Non nasconde l’entusiasmo il violinista Fulvio Luciani nel raccontare la sua nuova avventura bachiana. Dopo aver curato l’edizione critica delle Partite e delle Sonate per violino solo di Bach le eseguirà, in due serate, nel Ridotto del Teatro Grande di Brescia: il 27 febbraio alle 20 le tre Partite per violino solo: Partita I in si minore BWV1002, Partita II in re minore BWV1004, Partita III in mi maggiore BWV1006, il 6 marzo alle 20 le tre Sonate per violino solo: Sonata I in sol minore BWV 1001, Sonata II in la minore BWV1003, Sonata III in do maggiore BWV1005 (c’è ancora qualche biglietto). Maestro Luciani, non è la prima volta che le esegue integralmente. “No, mi feci un regalo quando avevo quarant’anni, suonavo in quartetto, e decisi che quella era una bella occasione. Poi le ho frequentate più volte, soprattutto nella versione di Schumann per violino e pianoforte che ha contribuito alla diffusione di queste pagine”. Poi lo scorso anno ne ha curato l’edizione critica. “Sì, me lo ha chiesto Ricordi ed è appena stata pubblicata, adesso sto curando l’edizione critica proprio della versione Schumann. Studiando per l’edizione critica, segni, diteggiature, arcate, e per scrivere l’introduzione ho fatto delle scoperte interessanti. Dovrebbero essere state composte nel 1720 o l’anno prima, ma la cosa curiosa è che non c’è traccia di esecuzioni, il che non vuol dire che non venissero eseguite, un ‘ipotesi è che venissero suonate in occasioni liturgiche. Siamo sicuri di un’esecuzione del 1839 di Ferdinand David e nel diario di Clara e Robert Schumann, nel 1840, c’è il racconto di aver sentito la Ciaccona (Clara si domanda anche cosa sia una Ciaccona), insomma, mi fa effetto pensare quanto questa musica meravigliosa sia stata dimenticata… Poi è storia: Schumann scrive la sua versione per violino e pianoforte, David ne cura un’edizione critica, vengono utilizzate a fini didattici nei Conservatori, Joachim le suona, Brahms trascrive la ciaccona per la mano sinistra, Kreisler le suona”.
Lei è abituato a suonare in quartetto, in duo, ma da solo che sfida è? “Questo è il cuore del problema. Il violino è abituato ad essere accompagnato dal pianoforte. Qui sei solo ed è molto intrigante perché è un modo di guardarsi dentro, di essere soli con sé stessi. Non è un’occasione che si verifica spesso, sì ad esempio con i Capricci di Paganini. E’ un’occasione bellissima che mi attraeva: si crea un’intimità particolare con te stesso e con il pubblico. E’ un sogno che si realizza da quando le studiavo ascoltandole con mio papà e con mio fratello. E poi quando andavo a lezione da Paolo Borciani, ero un lavativo, lo riconosco, se non avevo studiato tanto facevo una domanda su Bach e il maestro, che aveva capito benissimo il mio trucco, aveva così tanto da dire…Oggi le suono, continuo a farmi tante domande, ma le risposte non arrivano mai”.