Lisa Batiashvili, l'automobile è Fantastique!

La violinista georgiana Lisa Batiashvili è la nuova direttrice degli Audi Sommerkonzerte a Ingolstadt: l'intervista

Lisa Batiashvili - Audi
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Se già nel 2015 gli Audi Sommerkonzerte hanno festeggiato il proprio primo quarto di secolo di storia, l’edizione 2019 del festival estivo che si svolge annualmente a Ingolstadt porta con sé una rilevante novità, rappresentata dalla direzione artistica affidata a Lisa Batiashvili, violinista georgiana – stabilitasi in Germania insieme alla famiglia da quando aveva undici anni – tra le più acclamate, in Europa e oltre oceano, per sensibilità e bravura.

Sviluppandosi su un arco temporale di circa due settimane (dal 29 giugno al 14 luglio), il programma di quest’anno – “Fantastique!” è il suo Leitmotiv – si fa notare, come accaduto anche nelle passate edizioni, per la qualità degli interpreti e la varietà delle proposte.

La presenza di formazioni come la Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, diretta da Marris Jansons (30 giugno), o la Deutsche Kammerphilharmonie Bremen, diretta da Paavo Järvi (5 luglio), e di solisti del calibro di Gidon Kremer, Jean-Yves Thibaudet, Gautier Capuçon, oltre alla stessa Batiashvili, rende particolarmente attesi i concerti che si svolgeranno nella città della Baviera dove ha sede il noto marchio automobilistico che sponsorizza l’intera rassegna.

Abbiamo incontrato Lisa Batiashvili – prima musicista alla quale è affidata la direzione artistica degli Audi Sommerkonzerte – e le abbiamo rivolto alcune domande.

Lisa Batiashvili

Questo è il primo anno della sua direzione artistica. Quale è la sua idea riguardo un simile rassegna così collegata con l’idea di un’automobile? Che reazione ha avuto quando l’hanno invitata a dirigerlo?

«In realtà conosco questo festival fin dalla mia giovinezza – i miei genitori infatti vivono a Ingolstadt – e ho avuto la possibilità di suonarvi in concerto per la prima volta a diciassette anni. A quell’epoca gli Audi Sommerkonzerte avevano un direttore artistico davvero fantastico, era un dirigente che lavorava all’Audi ma conosceva di persona tutti i musicisti, così riuscì a realizzare un’iniziativa di altissima qualità. Sfortunatamente nel 2002 è scomparso, a seguito di un incidente, e dopo di lui il festival ha perso un po’ quella caratteristica, si è un po’ affievolita la capacità di organizzare un programma di pari attrattiva e livello artistico».

«Quando mi è stata affidata la direzione del festival la mia prima intenzione è stata quella di ritornare a quella concezione iniziale, coinvolgendo i migliori musicisti, perché potessero far parte della grande famiglia di questo festival. Peraltro si tratta di artisti con cui ho avuto la fortuna di poter lavorare e che ho ammirato fortemente durante tutta la mia vita».

«Quanto alla connessione con l’automobile, io credo che il marchio Audi sia uno tra quelli che meglio coniugano alta qualità, classe e bellezza – mi ritengo una "fan", guido Audi fin da quando avevo vent'anni – e dunque trovo che non sia affatto difficile collegare queste caratteristiche con l’idea di offrire il meglio del meglio in musica. Nell’organizzare un festival penso inoltre ci sia la medesima necessità di essere creativi e innovativi – per non parlare dell’esigenza di essere chiari negli obiettivi di qualità che si vogliono raggiungere – che si ha nel progettare nuove automobili. E occorre raggiungere un risultato di cui le persone possano essere orgogliose, non dimentichiamo che Ingolstadt è sì una piccola città, ma ugualmente con notevoli possibilità per quanto riguarda sia il settore tecnico che quello culturale».

Ha parlato di "famiglia", è questo il clima del festival?

«Per me si tratta, come ho detto, di un ritorno alla mia famiglia d’origine, ma quell’idea coinvolge anche il pubblico. Io poi ho vissuto lì da quando ero adolescente, conosco questo ambiente che è genuinamente legato alla tradizione del festival. C’è poi una forte connessione tra la città e la Georgian Chambers Orchestra che lì si è formata ed è presente fin dagli anni Sessanta. Audi ha fatto molto per la musica, sostenendo finanziariamente anche questa formazione orchestrale e rendendone possibile la presenza in Germania. Un tale interesse, ma anche un così profondo rispetto per le arti e una visione particolarmente aperta verso la cultura, direi che non sono poi così frequenti tra i marchi automobilistici, al momento piuttosto presi dai problemi legati all’ecologia».

«Penso possa garantire al festival un segno di identità culturale maggiore che nel recente passato, qualcosa di nuovo sta dunque accadendo, lo trovo entusiasmante».

«Rappresenta certo un segno di novità il fatto di chiamare per la prima volta un direttore artistico che è anche un musicista, cioè parte di quello stesso mondo della musica che si vuole celebrare. Penso possa garantire al festival un segno di identità culturale maggiore che nel recente passato, qualcosa di nuovo sta dunque accadendo, lo trovo entusiasmante. E lo hanno trovato entusiasmante anche diversi colleghi musicisti che subito hanno accettato l’invito a partecipare al festival, non per via del nome Audi, ma per la forte connessione, direi a livello sociale, tra la musica e il pubblico di quest’area».

Parliamo del ruolo del mecenatismo, la musica in tempi passati è stata intimamente legata innanzitutto all’iniziativa di nobili e aristocratici, poi comunque di chi disponeva di adeguate ricchezze. Alla luce di questo festival voluto da Audi, quale è oggi il ruolo, per esempio, dell’industria nel sostenere l’arte?

«In questo caso è giusto sottolineare che stiamo parlando di una sponsorizzazione proveniente solo dall’Audi, non ci sono altri soggetti coinvolti. Peraltro in Germania c’è una già situazione positiva creata dal fatto che ogni singolo Land investe parecchio per la cultura, a differenza di altri paesi. D’altro canto, negli Stati Uniti le orchestre dipendono spesso quasi esclusivamente da finanziamenti privati, situazione che naturalmente ne rende più complessa la vita, ma che allo stesso tempo porta le singole persone a capire quanto sia importante sostenere l’arte e la cultura, dunque questo favorisce le donazioni. E dobbiamo cercare di introdurre sempre più il concetto che chi guadagna attraverso il business deve ricordarsi di aiutare l’arte. Non si tratta di un’attività per una élite, stiamo parlando del passato, presente e futuro dell’umanità, stiamo parlando di una delle attività che più caratterizzano l’uomo stesso, e dovremmo veramente fare in modo che chiunque ne abbia la possibilità, fosse pure donando un solo dollaro o euro all’anno, consideri l’importanza di sostenere l’arte. Allo stesso modo gli stati dovrebbero davvero avere a cuore l’arte e la cultura, entrando anche nell’ordine di idee che, avendo al giorno d’oggi tantissimi musicisti di qualità, tantissimi giovani talenti (molti più che in passato, il livello è notevolmente cresciuto), occorrono di conseguenza più risorse economiche, proprio per valorizzare questi giovani musicisti».

«Dobbiamo cercare di introdurre sempre più il concetto che chi guadagna attraverso il business deve ricordarsi di aiutare l’arte. Non si tratta di un’attività per una élite, stiamo parlando del passato, presente e futuro dell’umanità».

«Vorrei infine aggiungere che, in un’epoca in cui è fortissima l’influenza di internet sulle giovani generazioni, occorre riconoscere il compito che l’arte può e deve avere nella loro formazione e nella strutturazione delle loro menti».

Diamo un sguardo al programma complessivo di quest’anno, dove c’è peraltro molta musica francese, a iniziare da Berlioz, naturalmente. Quale è stata la sua idea guida, quanto hanno contato le proposte dei singoli artisti coinvolti? Quali altri progetti ci sono per il futuro?

«Avendo ricevuto un incarico triennale, potrò sicuramente disporre di più tempo nell’organizzare le prossime due edizioni del Festival, penso di dare maggior spazio alla creatività col proporre nuove  e diverse idee. Già dal prossimo anno per esempio avremo il jazz e altri eventi "insoliti". Questa del 2019 è la prima edizione che curo, ma ho iniziato a lavorarci relativamente tardi. Di conseguenza per me la cosa più importante è stata che i musicisti che hanno accettato il mio invito potessero suonare il programma che preferivano. Il titolo scelto, “Fantastique”, è legato alla sinfonia di Berlioz – che, per ricordare i 150 anni del musicista francese verrà eseguita il 14 luglio – come pure alle musiche del film Fantasia – che apriranno il Festival il 29 giugno. Ma può essere in realtà riferito a qualsiasi cosa che porti gioia in chi ascolta! Questo spero sia, per esempio, l’effetto dei brani del celebre film di Disney in quei tanti giovanissimi ascoltatori che non lo hanno mai visto».

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