Guardare oltre: Peter Paul Kainrath al Klangforum Wien

Intervista a Peter Paul Kainrath, direttore artistico del Concorso Busoni e di Transart, e futuro direttore del Klangforum Wien

 Peter Paul Kainrath - futuro direttore del Klangforum Wien,
Foto di Gregor Khuen Belasi
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Cinquantatrè anni, bolzanino, pianista di formazione internazionale, già docente del Conservatorio Monteverdi di Bolzano ed esperto comunicatore: è Peter Paul Kainrath il futuro direttore del Klangforum Wien, famoso ensemble contemporaneo austriaco. Conosciuto nel mondo musicale italiano per la sua innovativa direzione artistica del prestigioso Concorso pianistico internazionale intitolato a Ferruccio Busoni, nonché per l’ispirazione senza confini del festival di arte contemporanea Transart, Kainrath assumerà dal 2020 questo nuovo ruolo nella capitale austriaca.

Abbiamo colto l'occasione per una conversazione con Kainrath, che ci risponde da Berlino, sempre in viaggio per nuovi progetti artistici.

Com’è arrivata la nomina di direttore del Klangforum Wien? Una bella sorpresa inaspettata o c’erano già stati degli incontri con l’ensemble?

«Il Klangforum Wien è uno degli ensemble leader nell’ambito della musica contemporanea ed è organizzato in modo democratico, cioè è lo stesso ensemble a decidere sul proprio futuro e sulle proprie strategie. Quando l’attuale sovrintendente Sven Hartberger ha deciso di lasciare il suo incarico, dopo essere stato per vent’anni alla guida dell’ensemble, hanno deciso di pubblicare una open call. In molti hanno risposto a questa opportunità, ben quarantadue candidature da sei Paesi, e devo dire che la procedura di selezione in tre fasi era molto interessante e stimolante. Ovviamente, è una grande soddisfazione essere stato scelto tra tutti e all’unanimità. Lo sento come una grande responsabilità poter lavorare al loro servizio e sviluppare tutti assieme delle strategie che ci permettano di rimanere sempre all’avanguardia di un mondo musicale in continuo sviluppo».

Avete già parlato dei contenuti di questa nomina? O comunque, ha già accarezzato qualche idea su come si muoverà dal 2020?

«Da quest’estate inizierò a definire, assieme all’attuale sovrintendente, la fase di transizione e a preparare passo per passo le stagioni dal 2020 in poi. L’ensemble ha lasciato intendere che progetti interdisciplinari, maggiore presenza nei contesti musicali-culturali dell’Asia ma anche lo sviluppo di nuovi formati concertistici potrebbero marcare un prossimo loro capitolo, tutte tematiche a me particolarmente vicine».

Lungo la sua storia di formazione didattica e di attività artistica, a che punto nasce l’interesse per la musica contemporanea? E quando è avvenuto il passaggio dall’esecuzione, come interprete, all’organizzazione, in qualità di direttore artistico?

«Dopo gli studi di specializzazione al Conservatorio di Mosca ho sentito sempre di più la necessità di confrontarmi con le eccellenze del nostro presente, che per un musicista sono in primo luogo i compositori a lui contemporanei. Sono proprio loro con le loro opere che ti aprono le orecchie e poi anche gli occhi, un po’ forse come l’ha inteso il compositore canadese Claude Vivier: riprendersi il proprio presente. Nel contemporaneo nasce poi subito la necessità di autoorganizzarsi, e così ho scoperto che porto in me un’anima che ragiona anche in termini di strategie e potenziali. È stato, praticamente, un percorso molto naturale passare dall’interpretare spartiti a interpretare le potenzialità di formati organizzativi».

Parlando di festival di musica contemporanea, come vede ciò che l’aspetta a Vienna nella prospettiva di quello che ha già realizzato a Schwaz (Klangspuren, dal 2001 al 2013) e di quello che organizza tutt’ora a Bolzano (Transart, dal 2001)?

«I Klangspuren a Schwaz e Transart a Bolzano sono in fondo esperienze molto diverse, perché dialogano con un pubblico diverso. Il pubblico del Tirolo del Nord ha una grande esperienza di ascolto per quanto riguarda la musica contemporanea pura. Il pubblico a Bolzano, invece, intende il contemporaneo da un punto di vista più interdisciplinare».

«È stato un percorso molto naturale passare dall’interpretare spartiti a interpretare le potenzialità di formati organizzativi».

«Poter ragionare da direttore artistico su questi aspetti è una bella sfida che ti fa andare oltre la pura dimensione musicale, perché obbliga a confrontarsi con le peculiarità di società diverse, in tutte le loro ricchezze e differenze. Con il Klangforum Wien si aggiungerà un altro aspetto ancora, perché nel mio ruolo dovrò persuadere altri direttori artistici a entusiasmarsi per il lavoro dell’ensemble, ossia dovrò guardare il tutto dall’altra parte della sponda».

Come si inserisce in tutto questo il Concorso Busoni?

«Ritengo un enorme onore poter lavorare con questa competizione pianistica. Non solo perché è tra le più prestigiose al mondo, ma soprattutto perché Ferruccio Busoni stesso è stato un eroe, un idolo nella sua radicale forza di spingere il presente verso nuovi orizzonti e sarei felice se i nostri candidati cogliessero anche questo aspetto. Lui era un intellettuale, un compositore, un direttore artistico e ovviamente uno dei più grandi pianisti di tutti i tempi. Lo ritengo un dovere tenere alta la memoria di quest’uomo che era tra i primi a potersi chiamare cittadino europeo».

«Fare rete è molto importante, non solo per far crescere la dimensione in cui uno si muove ma anche per potersi confrontare con altri orizzonti di qualità, soprattutto quando si parla di progetti interdisciplinari. Al Conservatorio di Bolzano negli ultimi anni non lo hanno capito e volevano impadronirsi del Concorso Busoni, invece che dialogare per crescere assieme».

Una caratteristica delle sue direzioni artistiche, che il gdm ha potuto verificare sul campo (ad esempio qui, qui e qui) è la collaborazione, ossia la creazione di reti internazionali che regalano sempre uno sguardo e un respiro più ampio. Conferma l’importanza di guardare “oltre”?

«Assolutamente sì. Fare rete è molto importante, non solo per far crescere la dimensione in cui uno si muove ma anche per potersi confrontare con altri orizzonti di qualità, soprattutto quando si parla di progetti interdisciplinari. Al Conservatorio di Bolzano negli ultimi anni non lo hanno capito e volevano impadronirsi del Concorso Busoni, invece che dialogare per crescere assieme. Per fortuna ora, con il nuovo direttore Giacomo Fornari e il vicedirettore Marco Bronzi c'è di nuovo un dialogo di grande qualità e apertura».

 

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