Tidbeats, le leccornie della Cinevox

Una raccolta apre l'archivio della Cinevox Records, con inediti di Umiliani, Piccioni, Gaslini... L'intervista a Franco Bixio

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La locandina di Nell'anno del Signore
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Un ragionamento si impone subito, e approda a conclusioni per certi versi sorprendenti: quando, nel 1927, Al Jolson in The Jazz Singer per la prima volta fece provare agli spettatori di una sala cinematografica il brivido della sincronizzazione tra una bocca che si muoveva sullo schermo e il profilo melodico che arrivava alle orecchie in sala, a tutto avrebbe pensato piuttosto che all’imminente e futura evoluzione di quell’innesco, la “colonna sonora”.

Che andiamo subito a precisare: da quasi cent’anni esiste il mestiere (e il mercato, ovviamente) delle colonne sonore. Una “colonna sonora”, come dice il nome, è un elemento essenziale di un film, di un cortometraggio, di un cartoon: ma, di per sé, sarebbe pur sempre “musica funzionale”. Cioè legata a un’occasione speicifica, e finita lì la storia. Invece è andata a finire che tale “musica funzionale” ha di per sé acquistato nei decenni status di bella musica di per sé, magari scelta e ascoltata al di là di ogni contesto “filmico” proprio per certe proprie caratteristiche tecnico- espressive, originariamente concepite per sottolineare, enfatizzare, accompagnare movimenti della macchina da presa, o comunque precise idee registiche e di sceneggiatura.

Il fenomeno ha avuto una clamorosa moltiplicazione negli ultimi tre decenni, da quando cioè il concetto “retromaniaco” e post moderno del recupero di ogni fonte sonora come piacere di per sé ha portato alla riscoperta di un immenso patrimonio di colonne sonore d’autore da riascoltare con attenzione; a caccia di chicche musicali, o, più probabilmente, di “atmosfere” musicali che mettono assieme ricerca e nostalgia, sperimentazione e cliché sonori, quelli che scandiscono il costume e il consumo di un’epoca.

Il preambolo era necessario per introdurre un’uscita discografica importante e curiosa al contempo, che farà la gioia di chi insegue passioni musicali e cinematografiche assieme. Si intitola Tidbeats, scoperto gioco di parole tra “leccornie” e “battute musicali ”, ed esce in occasione dei cento anni del gruppo editoriale Bixio, a cura di Cinevox Records, con distribuzione Btf. 

Box da due cd, o quattro LP (anche in vinile arancio) con più di centocinquanta tracce originali e inedite, a tutt’oggi, tratte dalle colonne sonore degli anni Sessanta e Settanta di Stelvio Cipriani, Piero Piccioni, Piero Umiliani, Armando Trovajoli, Riz Ortolani, Carlo Rustichelli, Gianni Ferrio, Giorgio Gaslini, per fare i nmoi più rilevanti.

Nel complesso oltre due ore di musica da ri-scoprire, rintracciata, restaurata e rimessa assieme da Alessio Santoni, in un anno di “clausura” tra gli scaffali della Cinevox e le sale d’incisione della Trafalgar Records, e prodotta da Carlo Bagnolo.

C’è di più. Santoni ha lavorato a una sorta di opera “ricucitura” su base ritmica e tonale di temi, varianti, stacchi, intermezzi: ricomposti come se fossero tessere di un unico arazzo che, tutto assieme, restituisce molto del profumo di un sogno “popular” da gustare in sequenza, come se si trattasse di un’unica colonna sonora, il distillato di due decenni di suoni. E con l’impressione che questo passato prossimo sia ancora attorno a noi: tant’è che, saggiamente, sono state salvate le voci dei compositori, fissate sui nastri dei registratori Studer tra un brano e l’altro, che forniscono indicazioni ai musicisti per film come La Stanza del vescovo, Satyricon, Nell’anno del Signore, Febbre da Cavallo.

tidbeats

Ne abbiamo parlato con Franco Bixio. Cominciando col chiedergli, cent'anni dopo la fondazione del gruppo, e in base alla sua esperienza, come immagina che si muoverà il mercato editoriale musicale nei prossimi decenni

«Era il lontano 1920 quando mio padre, Cesare Andrea Bixio, fondò a Milano la prima casa editrice di musica popolare, o leggera come sarà poi chiamata. La sede si trovava in Galleria del Corso. Successivamente molti altri editori impiantarono il loro quartier generale sotto la Galleria che divenne così il luogo a Milano più frequentato da autori, compositori, disegnatori. Il “business model” di allora si sviluppava intorno a mio padre e un gruppo di giovani autori che ideavano canzoni per ballare, canzoni per le grandi voci, per i teatri, per i café chantant e, dopo qualche tempo, per la radio. La diffusione avveniva grazie alla stampa di spartiti o delle “copielle”, spartiti semplificati con linea melodica, accordi e il testi. Come poi avvenne per i dischi, le copertine di questi spartiti avevano un ruolo promozionale importantissimo, dovevano infatti “raccontare” nell’illustrazione il senso della canzone, la sua storia, l’ambientazione. I grandi successi vendevano milioni di spartiti e questo permetteva di mantenere viva la catena produttiva».

«Nel 1930, dopo la radio, un’altra innovazione aprì nuovi orizzonti alla musica. Il sonoro rivoluzionò il cinema. Fu un evento straordinario che offrì grandi opportunità ai compositori. Mio padre fu l’autore, oltre che l’editore, delle musiche del primo film sonoro italiano, La canzone dell’amore e da allora la musica da film è divenuta il “core business” della nostra casa editrice».

«Mio padre fu l’autore, oltre che l’editore, delle musiche del primo film sonoro italiano, La canzone dell’amore e da allora la musica da film è divenuta il “core business” della nostra casa editrice».

«È necessario ora un salto al 1960 con la nascita in Casa Bixio della Cinevox Record, la casa discografica dedicata alle colonne sonore. Con la Cinevox il nostro “business model” si rinnova ma molti elementi restano simili, come per esempio la cura nel preparare le copertine dei 33 giri prima, e dei CD dagli anni Ottanta. Arriva infine l’era digitale e con essa una rivoluzione che ha in parte destabilizzato modelli consolidati, ma ha aperto a una visione più ampia del nostro status di editori. Abbiamo dovuto capire i nuovi formati, le nuove modalità di fruizione della musica, abbiamo soprattutto dovuto assorbire la fine del mercato del prodotto fisico, la diffusissima pirateria nel web e riscrivere il modo di fare gli editori».

«E per il futuro ci dobbiamo preparare a conoscere sempre meglio le molteplici possibilità di promozione e vendita che internet ci offrirà, dovremo curare il rapporto con “l’utente” mutandolo in un rapporto con la “persona”, dovremo produrre contenuti che non siano solo musicali, dovremo saper catturare le immagini che il mondo ci regala ogni giorno e saperle coniugare per entrare maggiormente in sintonia con le persone stimolandone i sensi. Queste, per chi come noi vive e lavora nel mondo della musica per le immagini sono le strade che potremo percorrere per dare un senso ai nostri primi cent’anni di storia lanciandoci verso il futuro. Dovremo sempre più innescare un meccanismo bilaterale che si alimenti nella conoscenza, nell’approfondimento e nella profilazione del nostro interlocutore cercando di tenere viva la sua curiosità.

tidbeats - Piero Umiliani

In Tidbeats si trovano oltre 150 brani inediti, mai ripubblicati. Pensa che l’operazione potrebbe avere un seguito, o si tratta di una scelta “una tantum”? Esiste altro materiale nei vostri archivi che potrebbe costituire un secondo volume? 

«A proposito della curiosità di cui parlavo prima, Tidbeats è l’espressione tangibile di questo processo e volendo, può non esserci fine nelle diverse coniugazioni del processo creativo. Comunque, visto l’interesse suscitato da questa edizione, stiamo pensando a cosa produrre nel futuro. Non si tratta, però, solo di avere ancora delle tracce inedite, ma del come si può articolare una diversa proposta, come si può sviluppare un nuovo progetto in base all’esperienza accumulata». 

Quale è il suo autore preferito, nel lotto di proposte di Tidbeats, e perché?

«È una domanda a cui non è semplice rispondere perché le musiche contenute in Tidbeats sono tratte soprattutto da colonne sonore di film degli anni Sessanta e Settanta. Quello fu il periodo forse più bello per genialità e ricerca musicale. Gli autori di allora erano tutti grandi compositori. In ogni colonna sonora cercavano di lasciare un segno musicale, un tema che il pubblico potesse ricordare, seguendo una drammaturgia che accompagnava con un racconto in musica ciò che le immagini raccontavano. Grazie a questo modo di lavorare, in sintonia con i registi, ci sono state consegnate pagine musicali importanti e ancora oggi questa modalità rimane la strada che porta al successo. Ma per non sottrarmi alla domanda mi piace ricordare tra gli autori presenti in Tidbeats il Maestro Piero Umiliani, non solo per la sua indubbia bravura ma anche per l’umanità della persona». 

Ha scoperto lei stesso qualcosa che non sapeva esistere, negli archivi? 

«Gli archivi del Gruppo Editoriale Bixio riservano continue sorprese. È capitato, ad esempio, di scoprire, nei nastri, canzoni interpretate da artisti celebri, anche internazionali. Si va da Abbe Lane a Mia Martini, da Mina a Grace Jones. La colonna sonora di Nell’anno del Signore, composta da Armando Trovajoli, ospita un breve frammento della voce di Fabrizio De Andrè. In 5 bambole per la luna d’agosto è presente un brano della band progressive rock Il balletto di bronzo, tanto raro quanto apprezzato dai cultori del genere. Grazie all’archivio cartaceo delle partiture, recentemente abbiamo riscoperto un vastissimo intero repertorio di inediti composti da mio padre o da altri autori suoi contemporanei». 

«La colonna sonora di Nell’anno del Signore, composta da Armando Trovajoli, ospita un breve frammento della voce di Fabrizio De Andrè».

Ha mai pensato a un’edizione “critica”, integrale delle musiche per film di un autore?

«Per prima cosa va considerato che i compositori sono molto spesso gelosi del proprio lavoro, delle proprie partiture. Anche nel repertorio affidato alle nostre edizioni non sono molti i casi in cui il compositore ha lasciato la partitura originale. Il lavoro era decisamente finalizzato alla registrazione della colonna sonora sia per la sincronizzazione con le immagini, sia per la successiva diffusione e promozione del disco per cui non si è pensato, colpevolmente, alla possibilità che altri esecutori potessero avere l’interesse di accedere all’opera. Solo in questi ultimi anni le orchestre hanno iniziato a chiedere le partiture per poter preparare concerti di musica da film. Così, come abbiamo aperto la nostra nastroteca per scovare gli inediti proposti in Tidbeats, nello stesso modo abbiamo deciso di aprire gli archivi cartacei in cui sono conservate alcune partiture e parti staccate delle colonne sonore da noi prodotte. Tra i progetti in cantiere, appunto, abbiamo deciso di restituire agli appassionati e cultori di musica per le immagini alcune partiture di grandissimo pregio. Quello potrà essere l’incipit per sviluppare, intorno alla scrittura di una partitura per un determinato film, un approfondimento sulle modalità espressive dell’autore cercando di espandere la conoscenza all’opera completa».

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