Mutiny in Heaven: The Birthday Party è il racconto sincero e senza sconti dell’epopea sudicia di uno dei gruppi più selvaggi che abbia mai calcato un palco.
Stiamo parlando del docufilm che il regista Ian White ha dedicato a The Birthday Party, quello che rimane ancora oggi il più grande gruppo musicale espresso dall’Australia. Attivo dal 1979 al 1983 (in realtà l’avventura comincia tre anni prima sotto il nome Boys Next Door a Melbourne – per la precisione all’interno della cosiddetta St Kilda scene, che ci viene presentata come «una comunità pericolosa e folle di artisti che operano al di fuori del sistema»), dopo essersi spostato da Londra a Berlino il gruppo implode a causa delle diverse visioni musicali dei membri, inasprite dal comune abuso di sostanze stupefacenti.
In ogni caso i Birthday Party, nel periodo londinese e poi in quello berlinese senza lo storico batterista Phill Calvert – compagno di scuola di Nick Cave e Mick Harvey, a cui si aggiunsero il bassista Tracy Pew e nel 1978 il chitarrista Rowland S. Howard – con il loro senso naïf del rischio inciampano in qualcosa di abbastanza unico che fornisce assaggi di un’altra dimensione, un altro modo di percepire il mondo.
«La prima fila non è per i fragili» - Nick Cave in una delle sequenze iniziali del film rivolgendosi al pubblico
Al culmine della loro (limitata) fama, i Boys Next Door cambiano nome e diventano Birthday Party e nel 1980 lasciano l’Australia per l’Inghilterra. Intenzionati a spaccare il mondo, i cinque detestano quasi subito la loro nuova casa, una sensazione assolutamente ricambiata. Sono mesi durissimi, stipati in un monolocale, senza ingaggi, senza soldi e con crescenti problemi di tossicodipendenza. Addirittura dopo quattro mesi Howard manifesta evidenti sintomi di malnutrizione.
Mutiny in Heaven registra il caos vorticoso che ha circondato il gruppo dal momento in cui ha messo piede a Londra fino all’inevitabile collasso del 1983. Prendendo il titolo dalla canzone finale dell’EP del 1983 e usando materiale d’archivio che cattura i ricordi di ogni membro del gruppo di quel breve ma prolifico periodo, White riesce a mettere insieme un ritratto crudo ma sincero di cinque ragazzi non disposti a scendere a compromessi per farsi conoscere.
«Non abbiamo mai fatto nulla per cercare di essere simpatici o gradevoli» - Mick Harvey
Ma una volta che abbracciano il loro ruolo di outsider, i Birthday Party cominciano a trovare un loro ritmo, registrando brani memorabili ed esibendosi in concerti selvaggi in locali strapieni, trovando modi ingegnosi per rifornire le loro scorte di droghe chiedendo agli spettatori di lanciare le loro sostanze stupefacenti sul palco – a questo proposito risulta godibile l’esilarante racconto dell’ultima data del tour statunitense e il conseguente ritorno a Londra, dopo un volo all’insegna di un uso smodato di alcol e anfetamine.
«Ho solo voluto rinchiudere un po’ dell’energia del gruppo nel film creando un mondo pericoloso e poi facendo cadere il pubblico in quel mondo, piuttosto che renderlo uno sguardo nostalgico verso un passato oscuro» – Ian White
Se pensiamo a quanto fosse caotico il gruppo, una delle più grandi sorprese nei 99 minuti del film è la quantità di immagini di repertorio, di registrazioni audio e di fotogrammi che documentano esibizioni e sessioni di registrazione; White integra questo materiale con sequenze di disegni animati basati sul lavoro dell’artista tedesco Reinhard Kleist.
La parte più laboriosa è stata quella di dare un ritmo al film, che per tutta la sua durata riesce effettivamente a mantenere l’energia e la frenesia imbevuta di pericolo dei Birthday Party al loro meglio, quell’energia e quella frenesia che ho avuto modo di vivere sulla mia pelle durante un loro concerto londinese alla fine del 1982, con i Virgin Prunes come gruppo di apertura.
Ho scritto concerto ma avrei fatto meglio a scrivere ordalia, con litigio finale sul palco durante l’esecuzione di “Release the Bats”.
«Lasciando la sala, non fui l’unico a pensare che, forse, i Birthday Party erano la Più Grande Rock’n’Roll Band del Mondo» – così Mat Snow su New Musical Express del 4 dicembre 1982.
Nel novembre dell’anno precedente i cinque australiani suonano quattro date in Italia: Imola, Genova, Certaldo e Gabicce Mare. Piuttosto divertente risulta la data di Certaldo, organizzata dalla sezione locale del PCI: il caos esplode dopo che Tracy colpisce uno spettatore, la gente tira di tutto sul palco e cerca di acchiapparlo, ma i ragazzi della sicurezza lo mettono in salvo.
«Abbiamo suonato a un festival comunista dentro a un tendone da circo e pensarono che fossimo fascisti perché uno di noi indossava una camicia nera o qualcosa del genere e cominciarono a tirare sedie sul palco. Il promoter aveva assunto tutti i suoi nipoti come nostri roadie, così avevamo una piccola orda di circa dodici roadie. Uno di loro saltava per tutto il palcoscenico come un salmone, deviando le sedie volanti e altro ancora con la sua testa come un giocatore di calcio» – questo il ricordo di Rowland Howard riportato nel libro di Robert Brokenmouth, Nick Cave: The Birthday Party and Other Epic Adventures.
A ben vedere l’Italia è marginalmente presente in un altro episodio e la visione del film me l’ha ricordato: nel video che accompagna “Nick The Stripper”, in un’ambientazione da girone dantesco, a un certo punto Nick Cave, a torso nudo, ha sul petto una scritta blasfema in italiano (con refuso) mentre si produce in un gospel sacrilego scritto in un periodo in cui erano cominciate le frequentazioni con Lydia Lunch e il luciferino Rowland S. Howard stava diventando il suo compagno di merende preferito, per dirla alla Pacciani.
Cave è incorniciato come il cuore selvaggio e spesso fuori controllo della band, che aggredisce (letteralmente) i membri del suo futuro gruppo (e svariati lavandini nelle toilette) alle prime feste punk, facendo sua l’idea che la musica migliore derivi da tutti i tipi di arte (poesia, narrativa, la Bibbia) e guidando la carica ogni volta che ci fossero delle sostanze da ingerire. Ma allo stesso tempo Mutiny in Heaven mette in chiaro che quello dei Birthday Party era soprattutto un gruppo di uguali, malgrado le varie lotte di potere che ogni gruppo deve prima o poi attraversare.
Dopo essersi unito ad Harvey come secondo chitarrista, Howard conduce il gruppo in un luogo speciale, aggiungendo un talento cerebrale contorto e non convenzionale alla brutalità da Apocalipse Now. Harvey – malgrado un occasionale episodio di blackout dovuto all’eccesso di alcol di cui si parla nel film – esce fuori come l’ancora in un mare di caos.
Per quanto riguarda Pew, Mutiny in Heaven suggerisce che se c’era una persona veramente spaventosa nei Birthday Party, beh, quella era il bassista col cappello da cowboy piantato al centro del palco durante i concerti, coi suoi comportamenti imprevedibili. Come quella volta che si fece arrestare ubriaco a bordo di un’auto rubata, lasciando per otto mesi il gruppo senza bassista.
«Per me, quell’immagine racchiude ciò che la musica rock dovrebbe essere – sufficientemente spaventosa da richiedere una fila di poliziotti tra il gruppo e il pubblico» – Howard ricordando il video dei Doors in concerto all’Hollywood Bowl, nello specifico il fotogramma in cui la polizia separa Jim Morrison dalla folla
La grandezza di Mutiny in Heaven è che White capisce l’importanza dei dettagli disturbanti; invece di addolcire le cose per proteggere gli innocenti, il film fa suoi l’oscurità e il pericolo che caratterizzarono i Birthday Party dagli inizi alla successiva implosione. Anche quando è cupo – i Birthday Party che vivono nello squallore in una Londra piovosa, drogati o in carenza, completamente al verde, affamati, incapaci di permettersi il riscaldamento e non accettati da una singola persona in tutta la città –, il film è sempre e soltanto un tributo affettuoso.
E, cosa ancora più importante, fonte d’ispirazione per chiunque innamorato dell’idea di fare arte da sfavorito, non importa se con una chitarra, con una cinepresa, con un album per schizzi o con una macchina da scrivere Underwood fuori moda.
Il messaggio alla base di Mutiny In Heaven allora è che chiunque è in grado di raggiungere la posizione di fare qualcosa di bello anche se parte sguazzando in un mondo che è brutto in maniera brutale. Serve una prova? Guardate da dove arrivava Nick Cave e dove si trova adesso.
«Vederli quando erano annoiati o di cattivo umore era bello tanto quanto vederli al meglio» - Ian White
Sarà possibile vedere Mutiny in Heaven: The Birthday Party domenica 3 marzo (e sarà un’Italian Premiere) alle ore 16.15 al cinema Massimo di Torino all’interno del cartellone di Seeyousound X che si terrà dal 23 febbraio al 3 marzo.