David Grubbs tra suoni e scrittura

Un disco in duo con Taku Unami e un libro, The Voice In the Headphones, per riallacciare i rapporti con David Grubbs

David Grubbs e Taku Unami
David Grubbs e Taku Unami
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Artista da sempre animato da una tensione interdisciplinare (non a caso è docente nel corso di Performance and Interactive Media Arts del Brooklyn College), David Grubbs si muove in questi anni in un interessante equilibrio dinamico tra musica e scrittura creativa.

Il pubblico italiano – che lo segue sin dagli anni Novanta, in particolare con l’avventura Gastr del Sol – lo ha potuto ammirare a Padova con Mats Gustafsson e Rob Mazurek (ne abbiamo scritto qui ) a fine gennaio, ma ora si deve accontentare di seguirne le ultime novità a distanza.

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Ultime novità che sono sia sonore che letterarie, con l’uscita di un LP in duo con Taku Unami e del libro The Voice In The Headphones

Il disco con Taku Unami - con cui aveva già inciso nel 2018 Failed Celestial Creatures - si intitola Comet Meta (Blue Chopsticks) e alterna episodi per le due chitarre a altri in cui il pianoforte del musicista americano trova nell’elaborazione elettroacustica del collega giapponese la possibilità di affondare dentro una perturbante viscosità.

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Tra sperimentalismo e ipnosi folk, lirismo spezzato e spiazzamenti ambientali, emergono via via che si procede nell’ascolto detriti sempre più significativi, che non solo disegnano una continuità con le tipiche sonorità cui Grubbs ci ha abituato nella sua carriera solista, ma si proiettano verso uno spazio e un tempo di allucinata attualità.

Comet Meta - Grubbs / Unami

Dagli arpeggi sospesi dell’iniziale title-track, che fluiscono dentro un brusio di voci lontane, si passa agli accordi austeri di “Mirror Auction At Echo Decor”, si sfiora la sospensione cantautorale di “Nothing Left To Hear” (dove da un momento all’altro potrebbe apparire l’inconfondibile voce di Grubbs), si rimane intrappolati nei rintocchi elettrici di “Heart Of The Thrumming House”, per assistere poi a un rapimento alieno nel deserto polveroso (“The Furthest Farthest”) e farsi congedare dalla batteria elettronica incurante e dall’abbaiare di un cane di una disorientante “Walking Corpse In An Old House”. Come sempre quando si tratta di Grubbs, un piccolo mondo/scrigno.

Venendo all’aspetto letterario dell’attività di Grubbs, The Voice In the Headphones (Duke University Press, 146pp.) prosegue l’approccio del precedente Now That The Audience Is Assembled, cioè quello di una scrittura dalla forte cifra sperimentale e creativa, in grado di rivelarsi come poetica e di fornire consistenza saggistica al tempo stesso.

L’unicità dei due testi (che a differenza di I dischi rovinano il panorama. John Cage, gli anni Sessanta e la musica registrata, attualmente fuori catalogo e con un impianto solo saggistico, non sono stati – né si prevede attualmente vengano – tradotti in Italia) è difficile da restituire nel breve spazio di un articolo. 

The Voice In the Headphones è la descrizione della giornata di un musicista che tenta di completare una colonna sonora in uno studio di registrazione. Con una prosa poetica che è flusso verbale e musicale al tempo stesso, Grubbs ci immerge in una sorta di liquido amniotico mesmerizzante, sospensione temporale in cui ha modo di raccontare le sensazioni (che in anni di esperienza ha sedimentato), ma anche di riflettere sulle dinamiche stesse di quel processo, tecnico e creativo.

Un libro che ripaga della fatica che, mediamente, un lettore non di lingua inglese dovrà impiegare per “sintonizzarsi” su un incedere poetico narrativo nuovo e originale, e che fornisce un complemento coinvolgente all’attività musicale di Grubbs, restituendone una unicità espressiva davvero ispirata.

David Grubbs - The voice in the headphones

 

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