Novara al centro del jazz europeo

La European Jazz Conference 2019, il principale appuntamento per il jazz in Europa, si terrà a Novara nel 2019: intervista a Corrado Beldì, direttore artistico di NovaraJazz

European Jazz Conference a Novara
Foto di Emanuele Meschini
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Sulla scena di un jazz italiano in grande fermento, che rinsalda i propri rapporti con le istituzioni, cerca di parlare con una voce sola e ambisce a ridurre la distanza dall’Europa, la notizia è di un certo peso: Novara ospiterà, nell’autunno del 2019, la sesta edizione della European Jazz Conference.

Si tratta del principale appuntamento annuale per quanti lavorano nel mondo del jazz (nel 2018 sarà a Lisbona), una grande fiera dedicata ai professionals – ma non solo. In Piemonte si attende anche un buon pubblico di appassionati, grazie al primo showcase del jazz italiano, che sarà parte della programmazione della European Jazz Conference novarese: un “festival” di concerti per far ascoltare agli operatori internazionali i migliori talenti del nostro paese.

La conferenza sarà co-organizzata da Europe Jazz Network (EJN) e NovaraJazz, con il supporto – fra gli altri – del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, della Regione Piemonte e del Comune di Novara. Abbiamo raggiunto Corrado Beldì, direttore artistico di NovaraJazz e fra le menti dietro a questo progetto, poche ore dopo la conferenza stampa di presentazione a Novara.

European Jazz Conference a Novara
La conferenza stampa di presentazione a Novara (foto di Emanuele Meschini)

Organizzare un evento di questa portata deve essere frutto di un lavoro lungo e impegnativo, per cui per prima cosa ti chiederei: come ci si è arrivati? 

«È un lavoro che ci impegnerà per i prossimi 15 mesi, certo, ma è anche la soddisfazione di portare Novara al centro del jazz europeo per qualche giorno. Fondamentale in questo quadro è stata la nostra iscrizione, qualche anno, fa allo Europe Jazz Network: respirare l’aria dei festival europei ci ha aiutato a capire che anche noi possiamo avere un ruolo importante, che sappiamo guardare all’Europa e dobbiamo costruire relazioni stabili, soprattutto con festival che hanno un’idea di programmazione affine alla nostra».

Quali sono stati gli step che avete intrapreso? Come si organizza un evento di questa portata in una città piccola come Novara?

«Abbiamo proposto la nostra candidatura e battuto con grande soddisfazione alcune capitali europee, con un progetto – credo – innovativo che unisce la musica alla valorizzazione di luoghi di interesse storico, architettonico e naturalistico, nello spirito con cui abbiamo costruito NovaraJazz in questi anni. Non da ultimo, è stata fondamentale l’idea di un’esperienza che amplifichi la musica anche attraverso le eccellenze enogastronomiche del territorio: il nostro riso, il gorgonzola, i vini dell’alto Piemonte, senza dimenticare il Biscottino di Novara, la birra artigianale dedicata NovaraJazz, fino all’utilizzo della bioplastica Mater-Bi inventata a Novara da Novamont».

«La soddisfazione di portare Novara al centro del jazz europeo per qualche giorno».

«Riusciremo a farlo anche grazie all’esperienza di NovaraJazz e della nostra associazione, che portiamo avanti insieme a Riccardo Cigolotti da 15 anni. L’esperienza specifica di Riccardo nell’organizzazione di eventi internazionali e padiglioni fieristici sarà fondamentale per coordinare una conference di respiro internazionale in modo professionale. E sarà anche una grande occasione per il nostro team di confrontarsi con un progetto internazionale: siamo una piccola realtà cresciuta con uno spirito volontaristico, e ora daremo la possibilità ai nostri giovani di crescere e di affrontare nuove sfide professionalizzanti. Ieri alla presentazione alcuni dei nostri erano davvero eccitati, già solo nel sentir parlare inglese a Novara! È stato anche importante il lavoro di relazioni intessuto in sede EJN, anche grazie alla presenza nel board di Enrico Bettinello che sta molto lavorando sul progetto di promozione del jazz italiano in Europa».

Qual è – anche a livello economico e organizzativo – l’apporto delle istituzioni locali e nazionali?

«La candidatura un evento del genere presuppone innanzitutto la creazione di un comitato promotore, un po’ come candidarsi a ospitare i giochi olimpici, con il coinvolgimento delle istituzioni, a partire dal Comune di Novara e dalla regione Piemonte, enti che da anni stanno lavorando con grande efficacia alle politiche di promozione turistica sul nostro territorio. Regione Piemonte e Comune di Novara sono i principali sostenitori di questa iniziativa, poiché sanno quanto può fungere da volano al rilancio del territorio portare 350 operatori dai maggiori festival europei a conoscere Novara e le sue bellezze. Sarà poi fondamentale l’apporto del MIBACT, attraverso la realizzazione del primo showcase del jazz italiano, destinato a operatori stranieri, anche questa una importantissima novità per il nostro sistema».

Negli ultimi anni c’è stato un bel fermento nel mondo del jazz italiano, dalla nascita di MIdJ fino al recente protocollo firmato dalla Federazione del jazz italiano con il MIBACT: tu lo hai seguito da protagonista, come direttore artistico di NovaraJazz e vice-presidente di I-Jazz. Che cosa è cambiato? Noti un atteggiamento nuovo da parte di musicisti e operatori? E dalle istituzioni?

«Sì è creato un gruppo di persone che hanno voglia di lavorare per realizzare politiche di sistema, non per difendere interessi specifici ma per portare avanti tuttoil mondo del jazz, in questo ideale legame tra organizzatori e musicisti – e, ora, anche jazz club, agenti ed etichette discografiche. È un segno di grande unità. Il mondo del jazz è piccolo, ma unito può far sentire la sua voce». 

«Il mondo del jazz è piccolo, ma unito può far sentire la sua voce».

«Fondamentale a questo proposito è lavorare sulla musica come strumento innovativo per la promozione del territorio: in questo, la manifestazione del Jazz italiano per le terre del sismaall’Aquila e nelle altre regioni colpite dal terremoto, nonché il grande progetto UNESCO recentemente realizzato attorno all’International Jazz Day, hanno dato una bella scossa, dimostrando che possiamo fare grandi numeri grazie a un approccio innovativo e sostenibile».

La conferenza stampa di presentazione a Novara (foto di Emanuele Meschini)
La conferenza stampa di presentazione a Novara (foto di Emanuele Meschini)

In che modo la European Jazz Conference 2019 si inserisce in questo “fermento”?

«La candidatura di Novara a ospitare la per la prima volta in Italia una European Jazz Conference si inserisce in una strategia di promozione dei nostri talenti, a partire da bandi messi a disposizione dalla SIAE e dalle voci promozionali del MIBACT. In questo è stato importante lo stand di I-Jazz al Jazzahead! di Brema, e lo saranno alcuni progetti futuri, dalla Italian Jazz Week al London Jazz Festival 2018 ad altre politiche di promozione che mettono i semi per un possibile futuro export office, fondamentale per portare in Europa i nostri migliori talenti, sul modello di quanto avviene in Nord Europa».

Che cosa vi aspettate, a livello di movimento, da questa conferenza? Vista la tua esperienza, quali sono state le ricadute positive per i passati organizzatori? 

«Tutte le città che hanno ospitato la conferenza hanno avuto importanti ricadute turistiche: parliamo di un numero ampio di visitatori colti, ma anche della possibilità che da tutta Italia gli appassionati di musica vengano a Novara per tre giorni per ascoltare il meglio degli artisti italiani. Non vogliamo farci trovare impreparati; tuttavia, accanto all’organizzazione e grazie alla collaborazione del Dipartimento di promozione turistica dell’Università del Piemonte Orientale, faremo uno studio di impatto molto dettagliato su come questo evento possa incidere dal punto di vista sociale, economico e culturale, in città e sulla città».

L’idea di una “arretratezza” italiana per quanto riguarda le politiche musicali è ormai un luogo comune. Che cosa manca all’Italia per mettersi in pari con gli altri paesi europei? Quali sono le strategie da seguire nei prossimi anni – a livello di “sistema” del jazz – secondo te? 

«Senza dubbio occorrono più risorse, ma occorre anche una professionalizzazione dei festival e delle istituzioni musicali. Il jazz è un mondo piccolo ma estremamente dinamico, e in ciò anche i nuovi criteri portati avanti nel triennio FUS della gestione Franceschini, nonché l’introduzione di un bando specifico dedicato al jazz, certamente hanno dato nuova opportunità a chi presenta progetti più innovativi». 

«Senza dubbio occorrono più risorse, ma occorre anche una professionalizzazione dei festival e delle istituzioni musicali».

«Certo, con il prossimo ministro sarà importante continuare nell’aumento delle risorse – o almeno nella rimozione di eventuali limiti alla crescita di risorse per quelle situazioni, anche piccole e dinamiche, che dimostrano di saper incidere».

E per promuovere gli artisti in italiani all’estero?
«Certamente un export office è di primaria importanza per portare i nostri musicisti in Europa. La circolazione dei talenti non può che far bene a tutto il sistema. Crediamo che uno showcase annuale o biennale sia fondamentale, così come lo sia la nostra presenza al Jazzahead! di Brema e la promozione di artisti italiani nei festival stranieri. È un lavoro lungo che va fatto con calma: non porterà risultati per tutti, ma opportunità per chi saprà coglierle. In questo dobbiamo raccogliere l’eredità di chi molti anni fa ha fondato lo European Jazz Network, penso a Filippo Bianchi e al gruppo dei festival che dieci anni fa hanno dato vita a I-Jazz».

Quali sono i prossimi passi del lento avvicinamento all’autunno del 2019? Che cosa succederà?

«Saremo con un folto gruppo di italiani e con la nostra squadra a Lisbona per la European Jazz Conference 2018 ai primi di settembre; ci sarà poi una forte comunicazione, e la costruzione dello showcase del jazz italiano che sarà realizzato dal programming committeedi European Jazz Network. Certamente tra dieci mesi a Brema faremo una bella presentazione, e penso anche a dei momenti promozionali in alcuni festival europei particolarmente interessanti, come forse Grenoble o Saalfelden – oltre al London Jazz Festival. Entriamo in una stagione in cui, accanto alla programmazione, sono fondamentali delle politiche di marketing adeguate al nostro tempo».

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