Nel nido di Seeger

È morto Pete Seeger, grande maestro del folk americano. Il chitarrista Beppe Gambetta lo aveva incontrato per "il giornale della musica" nel 2010, insieme a Nora Guthrie: riproponiamo oggi quella intervista

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L'incontro tra Woody Guthrie e Pete Seeger a New York nel 1940 è un evento che può essere considerato una pietra miliare nella storia musicale americana: il loro sodalizio produsse effetti musicali e sociali che dopo aver ispirato artisti di generazioni diverse non hanno ancora cessato di avere conseguenze. Con la nascita della loro sinergia artistica e intellettuale si apriva un'epoca musicale nuova in cui la musica prendeva parte attiva nelle tensioni sociali, dava voce a chi non ne aveva e negli anni si affermava come una formidabile spinta nella direzione di un mondo più giusto. Woody e Pete scrissero pagine memorabili della musica folk americana, ma il valore monumentale del loro lavoro sta anche nell'aver suscitato una straordinaria reazione rispetto alle angosce di quel 1940, in cui il mondo stava precipitando nella guerra. Più avanti il loro esempio ha contagiato le avanguardie del folk revival del Greenwich Village fino a plasmare il primo Bob Dylan e a ispirare un esercito di artisti "contro" o ribelli come Joan Baez, Phil Ochs, Tom Paxton, Cisco Houston, Odetta, Utah Phillips, Arlo Guthrie. Una vicenda che idealmente trova il suo compimento nella campagna per Barack Obama di Bruce Springsteen, condotta con la sola chitarra acustica di fronte a folle oceaniche nelle grandi città americane. Bruce Springsteen e l'allora quasi novantenne Pete Seeger che, il 12 gennaio 2009, in occasione del concerto di inaugurazione della presidenza Obama, cantano insieme la canzone-inno di Woody Guthrie "This Land Is Your Land", appare proprio come il coronamento del lavoro di Guthrie e Seeger.

Woody Guthrie morì prematuramente - cinquantacinquenne - nel 1967 in un ospedale del New Jersey, vinto da una rara malattia. La sua eredità artistica è oggi tenuta in vita dalla fondazione Guthrie, diretta dalla figlia Nora, che gestisce pubblicazioni e riedizioni, organizza o sponsorizza eventi e mostre (anche in Italia), e gestisce l'archivio che contiene tra l'altro centinaia di testi che Woody Guthrie non ebbe il tempo di musicare e che oggi vengono affidati a grandi artisti perché li corredino di musica.
Pete Seeger è invece il grande vecchio della musica americana, icona vivente e punto di riferimento per molti, che continua con grande lucidità un'opera iniziata quasi un secolo fa. La sua vita è stata veramente leggendaria: Seeger ha scritto alcune delle più importanti canzoni di tutti i tempi, ha studiato e documentato con Alan Lomax le tradizioni musicali americane, ha costruito con le sue mani la casa in cui vive, è partito con il banjo per il fronte della Seconda Guerra Mondiale, è stato perseguitato e imprigionato per motivi politici, ha marciato per i diritti civili, anche con Martin Luther King, si è opposto alla guerra del Vietnam, ha lavorato, combattuto e cantato per i sindacati americani e per cause ecologiste, e ha contribuito a salvare lo Hudson costruendo la copia di un'antica barca (Clearwater) che percorre incessantemente il fiume per educare le nuove generazioni al rispetto per l'ambiente. Durante la grande festa per il suo novantesimo compleanno, celebrata al Madison Square Garden di New York nel maggio del 2009, Springsteen gli ha detto: «Congratulations Pete, you outleaved the bastards» (Congratulazioni Pete, sei sopravvissuto ai bastardi).

Una fortunata serie di combinazioni mi ha portato nello spazio di poco tempo a fare visita a Pete Seeger a casa sua, a Beacon, NY, e ha portato Nora Guthrie con suo marito Michael Kleff (giornalista e editore di musica folk in Germania) a casa mia nel New Jersey: ho pensato allora di intrecciare le due testimonianze che ho avuto l'opportunità di raccogliere su uno dei più significativi "big bang" nella storia della musica popolare americana.

Cosa portò Woody Guthrie a New York? NORA: «Woody arrivò in California dall'Oklahoma, dove era nato, per cercare un lavoro dopo la crisi dovuta alle tempeste di sabbia e alla siccità che avevano colpito il Midwest. Intanto la società americana si confrontava con la nascita dei grandi movimenti di sinistra provenienti dall'Europa e con il tentativo di organizzarsi per ottenere migliori condizioni lavorative. Il nascente movimento sindacale era particolarmente forte in California. Woody era un autodidatta curioso, discreto e acuto osservatore. Era anche un uomo piccolo, e questo lo aiutava a guardare il mondo intorno a sé senza essere notato, quasi fosse invisibile. In California condusse una trasmissione radio in cui raccontava accompagnandosi con la chitarra ciò che aveva visto e vedeva: ricevette centinaia di migliaia di lettere dagli ascoltatori, molti dei quali come lui emigrati dal Midwest, e incontrò Will Geer, un attore molto coinvolto nel movimento di organizzazione del sindacato. Will fu scritturato a Broadway, e subito scrisse a Woody di raggiungerlo poiché anche a New York stava nascendo un grosso movimento intellettuale di sinistra, sicuramente sensibile ai contenuti delle canzoni di Woody Guthrie. Woody impiegò un mese per raggiungere New York in autostop ed è proprio a New York che iniziò la vera storia».

Raccontami dell'incontro tra Woody e Pete.
NORA: «Woody arrivò a New York nel febbraio del '40 e già a marzo tenne un concerto di solidarietà per gli antifascisti spagnoli rifugiati. In questa occasione incontrò molti artisti e intellettuali tra cui Leadbelly, Pete Seeger e Alan Lomax, etnomusicologo che lavorava alla Library of Congress e che comprese immediatamente la grandezza di Woody: lo vide come un moderno "trovatore" popolare americano che in maniera spontanea e senza retribuzione raccontava al popolo quello che stava succedendo, e invitò Woody a Washington per documentarne l'opera. Presente a quella session e sinceramente affascinato dal suo lavoro era il diciannovenne Pete Seeger, tirocinante interno alla Library: i due divennero subito amici».

Pete, che ricorda hai dei primi incontri con Woody?
PETE: «Quando nel febbraio del '40 Woody arrivò in autostop sulla East Coast, Lomax lo invitò immediatamente a Washington. Woody registrò l'intera storia della sua vita su dischi a 33 giri e Lomax gli disse con molta convinzione: "Woody, ti rendi conto di essere un grande scrittore di ballate? Tu continui la tradizione della gente che scrisse le ballate di Robin Hood e di Jesse James. Non lasciare che niente nella vita ti distragga dal comporre ballate". Woody lo ascoltò e custodì questo consiglio nel suo cuore. Io avevo già un buon orecchio e potevo accompagnarlo su tutte le sue canzoni. I rolls del mio banjo si fondevano con la sua chitarra, non suonavo in maniera "fancy", gli davo solo la nota giusta al momento giusto con il giusto ritmo. Mi invitò a partire con lui e a visitare la sua famiglia in Texas».

Com'era la vita "on the road" con Woody?
PETE: «Woody era più vecchio di me di sette anni e aveva più esperienza. Mi insegnò a fare l'autostop e a saltare sui treni merci. Mi diceva: "Quando il treno rallenta prima di raggiungere o lasciare un centro abitato, prima butta su il banjo, così puoi correre più liberamente e aggrapparti al treno in corsa". Mi è sempre andata bene, con qualche ammaccatura! Ma non ho mai perso il banjo. Diceva che ero il suo amico più strano: non bevevo, non fumavo, non inseguivo le donne». Nora, che cosa fecero Woody e Pete a New York?
NORA: «Vivevano insieme in un loft, Pete studiava a Harvard, era molto colto e apprezzava la cultura popolare di Woody e la sua irrefrenabile voglia di suonare. Insieme scrissero un libro, Hard hitting songs for hard-hit people, la prima collezione commentata di canzoni di lavoro e di protesta, che divenne un punto di riferimento per le generazioni successive. Alcuni dei capolavori di Woody come "Do Re Mi" o "Hard Travelling" sono in questo libro. Iniziava così il filone "Folk Protest" che via via si ingrandì grazie anche all'apporto di molti musicisti neri che venivano dal sud, come Sonny Terry e Brownie McGhee. Tutto questo succedeva nel Village, il quartiere all'epoca più economico di New York, adatto per gli artisti squattrinati».

Come continuarono i contatti con Woody?
PETE: «Dopo la Seconda Guerra Mondiale, Lee Hayes, il suo amico Millard Lampell ed io formammo un gruppo chiamato gli Almanacs. Scrissi subito a Woody: "Woody, noi cantiamo per i sindacati. Raggiungici e canta con noi. Siamo al Madison Square Garden e cantiamo per i lavoratori dei trasporti in sciopero". Ancora una volta Woody lasciò la famiglia, con cui si era trasferito sulla West Coast, e ci raggiunse. Gli Almanacs erano un gruppo spontaneo, facevamo le prove sul palco. Con Lee Hayes decidemmo di dare vita ad un gruppo che provasse il repertorio più seriamente. Avemmo la fortuna di trovare la migliore cantante in circolazione, Ronnie Gilbert: i Weavers nacquero al Vanguard, un locale del Village. Dopo sei mesi di lavoro, la Decca si accorse di noi e la facciata B del nostro primo singolo, "Goodnight Irene", scalò le classifiche e restò al primo posto per tredici settimane».

Nora, che effetto ti ha fatto vedere Pete Seeger e Bruce Springsteen cantare "This Land Is Your Land" al concerto inaugurale della presidenza Obama?
NORA: «Woody iniziò a scrivere questa canzone proprio nel '40 durante il viaggio verso New York, raccontando quello che vedeva, scrivendo le prime idee su un foglio che ritrovò e riprese più avanti. La canzone è cresciuta come è cresciuta la nazione, con i suoi movimenti, con le stagioni buie degli assassinii di Martin Luther King e dei Kennedy e con tutti i cambiamenti che sappiamo. Dopo la morte di mio padre Pete nei momenti difficili ha letteralmente tenuto in vita quella canzone: pensare che quell'uomo che durante il maccartismo era sulla lista nera - e come mio padre è anche stato in prigione - era lì a cantare quella canzone con Bruce per l'elezione di un presidente nero è stato incredibile. Generazione dopo generazione, attraverso le sofferenze la canzone ha acquisito un significato ancora più forte: ed è passata nelle televisioni di tutto il mondo. Mi sono venute le lacrime agli occhi, ho guardato in alto e parlato con il papà e gli ho detto: "c'è una ragione più importante per cui hai scritto questa canzone, è perché potesse essere cantata in un momento del genere".

Qualcuno voleva proporre "This Land Is Your Land" come nuovo inno nazionale...
PETE: «Per carità, no! Potete immaginare i "marines" marciare sul prossimo Paese da invadere cantando "This land is your land, this land is my land"?»

Avresti mai pensato di vivere abbastanza da vedere un presidente african-american?
PETE: «L'ho sempre sperato, ma non ci credevo. Pensavo ci volessero almeno altri cinquant'anni. Ma le cose succedono più velocemente di una volta. Quello che non mi stanco di ripetere di questi tempi, è che la rivoluzione agricola è avvenuta in migliaia di anni, la rivoluzione industriale in centinaia di anni, la rivoluzione nell'informazione solo in pochi decenni: se usassimo il nostro cervello, potremmo cambiare il mondo prima di auto-eliminarci. Sono convinto che se la razza umana esisterà ancora tra cent'anni, non sarà per le grandi organizzazioni umanitarie, ma grazie al lavoro e alla presa di coscienza di tutte le piccole realtà locali».

Dove è finita oggi l'energia prodotta dall'incontro di Woody e Pete?
NORA: «È sempre viva, probabilmente non è fatta dall'uomo, semplicemente esiste sempre e ci sono tempi in cui la gente riesce a sintonizzarsi su di essa, altri in cui se ne allontana. Io la sento come una pulsazione, come il battito del cuore, chissà... potrebbe riprendere vigore ogni trenta anni, come un respiro, come una marea che deve ritirarsi per esplodere nuovamente. Io credo che qualcosa di importante stia succedendo, ma per definizione non si può sapere dove sia e cosa sia quando è solo all'inizio: probabilmente le caratteristiche saranno completamente diverse. Noi siamo abituati a pensare all'uomo con la chitarra, in realtà la cosa più importante di Woody è stata l'idea e lo spirito che attraverso di lui si è mosso, come lo spirito che si è mosso con Martin Luther King e Gandhi. La mia visione - parlo a titolo molto personale - è che tutti questi personaggi continuano a dirci che il nostro spirito è un'entità unica: ai nostri giorni lo stiamo sperimentando sempre di più, la gente si innamora di persone di un'altra parte del mondo, spesso i migliori amici vivono in un'altro continente, si tende a vivere ed incontrarsi in luoghi lontani».

Pete, cosa puoi dire alle nuove generazioni?
PETE: «Dico ai giovani di non fidarsi dei media. I media con la loro enfasi sul successo tendono a distruggere il nostro Paese e la razza umana: è come una droga. Si giustificano dicendo: "Beh, se non lo facciamo noi, lo farà qualcun altro". Diresti mai: "Se questa donna non l'avessi violentata io, lo avrebbe fatto qualcun altro!"? È stupido e distruttivo. Il nostro Paese è mal governato fondamentalmente per colpa dei media, non può essere sempre tutto addebitato solo ai politici. Ci sono molte persone che scrivono canzoni oggi e questo è assolutamente fantastico. E magari qualcuno nelle nuove generazioni potrebbe essere in grado di catturare con poche dozzine di parole ciò che i grandi scrittori hanno cercato per molti anni di dire. Solo la parola giusta al posto giusto con la giusta melodia e il giusto ritmo può fare il giro del mondo e far finalmente comprendere alla gente che questo mondo è in pericolo, che siamo tutti in pericolo. È in questo modo che "This Land Is Your Land" è diventata un inno per tutti».

Nel 2012 cadrà il centenario della nascita di Woody: che progetti ci sono?
NORA: «Abbiamo recentemente incontrato delle persone meravigliose in Oklahoma che forse ci aiuteranno a riportare Woody a casa. L'Oklahoma è da sempre uno stato molto conservatore, dove la figura di Woody ha spesso avuto grossi problemi ad essere accettata. Il progetto è di portare Woody Guthrie e la fondazione in Oklahoma, nella sua terra natale, dove sicuramente c'è più bisogno di lui. Woody comunque appartiene al mondo ed è un'ispirazione per il mondo intero. Sto cercando di organizzare eventi un po' ovunque e ce ne saranno naturalmente anche in Italia».

Nora, chi indicheresti in Italia come più vicino allo spirito artistico di Woody?
NORA: «Se parliamo di artisti che hanno preso le parti dei più deboli, che hanno dato voce a chi non ne aveva, sicuramente il più vicino tra gli artisti italiani che conosco è Fabrizio De André».

(articolo pubblicato su "il giornale della musica" 277, gennaio 2011)

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