Berg contro Casella

Due libri per riflettere su due protagonisti del primo Novecento musicale

Alban Berg
Alban Berg
Articolo
classica

I percorsi di approfondimento hanno sovente tracciati obliqui, generando rimandi e collegamenti a tratti imprevisti. Così si presenta il sentiero di lettura che andiamo a proporre partendo da Evoluzione e continuità nel linguaggio pianistico di Alfredo Casella (LoGisma 2020, 152 pp.).

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Il lavoro di Alessandro Tommasi, studioso e poliedrico operatore musicale, ci introduce con cura attenta e documentata nel mondo della produzione pianistica di un compositore che, al di là della tradizionale prospettiva storica che lo colloca tra i componenti della cosiddetta “Generazione dell’Ottanta”, viene qui sottoposto a una circoscritta ottica di analisi e contestualizzazione. In questa direzione, appunto, si muove Tommasi che, pianista di formazione, arricchisce la sua disamina con il valore aggiunto rappresentato dalla particolare attenzione agli aspetti tecnico-espressivi dell’opera pianistica caselliana.

suite Lirica Casella

Un percorso di indagine che si articola in una sezione denominata “Introduzione”, che tratteggia la vita, l’estetica e l’attività di pianista di Casella, e nella successiva “Analisi”, dove nei tre capitoli più un “Intermezzo”, l’autore delinea i dettagli stilistici e strutturali che caratterizzano le “tre maniere” che segnano l’evolversi cronologico della produzione del compositore. Un quadro che offre uno dei suoi passaggi più interessanti nel focus dedicato al rapporto dell’autore con le frange dell’avanguardia europea, come ricorda anche Gian Paolo Minardi nel suo saggio introduttivo titolato significativamente Il “problema Casella”: «Sono esperienze che lasciano una traccia evidente nella produzione di quegli anni toccata da quello che Casella indicherà poi come “dubbio tonale”, tratto che al ritorno in Italia, nell’ottobre del 1915, in piena guerra, non troverà troppe condivisioni da parte dei nazionalisti più accesi». Emblematica in questo senso appare la Sonatina op. 28, pagina del 1916 che Tommasi definisce «la massima punta di avvicinamento di Casella a Schönberg, come lui stesso affermò, ma che parimenti ci mostra una vicinanza con Stravinskij, Bartók, Ravel e, inaspettatamente, con Skrjabin». Un approccio stimolante, quello proposto dall’autore di questo studio, che viene confermato anche nell’analisi di quello sguardo a ritroso nel tempo rappresentato da Scarlattiana op. 44, brano pubblicato nel 1926 che rappresenta un omaggio dedicato da Casella a Domenico Scarlatti e declinato in un impianto che contempla un organico che prevedere il pianoforte solista e trentadue strumenti. Annota Tommasi: «in Scarlattiana noi troviamo esattamente il linguaggio di Casella, il quale assai raramente può essere cubisticamente meccanomorfo ed è ben più propenso ad adattarsi e ad accogliere gli elementi melodici e tastieristici scarlattiani con totale naturalezza».

Collocata da Fedele d’Amico, in una sua cronaca del luglio 1974, in quella raccolta di opere che, a partire dal balletto di Massine Le donne di buonumore del 1917 su sonate di Scarlatti orchestrate da Vincenzo Tommasini, concretizzano «quel rapporto del compositore del nostro secolo con la musica del Settecento e, più genericamente, con l’orecchiabile e l’antiserioso», Scarlattiana è anche al centro di un intervento alquanto polemico di Alban Berg, abbozzato nel 1929 e mai pubblicato.

Un documento che ritroviamo nella riedizione del volume Suite lirica. Scritti musicali e letterari (il Saggiatore 2020, 632 pp.), ormai un “classico” della letteratura musicale in lingua italiana curato fin dalla prima edizione apparsa nel 1995 da Anna Maria Morazzoni, studiosa di rara competenza e passione prematuramente scomparsa nel febbraio del 2019. Come annota Michele Girardi nella sua prefazione, questa seconda edizione «si presenta molto rinnovata, non solo perché la traduzione precedente è stata meticolosamente rivista dall’autrice, a cominciare dalla struttura stessa e dalla posizione degli scritti al suo interno, ma anche perché l’intero libro ha subito un ampliamento davvero ragguardevole».

suite Lirica Casella

Una revisione che aggiunge valore a una pubblicazione che si arricchisce così di nuove sezioni quali quelle degli scritti letterari e delle interviste, oltre ad altre integrazioni tra articoli e testimonianze. Suite Lirica si conferma insomma una fonte preziosa per conoscere e approfondire il profilo di un compositore e intellettuale come Alban Berg, protagonista come sappiamo assieme a Webern e al capostipite Schönberg di quella seconda scuola di Vienna che ha segnato il primo Novecento musicale. Ed è proprio per muovere a difesa della via segnata dal maestro e “padre” della dodecafonia che Berg pensa di rispondere a un testo che Casella invia alla redazione della rivista “Anbruch” nell’estate del 1928 per accompagnare la propria Scarlattiana. Come possiamo leggere nelle note di curatela che accompagnano gli appunti di Berg, «nel testo sottoposto alla redazione di “Anbruch” Casella non affrontava questioni compositive ma indicava in Scarlattiana l’esempio di un neoclassicismo musicale italiano collegato alla politica dell’Italia fascista ed esprimeva questa convinzione in termini apertamente nazionalistici».

Tra gli appunti di Berg si trovano stralci del testo di Casella, dove il compositore italiano sostiene che «l’attuale rinascita delle forme antiche è però anche un risultato della definitiva liquidazione dell’intermezzo atonale […]» e ancora «[…] le mode artistiche sono capricciose come tutte le altre e ciò che ieri era reazionario, si trova improvvisamente all’avanguardia». Contro queste prese di posizione caselliane, Berg aveva annotato appunti come questo (giusto per riportare un esempio tra i vari stralci): «Infatti ciò che è sorpassato, non è Schönberg, ma al massimo il futurismo italiano che nessuno ha mai preso sul serio e che è stato davvero un intermezzo atonale, come il “passatismo” fu un intermezzo antitonale».

Anche se, come accennato, la replica di Berg non fu mai pubblicata – la redazione della rivista prese le distanze dal testo di Casella e ospitò successivamente interventi di Schönberg, Křenek, Malipiero e Adorno in difesa delle ragioni dell’“intermezzo atonale” – essa restituisce nondimeno un frammento significativo del prezioso compendio rappresentato da questo volume, illuminante strumento per conoscere le diverse sfaccettature dell’arte e del pensiero di un compositore fondamentale del primo Novecento come Alban Berg, ma anche per rileggere attraverso rimandi e prospettive originali il clima culturale e politico che ha segnato i primi decenni del secolo scorso.

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