Il suono e il mondo

Un libro di Elvira Di Bona e Vincenzo Santarcangelo indaga sull'esperienza uditiva e i suoi oggetti

Il suono - Elvira di Bona, Vincenzo Santarcangelo
Juan Gris, Chitarra e fruttiera
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Elvira Di Bona e Vincenzo Santarcangelo
Il suono. L’esperienza uditiva e i suoi oggetti
Raffaello Cortina Editore, Milano 2018, 138 pp., €16

«Immagina di essere sulla riva di un lago e che un tuo amico ti sfidi a fare un gioco. […] Il tuo amico scava due stretti canali a partire da una sponda del lago. Ciascuno di essi è lungo pochi metri e largo pochi centimetri; distano pochi metri l’uno dall’altro. A metà di ogni canale, il tuo amico stende un fazzoletto legandolo alle rive del canale. Quando le onde raggiungono la riva del lago, si propagano fino ai canali e mettono in movimento i due fazzoletti. Ti è permesso solo di guardare i fazzoletti e di rispondere, basandoti sul loro movimento, alle seguenti domande: quante barche ci sono nel lago e dove si trovano? Qual è la più grande? Qual è la più vicina? Il vento sta soffiando?». 

Il lago è l’aria che sta intorno a noi, i canali sono i canali uditivi, i fazzoletti – ovviamente – rappresentano i nostri timpani. Il “Gioco del fazzoletti sulla riva del lago”, ideato dallo psicologo dell’udito Albert Bregman, è una buona metafora di come funziona il nostro sistema uditivo, e di quanto complesse siano le innumerevoli operazioni che esso svolge durante ogni singolo secondo della nostra esistenza. 

Il suono - Elvira di Bona, Vincenzo Santarcangelo

Da qui comincia Il suono. L’esperienza uditiva e i suoi oggetti, di Elvira Di Bona e Vincenzo Santarcangelo, giovani ricercatori di filosofia rispettivamente a Gerusalemme e Torino. È solo uno dei molti punti di partenza, in verità, in un libro che sul tema del suono offre una prospettiva multifocale, dando conto di decenni di riflessioni e teorie che nella maggior parte dei casi – a giudicare dalla ricca bibliografia citata – in Italia hanno avuto scarsa diffusione e ricezione limitata.

Gli studi sul suono interessano diversi ambiti di ricerca, dalle neuroscienze all’antropologia, dalla psicologia alla sociologia alla musicologia – fino alla definizione nell’ultimo decennio di un campo interdisciplinare come quello dei sound studies, tanto potenzialmente fecondo quanto talvolta difficile da delimitare. Il libro di Bona e Santarcangelo, in un certo senso, si siede nei banchi degli indipendenti nel dibattito, proponendo un ampio excursus nella letteratura filosofica sull’argomento, soprattutto intorno alla metafisica del suono e alla percezione uditiva.

Le domande su cui riflette il libro, dunque, sono più vaste di quelle che abitualmente ci si pone in musicologia e negli studi culturali, di quella banalità (che tale non è, ovviamente) che hanno le grandi questioni metafisiche. Che cosa ascoltiamo quando ascoltiamo? Come sentiamo ciò che sentiamo? Che cosa sentiamo – i suoni o gli oggetti, le fonti che producono i suoni? Dove si trova il suono – nei pressi della fonte sonora, vicino all’orecchio, o nel mezzo che lo diffonde? Può esistere il suono senza lo spazio? (La risposta a quest'ultima – nel capitolo 3, a partire da un esperimento mentale del filosofo Peter F. Strawson – è fra le più suggestive di tutto il volume, e comprende l’immaginazione di un mondo che sia unicamente sonoro, in cui l’unica dimensione è quella del tempo).

Si tratta di questioni complesse e che non accettano soluzioni semplici, e che tuttavia, nel loro essere elementari, ci ricordano come i confini del mondo che abitiamo siano tracciati, molto spesso, da quello che ascoltiamo, e da come lo ascoltiamo. Il suono ha il grande merito di mettere ordine in decenni di riflessioni sul tema, anche sanando quella subordinazione che la dimensione acustica ha spesso mantenuto nei confronti del dominio del visivo. È un lavoro imponente, per la ricchezza delle fonti e la capacità di organizzarle, che maschera la difficoltà della ricerca in un volume sorprendentemente snello per l’argomento, e che riesce nell’ardua impresa di non essere mai intimidente, anche nei passaggi più ostici. 

Intendiamoci, non è un libro “semplice” – se questo concetto può avere un senso. Ma non è neanche un ponderoso trattato di metafisica: la lettura è accessibile (e piacevole) tanto per gli studenti di filosofia quanto per i neofiti interessati.

È un libro, soprattutto, che ha il pregio di sollevare domande che (noi che non siamo filosofi) mai ci eravamo fatti, ma che una volta sollevate rimangono lì ad aleggiare nell’aria – come un suono persistente, appunto.

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