Musica antica in Francia

Il programma del Festival dell’antica abbazia benedettina di Ambronay

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Dal 15 settembre all’8 ottobre si svolgerà in Francia la 38° edizione del Festival d’Ambronay, intitolata Vibrations: souffle. I concerti, conferenze, spettacoli e attività per le famiglie e l’infanzia sono concentrati principalmente nei quattro fine settimana che segnano il passaggio dall’estate all’autunno, e il Festival è il culmine di una attività che dura tutto l’anno, poiché la Abbazia è un polo permanente di creazione e diffusione di cultura musicale.

L’inaugurazione avverrà sotto il segno monteverdiano, con La favola di Orfeo eseguita da Cappella Mediterranea e Choeur de Chambre de Namur diretti da Leonardo Garcia Alarcón, che la considera un grande capolavoro paragonabile alla Messa di Santa Cecilia di Scarlatti, alle Passioni di Bach e al Requiem di Mozart. Ma nella stessa sera sarà possibile in alternativa ascoltare il concerto della cantante franco-americana Rosemary Standley, intitolato Love, I Obey, come il song di William Lawes, e che oltre ad ayrs del barocco inglese includerà anche songs americani, conosciuti dalla cantante grazie a suo padre, il folksinger Wayne Standley.

La musica barocca sarà esaltata anche dal concerto di Philippe Jaroussky e L’Arpeggiata diretta da Christina Pluhar, che sotto il titolo Sinfonie eseguiranno arie dalle opere di Monteverdi e Cavalli, e relative pagine strumentali, e lo Stabat Mater di Giovanni Felice Sances, cantante e compositore italiano la cui carriera culminò a Vienna, dove divenne maestro di cappella della corte imperiale. Il primo fine settimana si concluderà con il concerto Splendeurs de la Renaissance eseguito dall’ensemble Dulce Mémoire a cui si aggiungeranno Les Chantres de l’Abbaye royale de Saint- Riquier, per eseguire le melodie gregoriane inserite nel programma che comprende opere di Tomás Luis de Victoria, come la Missa pro victoria, messa parodia basata sulla celebre chanson "La battaille de Marignan" di Janequin, e di Costanzo Festa e Pietro del Buono.

Il secondo fine settimana sarà inaugurato dal concerto À la chasse! del giovane ensemble Les Esprits Animaux, vincitore lo scorso anno del Concorso internazionale Van Wassenaer che si svolge durante il Festival di musica antica di Utrecht, e che alle sue prime armi era già stato accolto in residenza dal CCR (Centre culturel de rencontre) d’Ambronay nel 2010. Oltre a Vivaldi e Telemann, si ascolteranno musiche di Joseph Bodin de Boismortier e di Christoph Graupner, in un programma che si annuncia ricco di sonorità campestri e bucoliche. Il barocco musicale predomina anche nel concerto del soprano Karina Gauvine e Le Concert de La Loge dedicato alla follia e alle arie di Vivaldi, Handel, Hasse, A. Scarlatti e Rameau.

Lo scioglimento dell’enigmatico titolo di questa edizione avverrà poi nella tavola rotonda del 23 settembre, quando i componenti del comitato scientifico del CCR d’Ambronay illustreranno il tema del “Souffle & inspiration créatrice”. Nella sera della stessa giornata particolarmente ricca, ci saranno due concerti significativi. Da una parte l’oratorio di Haendel, La Resurrezione, eseguito dalla Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone, e dall’altra un curioso incontro tra la voce flamenca di Rocío Márquez e la viola da gamba di Fahmi Alqhai, che anche se difficile da immaginare si giustifica per il fatto che sia la cantaora di Huelva che Alqhai, nato a Siviglia da padre siriano e madre palestinese, sono andalusi. A conclusione del secondo fine settimana del Festival un concerto dell’esemble Les Cris de Paris, Passions vénitiennes, sarà dedicato alla musica de La Serenissima tra Rinascimento e Barocco.

Il terzo lungo fine settimana inizierà giovedì 28 settembre con consort songs elisabettiani e musiche di Michael Nyman proposte dal controtenore Paulin Bündgen e il suo Ensemble Céladon, e nel giorno seguente la Messa in si minore di Bach eseguita dalla Sächsische Barockorchester sarà presentata contemporaneamente alla originale proposta di un cine-concerto, creazione musicale di Étienne Meyer sul film The Wind di Victor Sjöström (USA, 1928) eseguita dall’ensemble vocale e strumentale Les Traversées Baroques. Fra le proposte più interessanti di questa terza tappa del Festival figura il programma dell’ensemble Correspondances dedicato a Charpentier e a musicisti italiani come Benevoli, Merula, Cazzati, Caresana, Tarditi, inserito in una sezione intitolata Polyphonies spatialisées. Il direttore del gruppo Sebastien Daucé ne descrive così il contenuto.

«Il programma – dice Daucé – parte dall’idea di provare ad immaginare cosa abbia potuto ascoltare Charpentier durante il suo viaggio in Italia, e il suo lungo soggiorno a Roma, e chi abbia potuto incontrare. Si è sempre detto che avesse studiato con Carissimi, ma forse è una leggenda, perché nel Collegio Germanico non si potevano impartire lezioni ad allievi esterni. Allo stesso tempo c’è una parte di verità, perché il compositore italiano era talmente famoso e importante che Charpentier deve averlo certamente incontrato e ascoltato eseguire la propria musica. La verità è che non sappiamo nulla, né dove abbia vissuto a Roma, né chi lo abbia protetto attorno al 1665, ma è certo che a quell’epoca ci volevano settimane e settimane per raggiungerla da Parigi, passando per Lione e per la Savoia. Si sarà fermato a Bologna e sarà passato anche per Venezia dove c’era Cavalli che era molto noto e aveva lavorato in Francia?»

E la spazialità?

«L’influenza dei Gabrieli è presente in tutta la musica sacra italiana seguente, e l’idea della disposizione di più fonti sonore nello spazio architettonico delle chiese produceva un effetto molto forte, che provocava una perdita del senso di realtà e una sorta di stordimento, ma la policoralità si manifestava in modo diverso a seconda delle città in cui veniva praticata. Se pensiamo a Bologna e alla musica di Cazzati, vediamo due masse sonore molto potenti che si fronteggiano con pochi effetti, come nel Mottetto per la Solennità di San Petronio. A Venezia la musica di Cavalli presenta una maggiore elaborazione polifonica e un dialogo tra soli e tutti, come nel suo Magnificat. A Roma Francesco Beretta scriveva musica che appare molto complicata sulla carta, ma che risulta più semplice nel risultato e provoca quello stordimento di cui parlavo poco fa. I cori spezzati della sua Missa mirabiles elationes maris si potrebbero definire un Dolby Surround ante litteram… e l’unica fonte attraverso la quale si conosce è un manoscritto annotato e commentato da Charpentier. Si è detto che la sua Messe a 4 choeurs sia stata scritta dopo quella del compositore e organista romano, ma potrebbe essere vero anche il contrario, visto che ha continuato ad interessarsi alla musica italiana anche dopo il suo rientro a Parigi… In fondo è un mistero».

Che questo concerto risolverà?

«Non posso rivelare tutto il programma, in modo da alimentare la curiosità di chi verrà ad ascoltarlo, ma ci saranno piccole sorprese…».

Il concerto dell’ensemble Correspondances, il cui nome è ispirato al sonetto di Baudalaire, è una rielaborazione di quello svolto lo scorso anno a Utrecht, dove era inserito nella sezione principale dei concerti serali del Festival di Musica Antica che si svolgevano nella grande sala del Tivoli Vredenburg. Tra le altre proposte di notevole interesse va segnalato il concerto di musica sacra e popolare armena proposto dall’ensemble Canticum Novum, e un altro evento monteverdiano, quello dei madrigali tratti dal VII e VIII libro intonati dai cantanti di Les Arts Florissants guidati da Paul Agnew.

La quarta e ultima tappa occuperà quasi un’intera settimana a partire da mercoledì 4 ottobre con la rappresentazione di Sága, definita “Pop Song Opera”, eseguita dalla band belga di Anversa Dez Mona e dal collettivo B.O.X. (Baroque Orchestration X) e che per la fusione di tante cose diverse appare troppo difficile da spiegare e da immaginare. Nei giorni seguenti si ascolterà musica barocca portoghese, legata al monastero Santa Cruz di Coimbra, eseguita dall’ensemble Capella Sanctae Crucis, e un curioso Requiem imaginaire proposto dal coro Spirito e dal compositore Jean-François Zygel, che improvviserà al pianoforte tra musiche di compositori di varie epoche, poi seguirà il festival nel Festival dei giovani gruppi emergenti sostenuti dal programma europeo Eeemerging, e incredibile ma vero tutto si concluderà con le Quattro stagioni di Vivaldi eseguite dal violinista e controtenore Dmitry Sinkovsky e dal suo ensemble la Voce Strumentale, precedute dalla cantata “Cessate, omai, cessate” e il concerto per liuto. Ma imperdibile e soprattutto fonte di dilemma sarà la penultima sera, quando due concerti più che interessanti si svolgeranno in contemporanea. Da una parte la musica tradizionale ungherese rielaborata dal funambolico gruppo Söndörgő, e dall’altra l’opera sacra di Antonio Draghi del 1682 Il Terremoto, eseguita in forma di concerto dall’ensemble Poéme Harmonique diretto da Vincent Dumestre.

Ne esiste una edizione moderna, o avete lavorato sul manoscritto?

«Draghi – spiega Dumestre – era un autore estremamente prolifico, basti pensare che ha scritto più di cento opere e una quarantina di oratori, ma la sua musica è praticamente tutta manoscritta e in molte suoi lavori ci sono lacune e parti mancanti. Nel caso de Il Terremoto mancano ad esempio tutti i cori, tranne che la parte del basso e il soprano o in altri casi l’alto, forse perché il copista non ha avuto tempo di completarli, e che io ho dovuto ricostruire. È una musica tutta da scoprire che non è mai stata eseguita in epoca moderna. L’abbiamo rappresentata nell’aprile scorso a Cracovia per il Festival Misteria Paschalia, ed ora la presentiamo in Francia. Il libretto è tratto dalla narrazione del Vangelo secondo Matteo, e per inserire l’opera nel suo giusto contesto spirituale inizieremo leggendone alcuni versetti».

Dunque non si tratta di un oratorio?

«No, perché appartiene a una tradizione di opere sacre che venivano rappresentate a Vienna nelle chiese una sola volta durante la Settimana Santa attorno ad una croce e un sepolcro, un modello che altri compositori, come ad esempio Bertali, hanno seguito. L’imperatore Leopoldo I amava molto la musica, e ne ha anche composte alcune, e questo stile e genere è caratteristico dell’epoca del suo regno».

Cosa caratterizza lo stile musicale dell’opera sacra di Draghi?

«Presenta tutte le caratteristiche della musica profana, pur avendo un soggetto sacro. La scrittura vocale è vicina a quella dell’opera veneziana, ma c’è anche la potenza simbolica della musica sacra e nella sua densità e intensità rivela una grande maestria e una profonda intelligenza musicale. Anche i recitativi sono molto interessanti e nelle arie si intravede la forma col daccapo che si svilupperà poco dopo. Ma si sente anche una certa filiazione monteverdiana con il basso continuo affidato all’organo, al cembalo e all’arpa, e nel gruppo strumentale a cinque parti. Nel punto in cui si racconta del terremoto avvenuto al momento della morte di Gesù sulla croce c’è una sinfonia che illustra e sottolinea il fulcro della narrazione evangelica».

Molte altre attività contornano il Festival d'Ambronay, ad esempio gli incontri con gli artisti che presentano i loro programmi e quelli che seguono alcuni concerti, gli atelier, ma c’è un aspetto che risalta fra le tante iniziative in programma, quello della specifica attenzione verso il pubblico infantile che sarà quello di domani.

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