incroci polifonici delle origini, elementi, tracce, pietre preziose che poi fa brillare di luce nuova estraendone il significato più profondo. Nel piano solo probabilmente questa strada risulta più leggibile e avvincente perché D’Andrea ha nelle sue mani e solo nelle sue mani la strategia espressiva, architettonica della musica, non deve condividerla, mediarla, se non con se stesso, con le sue visioni e le sue memorie. 

A Light Day è un nuovo esaltante momento di autoanalisi. Come in uno scrigno, nel pianoforte-orchestra di Franco D'Andrea convivono la struttura bandistica dello stile New Orleans, dinamiche armoniche, melodiche e ritmiche, cromatismi e break, richiami stride, esotismi jungle, l’improvvisazione; D’Andrea diluisce questi elementi nelle proprie composizioni incastrando irrinunciabili classici. Il confine risulta quasi impalpabile. La sua modernità sta nella capacità del musicista di estrarre da questi elementi primigeni la filosofia, l’essenza, liberandoli da strutture, gabbie oramai ampiamente usurate. L’incontro poi con la sua genialità compositiva, elaborativa, fa il resto. Se le registrazioni solitarie degli anni Ottanta ci sorpresero, ci svelarono le introspezioni di un artista che cercava se stesso, oggi A Light Day ci regala la statura complessa, ma leggera e vitalissima, di un inarrivabile ricercatore, di un musicista da anni al centro del pianismo jazz europeo.  

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