Nicolas Jaar, le isole sul Po

Nicolas Jaar ha presentato a Torino il suo primo libro, Isole

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Nicolas Jaar a Torino
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Si è tenuta martedì 10 settembre la presentazione torinese di Isole, libro d’esordio del musicista Nicolas Jaar, evento organizzato dalla casa editrice Timeo in collaborazione con La Libreria del Golem, il collettivo Almare, Jazz is Dead, TUM e Magazzino sul Po, e che ha richiamato sulla riva sinistra del Po un gran numero di persone. 

– Leggi anche: Intiha, musiche da un altro mondo

Per l’artista statunitense con origini cilene, francesi e palestinesi, si è trattato di un emozionante ritorno nella città che per tre anni è stata la sua residenza, una città da cui, per sua ammissione, ha imparato molto e di cui apprezza i silenzi. 

Come forma di rispetto nei confronti degli intervenuti Jaar si è espresso in italiano, sottolineando però che questa scelta avrebbe in alcuni casi potuto penalizzare la sua efficacia comunicativa. Come ha tenuto a ricordare, il fiume Po, coi suoi ritmi sempre diversi, ha rappresentato il suo primo incontro con la città ed è stato uno dei suoi compagni costanti durante il soggiorno torinese. 

Jaar ha scoperto Torino grazie alle sue partecipazioni a C2C – per chi non lo sapesse il nostro Nicolino quest’anno tornerà al festival torinese in compagnia del multistrumentista Dave Harrington, ricomponendo quindi il duo Darkside che si era già esibito in città dieci anni fa - e in un momento in cui la musica – o meglio, le dinamiche dell’industria musicale in generale e discografica in particolare – gli è venuta a noia ha deciso di trasferirsi ed è qui che sono nati due dei quattro racconti di Isole.

Il suo arrivo in città fu memorabile: probabilmente per problemi di spazio Jaar decise di lasciare parte della sua collezione di dischi in un locale del quartiere San Salvario – neanche a farlo apposta il suo nome è Isola - a disposizione di chiunque volesse portarsi a casa qualche vinile, per giunta gratis: inutile a dirsi, andarono a ruba in men che non si dica.

Ma veniamo al libro: non avendolo ancora letto, mi perdonerete se mi affido a quanto scritto sul sito di Timeo e al racconto di Jaar.

Al di sotto dell’oceano c’è un altro oceano che giace dormiente e le isole narrate da Nicolas Jaar sono i sogni che emergono dalle sue profondità sepolte, raccontate con una lingua musicale – beh, non potrebbe essere diversamente - e al contempo profondamente visiva. 

Immagini cristallizzate nel tempo impossibile delle favole, delle rivelazioni, delle allucinazioni, del mito; mondi in cui nulla è mai ciò che sembra e tutto si dipana in una trama sotterranea che risuona di significato come in un sogno che ci si sforza di ricordare: i pozzi mormorano nella lingua di Dio, l’estasi si annida tra le assi di un pavimento di legno, la pelle diventa la carta a cui affidare i propri messaggi e dagli amplificatori – la più preziosa arma contro le atrocità degli oppressori – risuonano spari simulati e canti di resistenza. 

A questo proposito Jaar ha fatto una lunga digressione su ciò che sta avvenendo in Palestina e sul senso di impotenza che lui sta vivendo; ha raccontato di quando, durante un workshop tenuto a Betlemme un po’ di tempo fa, ha visto su un muro un manifesto dedicato a un martire attaccato sopra un altro manifesto dedicato a un altro martire, e un altro ancora, e un altro ancora, come a simboleggiare un loop di morte, violenza e ingiustizia da cui non si riesce a venir fuori.

A questo proposito Jaar ha partecipato a due iniziative presenti su Bandcamp: la prima è ENOUGH!, compilation organizzata dall’associazione giordana Dreaming Live in cui compaiono anche Martin Rev, Legowelt, KMRU, Sarah Davachi, ZULI, Suzanne Ciani e altri, nella quale Jaar è presente col brano “ESCL8”.

Il ricavato (offerta minima 15 dollari per un totale di 63 brani) andrà interamente al Dr. Ghassan Abu Sittah's Children's fund di Gaza. La seconda è Archivos de Radio Pedra, una raccolta di 49 brani: il 70% del ricavato (offerta minima 10 dollari) sarà diviso tra iniziative scolastiche per la comunità rurale Mapuche e il già citato fondo del Dr. Ghassan.

Tornando a Isole, Jaar crea un mosaico mutevole in cui le immagini scorrono e ritornano come loop musicali, si sovrappongono come campionamenti, riverberano come echi in una trama minimale, i cui frammenti si nascondono per poi riapparire trasfigurati. Così la fiaba cede il posto alla rivelazione, il resoconto storico alla poesia, la preghiera alla pièce teatrale.

È stato un incontro molto piacevole, durante il quale gli intervenuti hanno potuto apprezzare la timidezza, la gentilezza e la modestia di una delle figure di spicco della scena elettronica degli ultimi quindici anni: mi verrebbe voglia di dire che il suo è un understatement tipicamente torinese ma potrei sembrare troppo di parte.

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