Anticipata da Around Bergamo Jazz, il cartellone di eventi collaterali che, a partire da domenica 17 marzo, offre diversi appuntamenti tra i quali l’ormai consolidato passaggio di testimone con il Bergamo Film Meeting – si segnala, tra l’altro, la proiezione di Alfie, pellicola diretta da Lewis Gilbert con la colonna sonora di Sonny Rollins – la quarantunesima edizione del Bergamo Jazz diretto da Dave Douglas propone, tra il 21 e il 24 marzo, un programma che coinvolge artisti quali Archie Shepp, Manu Dibango, David Murray, Dobet Gnahore, Terence Blanchard, Dinosaur, Quintorigo, Pasquale Mirra/Hamid Drake, Jacky Terrasson, Anja Lechner, Federica Michisanti e Sara Serpa.
Tra i caratteri distintivi che la direzione artistica di Douglas, arrivata quest’anno al suo quarto mandato, ha impresso al cartellone di questa edizione del festival possiamo annotare l’inedita attenzione rivolta alla musica africana e, senza trascurare nomi storici del jazz e le tendenze più dinamiche del panorama attuale. E, ancora, il nuovo legame con il Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, con il quale è stato ideato “Fuori festival”, un evento speciale che coinvolgerà Stefano Bollani, impegnato il 16 maggio con l’Orchestra Filarmonica di Bologna diretta dall’estone Kristjan Järvi.
In questo quadro appare di particolare rilievo il Gianluigi Trovesi 75th Birthday Celebration, appuntamento con il quale, la sera del 21 marzo presso il Teatro Sociale di Città Alta, viene inaugurato il cartellone principale di Bergamo Jazz. Una vera e propria festa di compleanno dedicata al polistrumentista bergamasco, 75 anni compiuti lo scorso 10 gennaio, protagonista principale di un'intera serata nel corso della quale verrà offerto un significativo spaccato delle variegate esperienze di cui è stato protagonista.
E proprio in vista di questo evento, e di Bergamo Jazz 2019, abbiamo fatto quattro chiacchiere con Gianluigi Trovesi.
Auguri, innanzitutto. Partiamo quindi dal regalo che le ha voluto fare questo festival: lo ha gradito?
«Naturalmente l’invito del festival mi ha fatto molto piacere e per questa occasione, in cui mi ospitano in uno dei templi della musica della città che ha dato i natali a Donizetti, ho sviluppato diverse proposte che in qualche modo restituissero il ventaglio di esperienze che ho maturato frequentando diversi ambiti musicali, dal barocco alla musica sinfonica, dal free jazz al versante popolare. Così ho proposto una selezione di soluzioni, tra le quali la direzione artistica ha fatto una scelta che sarà organizzata in due set. Nella prima parte della serata sarò affiancato da Anat Fort, pianista israeliana veramente brava con cui ho fatto diversi concerti, tra i quali in duo al Novara Jazz Festival e in Israele in trio al Teatro dell'Opera di Tel-Aviv, e con la quale ho inciso qualche anno fa Birdwatching, un disco per ECM. Poi, sempre nel primo tempo, sarà presente anche il quintetto orobico composto, oltre a me, da Paolo Manzolini alla chitarra, Marco Esposito al basso, Vittorio Marinoni alla batteria e Fulvio Maras alle percussioni. Si tratta dell’ensemble con cui ho realizzato il recente progetto discografico Mediterraneamente».
Nella seconda parte del concerto la compagine strumentale si amplia…
«Esatto, nel secondo set suonerò con la norvegese Bergen Big Band, diretta da Corrado Guarino che cura anche gli arrangiamenti, e sarò affiancato dalla tromba di Manfred Schoof e dalla clarinettista Annette Maye, con cui ho già collaborato. Questa parte del concerto è dedicata a Dedalo, progetto al quale sono molto legato, inciso per l’etichetta Enja e che ho già presentato in altra veste proprio al Bergamo Jazz nel 2002, con la tedesca WDR Big Band e con il trombettista Markus Stockhausen come solista ospite».
Questo concerto è anche l’occasione per fare un bilancio di oltre quarant’anni di carriera…
«Beh sì, tra l’altro in tema di bilanci ricordo che cinque anni fa per i miei settant’anni anche il Torino Jazz Festival mi ha dedicato un omaggio… In generale posso ritenermi innanzitutto fortunato per aver raggiunto la mia età ed essere ancora attivo, ma ho anche avuto la ventura di fare la musica che mi interessava, percorrendo di volta in volta vie diverse a seconda delle opportunità e delle suggestioni che mi coinvolgevano maggiormente. Il mio percorso non è stato sicuramente tradizionale ma, oltre alla mia passione innata a “soffiare nei tubi”, ho avuto l’opportunità di godere dell’insegnamento di grandi maestri, dai tempi del diploma in clarinetto agli studi di armonia contrappunto e fuga con il maestro Vittorio Fellegara».
«Il mio percorso non è stato sicuramente tradizionale ma, oltre alla mia passione innata a “soffiare nei tubi”, ho avuto l’opportunità di godere dell’insegnamento di grandi maestri».
«Poi le diverse esperienze, a partire dalla mia rilettura in chiave improvvisata, nel 1978 al festival di Imola diretto da Gaslini, di un saltarello dell’Ars Nova, che ha dato origine al mio primo disco, Baghèt; oppure penso al secondo disco con l’ottetto, Les hommes armés, nato nel 1996 anch’esso da una commissione, in quel caso l’elaborazione di un canto popolare di epoca rinascimentale francese, appunto “L’homme Armé”. Ma le esperienze sono state davvero tante, compresi gli anni di collaborazione con l’orchestra della Rai: a quell’epoca mi spostavo in treno, come un vero pendolare della musica…».
Un “pendolare” anche dal punto di vista stilistico: lei infatti ha percorso e ripercorso in lungo e in largo i generi e le epoche che hanno segnato la storia della musica. Qual è la sua visione di questo tragitto?
«Penso di essere stato fortunato soprattutto per la possibilità di seguire i miei interessi in maniera libera, mettendo a frutto le diverse opportunità che, oltre al jazz, mi hanno permesso di spaziare, per esempio, dai progetti con Gianni Coscia – dal disco Radici per Egea e In cerca di cibo per ECM, fino ad Round About Kurt Weill passando per l'operetta – alle esperienze con big band norvegesi, cecoslovacche e portoghesi, diversissime tra loro, fino ad arrivare al mio amore per la banda, che ho sviluppato tra l’altro in un disco, sempre per ECM, come Profumo di Violetta, partendo da Tosca e risalendo fino alla nascita dell’opera, al 1607, con l’Orfeo di Monteverdi. Poi ci sono le esperienze con l’ensemble barocco l’Arpeggiata, con la quale ho suonato alla Carnegie Hall, e la commissione dell’orchestra sinfonica della Svizzera Italiana per un lavoro ispirato a La montagna incantata di Thomas Mann, per arrivare ai progetti con i Pomeriggi Musicali di Milano. Mi tengo impegnato, insomma».
Non male, aggiungiamo noi, per un artista che a 75 anni ancora “soffia nei tubi” come lo fa lui…