Anteloper, delfini rosa jazz punk e psichedelia
Pink Dolphins conferma il talento del duo Anteloper
Jaimie Branch e Jason Nazary hanno entrambi suonato per anni jazz tagliente e provocatorio prima di unire le forze come Anteloper, per portare le loro notevoli capacità improvvisative in altre forme musicali più contemporanee. Come spiega Branch, una che per parecchi anni ha iniettato energia punk nella scena della musica improvvisata, «noi siamo prima di tutto improvvisatori e portiamo "moment music" in altre zone, dall’hip hop alla musica elettronica, dalla drum machine music alla cultura dei sound-system…».
Così quando questi due compagni di corso al conservatorio quattro anni fa esordirono con Kudu, si diedero un obiettivo che sfruttasse al meglio i loro punti di forza, qualcosa che andasse oltre al lavoro solista della trombettista Branch e alla più conosciuta band Little Women del batterista Nazary. Il disco Pink Dolphins, pubblicato dall’etichetta International Anthem (di cui ho scritto recentemente a proposito del bel disco di Daniel Villareal) è il secondo capitolo del loro progetto collaborativo nonché la prosecuzione del loro tentativo di portare un alto livello di allucinazione all’interno della musica improvvisata.
Ero davvero curioso di ascoltare questo disco dopo la partecipazione del duo al festival torinese Jazz Is Dead, di cui abbiamo scritto qui: al giudizio di Jacopo Tomatis aggiungo solo che in un anno in cui, per vari motivi che non sto a elencare, ho potuto vedere pochi concerti, il loro è stato senz’altro il migliore, riuscendo a creare un’atmosfera onirica che univa il Fellini de La Strada e la psichedelia – vedremo più avanti quale – sorretta da una musica in larga parte ancora sconosciuta in quanto compresa nel disco in uscita di lì a poco.
Per chi c’era e, a maggior ragione, per chi non c’era, ecco la registrazione video dell’intero set di quella sera.
«Entrambi veniamo fuori dal punk!» dice Jaimie Branch di sé stessa e di Jason Nazary nelle note che accompagnano Pink Dolphins, un’affermazione che generalmente non associamo a una trombettista free jazz e a un batterista mago di componenti elettronici, ma effettivamente è impossibile non accorgersi dello spirito punk di quest’album, quel senso di crudezza che mi ricorda, con tutte le differenze del caso, i Rip, Rig + Panic.
Prendiamo “Baby Bota Halloceanation”, il brano più corto della raccolta: la tromba, la batteria e il basso e le tastiere del produttore e musicista ospite Jeff Parker, tra le altre cose membro dei Tortoise, sgocciolano con un riverbero bizzarro, rafforzando la sensazione di aggressione: il risultato è come una chitarra rock al massimo del volume, con la tromba di Jaimie che arriva dritta in faccia e i piatti arrabbiati di Jason che costruiscono margini affilati e taglienti, mentre il contributo di Parker rimane sottile, creando però un sottostante senso di minaccia.
Prima ho citato il termine “psichedelia”: bene, è senz’altro appropriato per questo brano ma non pensate all’utopia colorata dei Grateful Dead quanto piuttosto ai labirinti oscuri dell’iniziale periodo fusion di Miles Davis.
Entrambi i musicisti considerano il Miles elettrico un punto di riferimento della loro musica, insieme all’elettronica contemporanea e all’hip hop: a questo proposito, spero che prima o poi un rapper si accorga che la seconda parte di “Earthlings”, quella strumentale, sarebbe perfetta come base.
Come sottolinea il giornalista Michael J. West, nessuno si sarebbe sognato di chiamare “punk” Miles Davis, ma il suo disinteresse per le convenzioni e la sua inclinazione ad alienarsi le simpatie dei suoi discepoli più devoti rendono il paragone difficile da evitare. Anteloper riesce a incanalarne la vibrazione anche in altri aspetti, come l’uso di elementi di musica africana che qui si manifesta nella mbira suonata dal percussionista Chad Taylor nel brano “Delfin Rosado”, titolo che, come quello dell’intera raccolta, deriva dall’eredità colombiana da parte di madre della Branch: a quanto pare i delfini rosa vivono in Amazzonia in acque molto diverse tra di loro e per Branch tutto ciò riflette la musica del duo.
La già citata “Earthlings” non solo è la vetta del disco ma anche una delle migliori canzoni ascoltate quest’anno: a memoria direi che è la prima volta che Jaimie Branch si cimenta col canto in un brano targato Anteloper, mentre da solista l’aveva già fatto nell’ottimo disco del 2019 Fly or Die II: Bird Dogs of Paradise. La produzione di Parker crea un potente paesaggio sonoro al servizio della voce bluesy di Branch, con squarci di tromba e schemi ritmici fantasiosi.
Gli altri due brani che completano il disco sono l’iniziale “Inia”, con una prima parte elettronica che vede un gran lavoro percussivo di Nazary improvvisamente lacerata dall’ingresso della tromba impazzita di Branch, e il conclusivo “One Living Genus”, quindici minuti di elettronica e percussioni con la tromba grintosa di Branch che negli ultimi cinque suona su una specie di drone elettronico.
Cito ancora le note di copertina che definiscono la musica di Anteloper “pesante, diretta, intollerante e maleducata”: non posso che essere d’accordo e aggiungo che questi aggettivi sono altrettante qualità di uno dei migliori dischi del primo semestre del 2022.
«Fui entusiasta fin da subito…Anteloper ha un suono e una chimica davvero unici, e adoro lo spirito che sta dietro a tutto ciò che i due fanno» - Jeff Parker