Quante identità possono convivere nella poetica di un musicista? Molte, a guardare con mente sgombra da pregiudizi. Perché ogni identità è un processo di costruzione attiva con scelta quasi sempre consapevole di certi tratti a discapito di altri, non un’essenza contenuta nel DNA. Alcuni musicisti però sembrano attizzarlo il gioco dell’identità, o meglio, delle molte, multiple identità che costruiscono la nostra umanità: per nostra fortuna. Perché così ci ritroviamo con personalità sfaccettate e complesse. E molto divertenti, oltre che culturalmente rilevanti.
È il caso di Charlie Mariano, nato il 12 novembre del 1923, bostoniano figlio di immigrati abruzzesi, all’anagrafe Carmine Ugo Mariano. Questo mese ne ricorre il centenario. Ricordiamo il grande sassofonista e flautista con dieci “stazioni” musicali che ne ricapitolano il lungo viaggio nelle note e nella vita.
1. Charlie Mariano All Stars, "Boston Uncommon"
Nei primi anni Cinquanta il giovane Charlie Mariano è un eccellente contraltista nell’ (inevitabile) solco parkeriano, dopo aver fatto parte dell’innovativa orchestra di Stan Kenton. L’approdo nel giro raffinato dei musicisti westcoastiani lo proietta nelle finezze timbriche e contappuntistiche del cool jazz. Questa è "Boston Uncommon", in ottetto.
2. Toshiko Mariano Quartet, "Long Yellow Road"
L’amore per la musica e l’amore della vita si confondono in un tutt’uno per Mariano quando sposa la splendida pianista e compositrice giapponese Toshiko Akiyoshi nel 1959. Nasce un quarteto che resterà attivo a lungo. Da Toshiko Mariano imparerà a conoscere il Giappone, e poi molte altre culture musicali orientali. Questa è "Long Yellow Road", inizio e conclusione in 5/4, la foga accalorata di Mariano in assolo sul timing perfetto di Akiyoshi
3. Charles Mingus, "Solo Dancer".
Charlie Mariano viene scelto dal grande e burrascoso Charles Mingus per la realizzazione di uno dei suoi capolavori, The Black Saint & The Sinner Lady, 1963, suite per un balletto immaginario. Un disco labirintico e fluviale, teso, turbolento e dolcissimo allo stesso tempo, con il tempo che sembra fluttuare nel nulla, e invece, pur nelle lacerazioni improvvise, tutto è sotto controllo. Questa è "Solo Dancer".
4. Osmosis, "Adrift"
Nel 1967 Mariano comincia a frequentare il gruppo di musicisti che daranno vita ai suoi Osmosis, gruppo bostoniano tanto grande quanto dimenticato con due batteristi in formazione. Nel 1970 il loro unico disco, che vede impegnato il contraltista anche a flauto, sax soprano e fiati etnici. Jazz, rock, avanguardia, psichedelia spinta in bell’assortimento. Come in "Adrift".
5. Charlie Mariano with the Chris Hinze Combination, "Lullaby For Dewi"
Nel 1971 Charlie Mariano è in piena “apertura” musicale, sulle piste modali (e non solo) indicate dal tardo Coltrane e dal jazz rock elettrico. L’incontro con il flautista Chris Hinze porta in dote belle registrazioni, Mariano affianca a soprano e contralto il flauto indiano e il nagusaram, oboe popolare dal suono particolarmente intenso. L’inizio di questo disco è "Lullaby For Dewi".
6. Embryo, "Dance of Some Broken Glasses"
Sempre nel 1971, Charlie Mariano entra in contatto con Chistian Burkard e la splendida, caotica accolita degli Embryo: la sponda più “etnica”, jazz e curiosa del kraut rock tedesco, attiva da un paio d’anni. I dischi e i concerti sono puri happening interculturali fra le culture musicale dell’Est, dell’Ovest, dell’Africa. Inciderà con loro fino al 1976. Un buon esempio con Bad Heads And Bad Cats, 1974, da cui traiamo "Dance of Some Broken Glasses".
7. Eberhard Weber, "Sand Glass"
Yellow Fields, 1975, è il grande e classico disco per la Ecm in cui il bassista e compositore Eberhard Weber, poi colonna dei lavori di Jan Garbarek, struttura il nucleo forte dei suoi Colours, jazz rock di grande raffinatezza: con Charles Mariano ai fiati, Reier Brüninghaus alle tastiere, Jon Christensen alla batteria. Questa è la lunga e sognante "Sand Glass".
8. Charlie Mariano & The Karnataka College of Percussion, "Varshini"
Nel 1983 esce il disco Jyothi, con Charlie Mariano e l'indiano Karnataka College of Percussion, incontro tra giganti quasi indicato dal destino che può contare, anche, sulla vertiginosa voce melismatica di R.A. Ramamani. Il contralto di acendenza parkeriana è diventato uno spericolato strumento di mediazione e connessione con le culture “altre” che avvolgono l’Occidente. A Bird questo "Varshini" sarebbe piaciuto.
9. Rabih Abou Khalil, "Sahara"
L’interesse a tutto campo per le musiche dal mondo di Mariano, fertilizzato dalla permanenza negli Embryo, lo porta sempre più lontano. Questo brano, "Sahara", è una collaborazione con il favoloso suonatore di oud libanese Rabih Abou Khalil nel disco Blue Camel, 1992. Con Steve Swallow, Kenny Wheeler, Ramesh Shotam, Milton Cardona, Nabil Khaiat.
10. Charlie Mariano, "Summertime in Venice"
1998: esce per Timeless An American in Italy, titolo con evidente autoironia, per un ragazzo di Boston con i genitori dal Sud d’Italia. "Summertime in Venice" è una splendida ballad in cui Charlie Mariano mostra che, se vuole, può recuperare il fraseggio immaginifico delle sue ormai lontane origini canonicamente jazz, con una deliziosa punta asprigna.