Esce "materialmente" questa settimana Vulnicura, il nuovo album di Björk, oggetto due mesi fa di uno dei più clamorosi casi di leak mai registrato in ambito musicale: incidente che ha spinto la casa discografica ad anticiparne precipitosamente l'uscita online a fine gennaio. Rispetto ai recenti Biophilia e Volta, il disco segna un ritorno a forme musicali più prossime alla canzone tradizionalmente intesa, sulla falsariga di Homogenic o Vespertine. Se quest'ultimo celebrava l'inizio della love story fra Björk e l'artista statunitense Matthew Barney, Vulnicura è viceversa frutto della recente e dolorosa separazione, dopo tredici anni di relazione. Eloquente è a questo proposito la copertina dell'album, che raffigura - sia nella versione "aleatoria" sia in quella "concreta" - un corpo femminile col petto squarciato, così come d'altra parte è significativo il titolo, che allude alla cura di una ferita. Siamo dunque di fronte a un'opera dall'esplicito contenuto autobiografico, ammirevole nella sua audace onestà: Björk mette infatti a nudo i propri sentimenti, usando la creazione artistica come strumento di catarsi emotiva. Basti dire che le prime sei canzoni delle nove che compongono il disco sono posizionate cronologicamente in funzione del momento della rottura: ad esempio "Stonemilker" (nove mesi prima), oppure "Black Lake" (due mesi dopo). Un'ostentazione d'intensissima e orgogliosa femminilità.
Venendo alla musica, per quanto essa sia ricondotta - come dicevamo - in prossimità della forma canzone, costituisce comunque un ascolto impegnativo e in certi momenti faticoso. Si tratta di una combinazione avventurosa fra il timbro naturale degli archi e gli ambienti digitali in cui l'ha immersa il giovane produttore di origine venezuelana Arca, al quale in un brano - "Family" - si affianca l'altrettanto quotato britannico The Haxan Cloak (a conferma dell'attenzione costante che l'artista islandese ha nei confronti dell'evoluzione del suono elettronico in chiave avant-garde). La risultante dei due vettori genera una sorta di austero pop cameristico dell'era digitale. Esemplare è il trattamento riservato alla voce di Antony Hegarty, ospite in "Atom Dance": manipolata e filtrata al punto da renderla astratta, se non proprio irriconoscibile.
In origine, l'uscita di Vulnicura doveva affiancare l'inaugurazione della retrospettiva dedicata a Björk dal Museum of Modern Art di New York, aperta al pubblico da domenica 8 marzo sino al 7 giugno. Un concept complesso, accolto però con scetticismo dai commentatori chiamati a recensirlo. Su "The Guardian", Jason Farago ha scritto: «È una mostra stranamente poco ambiziosa e del tutto priva di logica: in parte esercizio stile Rock'n'Roll Hall of Fame, in parte laboratorio scientifico, in parte esperimento di sinestesia, in parte parodia di Madame Tussaud». Gli ha fatto eco sul "New York Times" Roberta Smith: «Il deludente catalogo indica una carenza di ricerca, documentazione e collocazione di contesto, di cui solitamente progetti analoghi sono dotati». Ancora più severo è stato M.H. Miller su "ArtNews": «Uscendo dal museo, mi sono sentito triste e imbarazzato. Imbarazzato essenzialmente per Björk, che meritava di meglio, ma anche per il MoMA». Ben più incoraggianti le reazioni al nuovo spettacolo dal vivo, che ha debuttato il 7 marzo alla Carnegie Hall ("Sbalorditivo", a detta di "USA Today"): primo scalo di una tournée che approderà in Europa durante l'estate, con unica tappa italiana il 29 luglio all'Auditorium Parco della Musica di Roma.