Debutterà al Theater Bonn il prossimo 16 ottobre Asrael di Alberto Franchetti, ‘Leggenda in quattro atti’ su libretto di Ferdinando Fontana, primo lavoro teatrale di uno degli artisti considerato, al pari di Puccini, Leoncavallo e Mascagni, tra le speranze della musica italiana del primo Novecento, Franchetti, scomparso nel 1942, era nato infatti a Torino nel 1860 e dunque coetaneo di questi altri compositori. Asrael, che debuttò a Reggio Emilia nel 1888, torna a essere rappresentata dopo un’assenza dalle scene di quasi un secolo all’interno di uno specifico progetto – FOKUS |’33| – del quale chiediamo di parlarci ad Andreas Meyer, Operndirektor e vice sovrintendente del Teatro dell’Opera di Bonn.
«Il progetto FOKUS |’33| è nato per inserire all’interno di un unico ciclo programmazione due specifici gruppi di spettacoli, ovvero spettacoli che sono stati in programmazione fino al 1933 [l’anno in cui Hitler salì al potere] oppure che sono potuti andare in scena soltanto dopo il 1945. Otto sono i titoli che fanno parte di questo ciclo, abbiamo iniziato nella scorsa stagione con Arabella di Richard Strauss, che è stato il primo spettacolo rappresentato sotto il nazismo, seguito da Leonore 40/45 di Rolf Liebermann.
Quest’ultima opera è tra quelle andate in scena solo dopo la fine del secondo conflitto mondiale, la prima fu nel 1952 a Basilea, dove fece scalpore per via dell’argomento trattato, la controversa storia di un soldato tedesco con una ragazza francese. Tra l’altro fu ripresa nella stagione ’53-‘54 alla Scala di Milano dove pure suscitò uno scandalo, dal momento che il protagonista tedesco era stato sostituito con un militare italiano. Ci sono voluti più di sessant’anni per presentare nuovamente questo lavoro al pubblico – qui a Bonn è stato un grande successo di pubblico – senza che provocasse clamori come all’epoca del suo debutto e negli anni successivi, fu rappresentato infatti fino al 1959 e dopo quella data nessun teatro aveva più osato metterlo in programmazione.
Ancora due sono i titoli andati in scena durante la scorsa stagione, purtroppo solo le ultime tre delle sette rappresentazioni previste di Ein Feldlager in Schlesien di Giacomo Meyerbeer hanno avuto luogo, alla vigilia della prima ci sono stati infatti casi di Covid all’interno dell’enorme numero di musicisti coinvolti (ottanta coristi, quindici solisti, sessanta orchestrali più una banda con trenta esecutori); infine la quarta produzione, che ha debuttato lo scorso maggio, è stata Li-Tai-Pe di Clemens von Franckenstein, uno spettacolo che dopo il 1944 – l’anno in cui in Germania sono stati chiusi tutti i teatri – non è stato mai più portato in scena.
Un caso davvero curioso, dopo la prima mondiale nel 1920 ad Amburgo e fino al ’44 era stato ripreso addirittura decine e decine di volte, visto il grande successo che aveva riscosso e di cui abbiamo potuto ritrovare le testimonianze sui giornali dell’epoca. Nessuno si spiega questa assenza dal 1944, tanto più in considerazione della incredibile bellezza della musica, in pieno stile tardoromantico, scritta da Clemens von Frankenstein».
Quali i titoli nella stagione di quest’anno?
«Nello scorso mese di settembre abbiamo presentato Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny (Ascesa e caduta della città di Mahagonny) di Kurt Weil, mentre il 16 ottobre avremo la première di Asrael di Alberto Franchetti. L’ultima rappresentazione di questo lavoro fu nel 1927 a Genova. In Germania dopo il 1933 le sue opere non poterono andare più in scena per le leggi razziali volute dal Nazismo e ovviamente lo stesso accadde in Italia qualche anno dopo. Grazie al progetto FOKUS |’33| a Bonn dunque per la prima volta in assoluto dopo il ‘27 il pubblico potrà assistere nuovamente a una rappresentazione di Asrael. Per me la cosa è fonte di particolare soddisfazione, in quanto è la terza produzione di uno spettacolo di Franchetti che riesco a realizzare dopo quella del 1996 a Kiel – l’opera era Cristoforo Colombo – e quella del 2006 a Berlino, dove andò in scena Germania».
La musica di Franchetti è dunque abbastanza conosciuta nel vostro paese?
«In realtà no, anche se Cristoforo Colombo è stato diretto persino da Gustav Mahler ad Amburgo, poi altre due volte di cui una in forma di concerto e Germania solo una volta dopo il 1913, ovvero nel 2006».
Nemmeno in Italia in effetti è stato molto eseguito.
«In Italia ci fu una rappresentazione di Cristoforo Colombo nel ’51 a Torino e Germania andò in scena due anni dopo a Reggio Emilia, poi più niente. Personalmente penso che il problema per Franchetti in Italia sia di essere considerato un compositore ‘tedesco’, per via del fatto che egli studiò in Germania, a Monaco e a Dresda. Tra l’altro prese la cittadinanza tedesca, ma lo fece sostanzialmente solo per poter divorziare, cosa che non era possibile all’epoca in Italia».
Quanto alle successive opere di questo progetto?
«Ancora in questa stagione avremo Der singende Teufel (Il diavolo cantante) di Franz Schrecker, che andrà in scena nel maggio 2023. Si tratta di un lavoro che debuttò nel 1928 a Berlino e fu una delle prime rappresentazioni a essere disturbate dai nazisti proprio durante lo spettacolo. Infine Moses und Aron (Mosè e Aronne) di Arnold Schömberg, l’ultimo titolo del progetto, verrà presentato nell’autunno del 2023, all’interno della stagione 2023-24».
Come è stata l’accoglienza del pubblico nei confronti di questo progetto, rispetto alla restante programmazione del teatro?
«Molto buona, possiamo dire di aver avuto mediamente lo stesso tipo di pubblico che abbiamo per altri titoli. Ma in più sappiamo che ci sono state persone venute anche da lontano, dalla Spagna per esempio, per poter assistere alla rappresentazione di titoli mancanti da tantissimo tempo dalle scene».
Dando uno sguardo alla programmazione del teatro si vede comunque una interessante alternanza tra titoli rientranti nel progetto FOKUS |’33| e altri che appartengono a un repertorio più familiare ai teatri d’opera.
«Si certamente, per esempio nella scorsa stagione abbiamo proposto Don Carlo ed Ernani di Verdi, Die Fledermaus(Il pipistrello) di Johann Strauss, in questa abbiamo inserito anche titoli come Un ballo in maschera sempre di Verdi e Agrippina di Händel. Il sistema in uso nei teatri tedeschi consente del resto un’agilità nella programmazione maggiore rispetto a quanto accade in Italia. In ogni caso vorrei chiarire che FOKUS |’33| ha ottenuto dei finanziamenti da parte di soggetti che hanno partecipato a uno specifico concorso per poter sostenere economicamente questo progetto. Nel bando l’orizzonte temporale del progetto era fissato in tre anni complessivi, ma purtroppo la prima delle tre stagioni in cui avrebbero dovuto andare in scena alcuni dei lavori è stata di fatto bloccata dalla pandemia, questa la ragione per la quale ci si è poi trovati con una maggiore concentrazione di titoli nel corso di due soli anni».