L’editore Squilibri (anzi: Squi[libri]) di Roma è da tempo uno dei luoghi di aggregazione di quanto, in Italia, circola intorno alle musiche di tradizione orale, alla coda lunga del folk revival, alla canzone “d’autore” tra molte virgolette… e non solo: l’attività di Domenico Ferraro, accademico prestato all’editoria, si sta sempre di più allargando a una riflessione più ampia sui margini della cultura popolare (in entrambi i significati che in Italia diamo a questo concetto, di “pop” e di “tradizione orale”), con pubblicazioni preziose e anomale, se confrontate con quanto offre il panorama attuale.
L’ultima creazione è la collana di libri con cd allegato Canzoniere, diretta dal poeta Lello Voce (che si occupa del coordinamento) insieme a Gabriele Frasca (poesia), Frank Nemola (musica) e Claudio Calia (comics e disegni): una collana, come si intuisce, a cavallo tra più forme di espressione che «nasce con l’intento di riportare la poesia là dove abitava prima del suo lungo esilio nei generi letterari, quando era una disciplina orale, fondata sul ritmo e la musicalità e impensabile senza l’abbraccio di una comunità e il calore di una comunicazione diretta». Il primo titolo, già pubblicato, è Santa Bronx, di Alberto Dubito e Disturbati dalla CUiete, con i poetry comics di Claudio Calia.
La collana parte con un evento, il 10 maggio alle 21 a Roma al Teatro Tor Bella Monaca, intitolato Canzoniere - La poesia prende fiato: un “happening di poesia con musica e disegni” che coinvolgerà dai vecchi maestri NanniBalestrini e Giovanni Fontana ai nuovi poeti-performer (Gabriele Stera, Matteo di Genova), da autori di lungo corso come Marco Philopat, Gabriele Frasca,Lello Voce, Rosaria Lo Russo a critici e studiosi (Alberto Abruzzese, Pinotto Fava, Cecilia Bello Minciacchi) a – naturalmente – musicisti: ci saranno Roberto Paci Dalò, Canio Loguercio e Alessandro D’Alessandro (già vincitori della Targa Tenco 2017 per il miglior disco in dialetto con un bel lavoro prodotto da Squilibri), Frank Nemola, Miro Sassolini, il rapper Kento, Nabil Salameh degli Aldarwish (già Radiodervish), Maria Pia De Vito, Alessio Lega e altri ancora.
Abbiamo raggiunto Domenico Ferraro – direttore editoriale di Squilibri – e Lello Voce – coordinatore della nuova collana – per farci raccontare questo nuovo progetto.
Vorrei cominciare da questa dicitura, “un happening di poesia con musica e disegni”, così gioiosamente demodé: che cosa aspettarsi? Che cosa succederà?
«Avverrà qualcosa che per quanto riguarda le arti “dal vivo” (e la poesia è una di queste) avviene da sempre: la loro esecuzione pubblica e condivisa. La poesia è un’arte che, come la musica, appartiene al tempo, all’orecchio e non all’occhio. Del resto, una delle problematiche più gravi e dei sintomi più evidenti della “crisi” attuale di idee e proposte artistiche sta proprio nella divisione tra i diversi ambiti artistici, per cui oggi un poeta non sa cosa stiano facendo i musicisti, i pittori, gli autori di comics, i videoartisti e i cineasti e tutti loro poco o nulla sanno di quanto avviene in poesia».
«La poesia è un’arte che, come la musica, appartiene al tempo, all’orecchio e non all’occhio».
«Senza dialogo tra le arti nessun nuovo codice espressivo vedrà mai la luce. Le arti non sono monadi, vivono di scambi reciproci e di cortocircuiti. Ed è quello che in qualche modo accadrà giovedì sera: artisti provenienti da diversi specifici si incontreranno, non solo per celebrare la poesia, ma soprattutto per verificare le possibilità di un dialogo comune e questa è una roba che demodé non diventa mai. È essenziale, necessaria».
Squilibri già in passato ha pubblicato lavori più “sperimentali” di poesia e musica (penso al bel lavoro proprio di Lello Voce e Frank Nemola, Il fiore inverso), oltre al suo catalogo più “canonico”. Raccontateci l’idea dietro questa nuova collana, Canzoniere.
«In realtà “galeotto” fu un altro libro ancora di Lello e Frank, e con i disegni di Claudio Calia, Piccola cucina cannibale, che ci ha svelato l’esistenza di altri mondi, vicini e solidali a quello delle musiche di tradizione orale, offrendoci anche una splendida conferma del carattere particolarmente ampio dell’oralità che può diventare, o ritornare ad essere, un paradigma attorno al quale costruire una cultura “altra” e straordinariamente inclusiva, potendo abbracciare le musiche di tradizione orale e il jazz, la musica elettronica e i fumetti. Del resto, durante il lungo e assoluto predominio della civiltà alfabetica, non a caso la poesia ha trovato spesso riparo tra le pieghe della cultura popolare che non ha mai smesso di investirla della sua funzione di memoria vivente, coniugandola il più delle volte anche a immagini e disegni al fine di tradurre per l’occhio quanto la voce dettava all’orecchio. Il “canone” andava necessariamente ampliato. In questa direzione si pone la collana Canzoniere ma anche l’attenzione verso la canzone d’autore e altro ancora, nell’intento di rispondere all’urgenza di costruire ponti per sottrarsi alle angustie di una “specializzazione”, intesa il più delle volte come un confortevole recinto».
Quali saranno i prossimi titoli, e che genere di lavori saranno?
«Stiamo provando a dare spazio a quanto c’è di meglio a livello internazionale in questo campo (e s’intende non solo della poesia e della musica ma anche dei comics). Dopo Santa Bronx di Alberto Dubito e Disturbati dalla CUiete con il poetry comics di Claudio Calia, a giorni sarà in distribuzione Deserti d’amore di Raùl Zurita, uno dei maggiori poeti sudamericani viventi, con il rock duro e scabro di Gonzalez y los Asistentes: dalle prigioni di Pinochet (in cui Zurita è stato rinchiuso e torturato) al deserto di Atacama (dove ha inciso i suoi versi nella roccia), tutte le dissonanze dell’orrore che nessuna parola può pronunciare e che Massimo Giacon con i suoi disegni interpreta con una tenerezza che fa rispetto».
«E poi altri due titoli ancora nel corso di quest’anno. Il primo è di Yolanda Castaño, poetessa galiziana nota in tutto il mondo, con i suoi versi accordati ai suoni di silicio morbido di Isaac Garabatos e della sua chitarra e le parole che quasi galleggiano nelle tinte magistrali di Miguelanxo Prado, un autore che ha fatto la storia dei fumetti in tutto il mondo. Il secondo è di Gabriele Stera, tra i più promettenti dei giovanissimi autori italiani, che con le musiche di Jérémy Zaouati e Franziska Baur esplora il luogo in cui ogni sillaba, articolandosi, si fa armonia e contrappunto, mentre disegna mondi fatti di echi e riverberi che Martina Stella traduce in linee sottili e taglienti».
Mi sembra – e sono pronto a essere smentito – che la poesia sia decisamente relegata ai margini del dibattito pubblico anche perché, a un certo punto (dopo gli anni Settanta, direi), il ruolo di intellettuale pubblico è passato dal poeta al cantautore. Pensate che sia così? Che valga anche per il presente?
«Che la poesia sia relegata ai margini del dibattito pubblico è vero, ma a ben guardare questo riguarda anche le altre arti, a meno di non dare un valore diverso agli interventi estemporanei richiesti di tanto in tanto a un musicista o a un intellettuale sulla società e sulla politica italiana. Non è il poeta che ha perso il suo ruolo di intellettuale pubblico, lo hanno perso tutti gli artisti, è la figura dell’intellettuale così come ce l’ha consegnata il Novecento a essere evaporata».
«Non è il poeta che ha perso il suo ruolo di intellettuale pubblico, lo hanno perso tutti gli artisti».
«Oggi fare l’intellettuale pubblico significa esprimere opinioni (anche contraddittorie e, meglio ancora, se superficiali e leggere) e le opinioni con l’arte non hanno nulla a che fare. Sarebbe invece urgente che artisti e intellettuali riprendessero a dialogare, costruissero quei ponti di cui si parlava prima in modo da garantire alla società quella riflessione che le è necessaria e a cui certo il contributo degli artisti potrebbe essere utile».
Da completo ignorante, quali sono le tendenze più vivaci e recenti della poesia contemporanea? Quali i nomi da tenere d’occhio?
«La poesia oggi, nonostante la sua marginalità, anzi probabilmente proprio perché essendo ai margini sfugge ai ricatti della “vendibilità” a ogni costo, è un’arte estremamente viva e plurale, sia quella che sta solo nei libri, sia quella che piace di più a noi, che si “tempera” con la musica e che dialoga con le altre arti. La poesia è l’unica arte che abbia cambiato il suo medium di trasmissione, dall’oralità alla scrittura e di nuovo anche all’oralità e noi viviamo in un momento storico in cui i rapporti tra oralità e scrittura stanno mutando radicalmente».
«La poesia è l’unica arte che abbia cambiato il suo medium di trasmissione, dall’oralità alla scrittura e di nuovo anche all’oralità e noi viviamo in un momento storico in cui i rapporti tra oralità e scrittura stanno mutando radicalmente. La poesia si presenta dunque con le carte in regola per dire la sua sul presente».
«La poesia si presenta dunque con le carte in regola per dire la sua sul presente. E lo sta facendo. Ed è proprio la pluralità di proposte che oggi sono in campo a rendere il suo sviluppo così interessante. Se si dovessero fare dei nomi sarebbe interessante fare quelli dei tanti che non è stato possibile inserire in questa prima edizione di Canzoniere, la poesia prende fiato e che certo non sono inferiori ai partecipanti per qualità ed efficacia. Ma sarebbe, per fortuna, un elenco troppo lungo».
Quali sono i legami con il mondo del rap, che in questo momento in Italia è “la” musica degli adolescenti. Si possono parlare, questi due mondi?
«La poesia è nata prima della letteratura e anche prima del rap. A fare rap per primi sono stati quattro poeti afro-americani, i Last Poets. Ma il rap è, nelle sue espressioni migliori, anche poesia. Penso ad Alberto Dubito, per restare in Italia e parlare delle ultime generazioni. Questi mondi si sono sempre parlati e continueranno a parlarsi perché il rap è più vicino alla poesia di qualsiasi altra tendenza musicale, anche più dei cantautori. È basato su ictus, come la poesia, è fatto di scansioni ritmiche, di parole a tempo. Il che vale, ovviamente, per i rapper che lavorano davvero sulla lingua e che anche a livello ritmico sanno rendersi indipendenti da quella specie di ossessione che sono i ritmi pari, le 16 barre. Non basta cambiare solo le parole, anche il loro ritmo, i loro “tempi”, sono indispensabili e vanno rinnovati. Quella per un poeta è la parte “analfabeta” di ogni poesia, cioè la parte che non può essere racchiusa nella scrittura alfabetica, che riguarda il tempo, l’intenzione del dire, i suoi ritmi. Insomma un poeta ha poco a che vedere con Fedez o con Bello Figo ma ascolta con grande attenzione testi come quelli di Caparezza, di Kento o degli Assalti frontali».