Christophe Rousset che festeggia i 30 anni di Las Talent Lyriques continua il suo percorso di riscoperta di un repertorio sconosciuto o poco frequentato del barocco. È la volta di Le Amazzoni nelle isole fortunate, dramma per musica (prologo e tre atti) su libretto di Francesco Maria Piccioli di Carlo Pallavicino che segnò un evento memorabile quel 11 novembre 1679 quando il procuratore Marco Contarini offrì una serata memorabile nella sua villa a Piazzola sul Brenta dove accorse tutta Venezia. Ora la si può ascoltare allo Schlossstheater del Neues Palais (25 e 26 giugno) dove lo propone il Musikfestspiele Potsdam Sanssouci.
Le Amazzoni nelle isole fortunate di Carlo Pallavicino, di che si tratta?
«Si parla della comunità delle Amazoni che vivono su un’isola dove si sono rifugiate perché sono state sconfitte. È il regno della femminilità. Una regina ed un gruppo di ragazze legate tra loro anche da amori saffici. Un sultano che vuole conquistare l’isola, prima invia un messaggero, poi l’isola viene conquistata. Le Amazzoni sono di nuovo battute. Lieto fine: sultano e regina convolano a nozze. Sulla base di questa trama fu intessuto uno spettacolo senza pari: cavalli in scena, battaglie, scenografie spettacolari…Lo spettacolo che ebbe un successo strepitoso».
Un soggetto laico per quale occasione?
«Una festa privata fatta nel teatro privato di Villa Contarini a Piazzola sul Brenta! Ci andò tutta Venezia. Anche l’Ambasciatore di Francia che ha narrato lo splendore della festa».
Il compositore, che fu molto apprezzato all’epoca, oggi è quasi dimenticato. Perché?
«La produzione operistica a Venezia dove, in ogni teatro, c’era una stagione con numerose opere, era estremamente ricca. Quando si parla di opera a Venezia, si pensa piuttosto a Cavalli che a Pallavicino. Anche Gian Domenico Freschi ha composto molto. Poi si va dritti all’inizio del ‘700 con la riforma dell’opera di Apostolo Zeno. Sicuramente Pallavicino è una figura importantissima di fine ‘600 di cui si conosce pochissimo».
Pallavicino è più radicato alla tradizione monteverdiana del Recitar cantando oppure si proietta sul ‘700?
«Piuttosto verso il ‘700. Ci sono naturalmente recitativi ma già si annuncia l’alternanza aria-recitativo, dove l’aria è ben definita da un ritornello strumentale oppure spesso dal basso continuo. Inoltre l’aria, che è in forma A B A, cioè da capo ma con una tessitura molto più fine. Però non è sviluppata come lo sarà un’aria di Vivaldi o di Händel. Le arie di Pallavicino sono molto fluide, vanno veloci come veloci sono i cambi di scena, e le scene, piuttosto brevi, sono numerose».
Dove è conservata la partitura?
«Come quasi tutto il repertorio dell’epoca, nel Fondo Contarini alla Biblioteca Marciana di Venezia».
Come è nata l’idea di proporla a Potsdam?
«Il tema del festival di questo anno è ‘l’isola’. Naturalmente ho proposto Alcina ma si voleva un titolo più sconosciuto. Si è anche pensato a L’Ile de Merlin di Gluck… poi, quando ho trovato questa opera con un libretto tanto divertente, ci siamo fermati. Anche perché, benché concepita per una fastosa messa in scena spettacolare, si può anche fare con una regia piuttosto leggera. E la cosa più bella è che sarà proposta nel Teatro di corte del Neues Palais di Potsdam, un teatro stupendo. Un po’ come a Versailles, un teatro di corte preservato. Bellissimo!»
Ci sarà un’incisione?
«No, è solo un primo passo. L’idea sarebbe una ripresa in un teatro con una vera messa in scena completa e non come nel festival che chiedeva una produzione leggera. Comunque è un primo passo, un banco di prova sia per l’orchestra, per vedere come funziona, sia per il pubblico, per vedere come reagisce».