L'8 novembre (con repliche fino al 16), debutta al Teatro dell’Opera di Roma la penultima opera della stagione, la più gluckiana delle opere di Wolfgang Amadeus Mozart, ovvero Idomeneo, re di Creta. Opera inaugurale del Cuvelliés Theater di Monaco di Baviera (21 gennaio 1791). Nella versione romana è diretta da Michele Mariotti, con la regia di Robert Carsen. Il cast, tutto molto credibile anche per dato anagrafico nei ruoli, è di buon livello, e comprende Charles Workman (Idomeneo), Joel Prieto (Idamante), Rosa Feola (Ilia), Miah Persson (Elettra), Alessandro Luciano (Arbace), Oliver Johnston (Gran sacerdote) e Andrii Ganchuck (Una voce).
Idomeneo nostro contemporaneo
Abbiamo colto l'occasione per incontrare Robert Carsen, che ci ha parlato della sua idea di regia.
Qual è la sua interpretazione di questo Idomeneo? Parte dal libretto o dalla musica?
«Da tutti e due perché la musica non esiste senza il libretto e viceversa. E sapendo che i compositori cercavano un libretto che potesse stuzzicare la loro immaginazione e creare un universo, il libretto certamente è importante. Come è importante vedere che cosa il compositore ha creato basandosi sul libretto».
«La musica non esiste senza il libretto e viceversa».
«L’Idomeneo è molto particolare perché Mozart ha dato la sua risposta con uomini abbastanza giovani ma con una maturità di visione: la grandezza e la gravitas con cui ha sviluppato tutto questo universo del dopoguerra, ma un dopoguerra in cui la guerra è sempre molto presente perché ci sono i prigionieri, i sopravvissuti, quelli che pensano sempre a quelli che hanno perso nella guerra... La guerra è onnipresente in questa opera. Non è una mia invenzione! È nel libretto: Ilia che ricorda sempre i suoi cari, padre e fratelli, morti nella guerra. Nel terzo atto continua a parlare del “sangue dei suoi cari che fuma ancora”. Sono le sue parole! Tutto questo ci fa pensare che Idomeneo non sia affatto un divertimento ma un’opera seria che richiede una grande energia per essere allo stesso livello di quanto contiene il libretto».
I soggetti epici dell’antichità trattano temi etici: lealtà, morale, fedeltà… valori che spesso oggi non sono condivisi nella società contemporanea. Come si rende attuale un’opera che tratta queste tematiche?
«Non credo che siano tematiche meno applicabili oggi rispetto al 1791, quando fu composto Idomeneo. Al contrario penso che queste tematiche siano più di attualità oggi. Il problema oggi è che siamo inondati dalla televisione, da internet. Tutto è inflazionato. Diventa molto difficile per noi parlarne, far capire che stiamo parlando della vera sofferenza della gente. Questo perché i media hanno un’attenzione molto breve. Anche le più grandi tragedie si consumano in poche battute perché bisogna vendere i giornali. C’è sempre un’altra notizia: questo ci rende meno sensibili a queste tragedie».
«Credo che l’arte possa alzare la nostra soglia di sensibilità».
«Credo che l’arte possa alzare la nostra soglia di sensibilità. È possibile che dopo queste tre ore di musica di Mozart qualcuno esca da teatro e invii dei soldi a un’associazione che aiuti quelli meno fortunati di noi. Già questo basterebbe…».
Dunque l’opera come impegno sociale?
«Sì, certo!».
Noi giornalisti amiamo andar per categorie… Si potrebbe dire che la sua sia una terza via tra la messa in scena tradizionale e il Regietheater: cogliere l’attualità delle tematiche trattate nel libretto e portarle ai giorni nostri?
«Sì, ma io non penso alle classificazioni: non guardo a come sono posizionato in confronto agli altri. Il mio lavoro è istintivo e intuitivo. I just do it!, rifletto molto su come farlo ma non su che cosa rifletta il lavoro che faccio. Quello che è fantastico è che tutte queste opere abbiano esigenze diverse sia per l’epoca sia per il tema affrontato sia per la musica. Sono sempre alla ricerca del rinnovamento, ma non so se riesco a fare quello che credo di fare».
Perché ha voluto riprendere in mano Idomeneo?
«Scoprii quest'opera vent'anni fa, quando ero aiuto regista. Allora ero molto giovane ma avevo le stesse idee su come creare uno spettacolo, come reagire di fronte a un testo… Dunque ho voluto rifarlo. Non accade spesso, perché amo rifare una regia che ho già fatto. Ma Idomeneo è uno dei rari titoli che volvo assolutamente rifare».
«Idomeneo è uno dei rari titoli che volvo assolutamente rifare».
Perché non le piace rifare uno stesso titolo?
«Perché ho sempre bisogno di molto, molto tempo di riflessione. Ci sono delle opere – come Il flauto magico che avevo fatto ad Aix-en-Provence – che ho voluto rifare dopo vent'anni. Ariadne auf Naxos di Strauss é un altro caso, ma non mi succede spesso».
Qual è un’opera che non affronterebbe mai?
«Rossini é un mondo estraneo per me: un universo che non capisco molto. Per fare una regia devi amare la musica e capire il mondo teatrale. Rossini non mi emoziona molto: non lo capisco. Una sola volta ho fatto una sua opera, L’italiana in Algeri, ma ho deciso di non farne un’altra. Mi sono divertito molto ma mi è bastato!».
Invece che vorrebbe fare?
«The Rake’s Progress! È decisamente in cima alla mia lista, ma non devo più rispondere a questa domanda perché lo dico sempre ma non succede mai… un giorno spero che ci riuscirò! Il libretto di Auden é fantastico e la musica neoclassica è divina. Adoro Stravinskij».
«Non penso mai a una regia prima di farla. Non l’ho mai fatto».
E con quale chiave di lettura la vorrebbe fare?
«Non ne ho nessuna idea! Lo saprò solo quando sarà fissata data e teatro. Non penso mai a una regia prima di farla. Non l’ho mai fatto».